In Cina e Asia – Pechino difende la Belt and Road

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

Trasparenza, sostenibilità e tolleranza zero nei confronti della corruzione. Saranno questi i principi a guidare la Belt and Road nei prossimi anni. Lo ha assicurato questa mattina Xi Jinping in apertura al secondo forum sulla nuova via della seta, auspicando una maggiore partecipazione degli investimenti stranieri e la collaborazione in paesi terzi. Alcuni elementi evidenziano la scelta di una strategia “difensiva” dopo le critiche occidentali contro la scarsa tutela riservata ai partner, per la maggior parte paesi emergenti in difficoltà finanziarie. Non solo il discorso è durato appena una mezzora contro gli oltre 45 minuti del 2017, ma non sono nemmeno stati annunciati nuovi finanziamenti. Durante la prima edizione, Pechino aveva promesso di aggiungere 100 miliardi di yuan al Silk Road Fund, oltre a 300 miliardi in investimenti esteri in valuta cinese (secondo la banca centrale a oggi il gigante asiatico ha contribuito economicamente alla BRI con 440 miliardi di dollari). Occhieggiando agli Stati Uniti, Xi ha inoltre promesso una maggiore protezione della proprietà intellettuale e apertura del mercato cinese ai capitali stranieri, una riduzione delle barriere tariffarie e ha ribadito il sostegno cinese al multilateralismo.

Insomma, Cina sulle difensive e disposta al compromesso. Soprattutto quando si tratta di salvare la propria immagine sullo scacchiere internazionale. Ecco perché rispondendo alle accuse di “neocolonialismo”, proprio ieri Pechino ha annunciato un nuovo documento quadro di 15 pagine da utilizzare come guida nella valutazione dei rischi di indebitamento lungo la Belt and Road. Secondo il ministro delle Finanze Liu Kun, gli standard utilizzati si ispirano al IMF/World Bank Debt Sustainability Framework for Low Income Countries. I paesi coinvolti nel progetto vedranno la loro attitudine ad accumulare passività rubricata come “bassa, media o alta”. Yi Gang, il governatore della Banca popolare cinese, ha dichiarato che la sostenibilità del debito a lungo termine dovrebbe essere valutata tenendo conto anche di indicatori quali miglioramenti delle infrastrutture, standard di vita delle persone, produttività e riduzione della povertà [fonte: Scmp, Scmp]

I missili cinesi minacciano l’egemonia americana

La Cina ha ormai “i missili balistici più avanzati al mondo” e ha “la capacità di sopraffare i sistemi difensivi” americani. A dirlo è il comandante James Fanell, ex capo dell’intelligence della United State Navy all’indomani dalla parata per i 70 anni della Marina cinese. Lo conferma anche un report speciale della Reuters sui successi militari di Pechino, secondo il quale la Cina ha ottenuto un semi monopolio sullo sviluppo dei missili convenzionali in grado di colpire le portaerei statunitensi al largo della costa americana, le basi in Giappone o persino Guam nell’Oceano Pacifico. Nell’ambito del trattato Inf tra Stati Uniti e Russia, finoggi nessuno dei due paesi è stato autorizzato a sviluppare missili balistici intermedi e da crociera con una gittata tra i 500 e 5.500 chilometri (3.418 miglia). La Cina, che non è tra i firmatari del trattato, pare averne approfittato. “Non possiamo sconfiggere gli Stati Uniti in mare”, ha spiegato a Reuters un colonnello in pensione del PLA, “ma abbiamo missili che mirano specificamente alle portaerei per impedir loro di avvicinarsi alle nostre acque territoriali in caso si conflitto” [fonte: Reuters]

Pyongyang vuole 2 milioni di dollari per le spese mediche di Otto

Pyongyang ha presentato al governo americano una fattura di 2 milioni di dollari per le cure ospedaliere di Otto Warmbier, il ragazzo americano morto dopo essere entrato in coma mentre era detenuto al Nord. La richiesta sarebbe stata ufficializzata con un accordo sottoscritto dal funzionario americano incaricato di riportare Otto in patria, ma alla fine del 2017 il conto fatto recapitare al Tesoro era rimasto insoluto. Non è chiaro se l’amministrazione Trump abbia infine adempiuto al proprio impegno, né si sa se la questione sia stata discussa durante i due summit tra Trump e Kim Jong Un. Ad Hanoi tuttavia il presidente americano, defininendo la morte di Otto un episodio “che non sarebbe mai dovuto succedere”, aveva dato credito alle raassicurazioni di Kim: “Mi ha detto che non sapeva nulla, e credo alla sua parola” [fonte: WaPo]

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