Ben 75 milioni di download in poco più di un mese. L’app più scaricata sull’Apple store Cina non è WeChat e nemmeno Douyin, la gettonatissima piattaforma di micro video realizzata da Bytedance. Si chiama Xuexi Qiangguo, (“Studiare la Potente Nazione”), combinazione di caratteri che gioca sull’omofonia tra il nome di Xi Jinping e il verbo “studiare”.
La natura del progetto è inequivocabile. Lanciata in previsione della riunione plenaria del parlamento cinese – secondo quanto riferisce il sito Sohu.com – “Xue Xi Qiang Guo è una piattaforma di studio autorevole pensata dal Comitato Centrale del Partito comunista cinese per i membri e i quadri del partito, organizzata e costruita dal Dipartimento centrale di Propaganda, che copre ogni membro del partito e impiegato statale in tutto il paese.” La sua funzione primaria consiste nel “promuovere il ‘Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con le caratteristiche cinesi per la Nuova Era’ e ‘lo spirito del 19 ° Congresso Nazionale del Pcc’, raccogliendo letture liberamente disponibili, periodici, opere antiche, canzoni, film, libri e altri materiali di studio autorevoli, accurati, ricchi e vividi.” I contenuti sono ripartiti in varie sezioni, tra cui yaowen (notizie importanti), xin sixiang (nuovi pensieri) e shizheng zonghe (riepilogo della situazione politica attuale). Come intuibile, il protagonista indiscusso è Xi Jinping, il leader cinese più potente degli ultimi quarant’anni. Ma se state pensando alla pedissequa diffusione di contenuti propagandistici siete fuori strada.
Definita sulla stampa estera un “Libretto rosso 2.0”, l’app condivide le finalità pedagogiche e apologetiche dell’opera di Mao, arrivando a rasentare il culto della personalità seppellito da Deng Xiaoping con l’introduzione della leadership collegiale. Le modalità di apprendimento sono, tuttavia, prodotto esclusivo della “Nuova Era” targata Xi Jinping. Nell’ultimo lustro, la leadership di Pechino è ricorsa a nuovi espedienti mediatici per rafforzare l’integrità ideologica della popolazione e riadattare concetti demodé ai gusti delle frange più giovani. Nella Cina di Xi la “linea di massa” si esercita attraverso canzoni rap, cartoni animati, quiz televisivi e altri mezzi digitali. Proprio lo scorso gennaio, visitando le redazioni dei principali media statali, il presidente ha invitato le maestranze dell’informazione a cooptare le nuove tecnologie nel processo di “consolidamento delle fondamenta ideologiche condivise dal Partito e dal popolo cinese”.
Con un bacino di utenti internet ormai oltre la soglia degli 800 milioni – di cui il 92% compreso nella categoria “Millennials” – l’interesse di Pechino per i digital media è più che comprensibile. Tanto che ad oggi sono circa una decina le applicazioni sviluppate dal Partito comunista cinese e disponibili sugli app store di Android e Apple Cina. Nessuna tuttavia ha ancora raggiunto il livello di raffinatezza di Xue Xi Qiangguo, che grazie a un sistema di punti (xuexijifen) esige una fruizione attiva, stimolando l’engagement degli user con scarse possibilità di barare. Una volta effettuato il login con il numero di telefono e ID, il sistema rileva il tempo dedicato alle varie funzioni. La lettura di un articolo e la visione di un contenuto video valgono 0,1 punti ciascuno, mentre le stesse attività protratte per 30 minuti portano il punteggio a 1,0. L’utilizzo in giorni e fasce orarie particolarmente “scomode” (dal lunedì al venerdì dalle 20,30 alle 22,00 e il sabato e la domenica dalle 9,30 alle 10,30 o dalle 15,30 alle 16,30) permette di raddoppiare i punti, sebbene entro un limite stabilito così da spingere l’utente a sperimentare il numero più ampio possibile di funzioni. La performance di ciascuno viene riportata in una classifica pubblica, stimolando la competizione con i colleghi attraverso una reinterpretazione dell’utilizzo di test e quiz, da sempre parte integrante del cursus honorum dei quadri cinesi.
Mentre l’efficacia del mezzo è ancora tutta da accertare, la sua introduzione conferma la crescente ingerenza del Partito-Stato nella dimensione privata dei cittadini, trend già evidenziato dall’intrusione fisica dei funzionari nella quotidianità delle minoranze etniche ritenute destabilizzanti. Secondo quanto origliato sui social network, l’iscrizione alla piattaforma sarebbe addirittura obbligatoria per molti impiegati statali – insegnanti compresi – con la richiesta di punteggi minimi giornalieri. Una pratica che pare abbia stravolto le consuete vacanze per il Capodanno lunare, una delle pochissime occasione di ricongiungimento famigliare, quest’anno turbata dall’attivismo online di parenti e genitori.
D’altronde, il confine tra pubblico e privato, in Cina, non è mai stato così sottile. L’applicazione stessa è stata sviluppata da una misteriosa unità esterna di Alibaba, il colosso dell’e-commerce che vanta nel suo azionariato realtà legate a doppio filo al governo cinese. All’interno di Xue Xi Qiang Guo è persino possibile avvalersi dei servizi di chat DingTalk e di pagamento online Alipay, entrambi forniti dalla creatura di Jack Ma, uomo più ricco di Cina nonché membro del partito. Spiegando la natura “win-win” della partnership, Foreign Policy sottolinea come, oggi che l’hi-tech è sempre più terreno di scontro tra aziende concorrenti, l’alleanza con le autorità comuniste permetterà ad Alibaba di rosicchiare fette importanti di mercato ad altri competitor, primo tra tutti Tencent. Per Pechino, invece, è l’occasione per massimizzare lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni con scopi di controllo sociale. Complice la proverbiale scarsa attenzione dei cinesi per la privacy, maturata recentemente in ambito commerciale ma ancora largamente assente quando l’ingerenza nel privato viene condotta dal governo con funzione paternalistica di garante del benessere pubblico.
[Pubblicato su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.