La domanda di servizi di censura online forniti da People.cn, l’unità digitale del quotidiano ufficiale People’s Daily, è aumentata vertiginosamente, da quando lo scorso anno Pechino ha rafforzato ulteriormente il controllo sui contenuti in rete non solo politicamente sensibili, ma anche semplicemente “diseducativi”. Questo mese, People.cn – che collabora con le piattaforme Jinri Toutiao e Liangziyun – ha firmato un accordo strategico con il governo di Jinan, nella provincia orientale dello Shandong per rendere la città la capitale della censura. People.cn, il cui business di content management impiega già centinaia di dipendenti, creerà una società affiliata locale nella speranza di assoldare nuovi laureati come analisti. Il personale in carne ed ossa andrà a integrare la piattaforma di revisione dei contenuti online che rileva e rimuovere la maggior parte del materiale online ritenuto sensibile grazie all’intelligenza artificiale (AI) e agli algoritmi di apprendimento automatico. Si prevede che nel 2018 il reddito netto di People.cn per l’intero anno sia salito del 140%, l’incremento annuale maggiore dal 2011, mentre i ricavi della sua attività censorie sono lievitati del 166% [fonte: Reuters]
Londra boccia i prodotti Huawei
Huawei Technologies Co. non è stata in grado di affrontare i difetti di sicurezza dei suoi prodotti né ha dimostrato alcun impegno nel cercare di risolverli. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto della National Cyber Security Centre di Londra. Resa nota giovedì, l’indagine sottopone il gigante delle telecomunicazioni cinesi a un nuovo scrutinio internazionale, mentre Washington non allentano il pressing sugli alleati. Nel rapporto, i funzionari britannici si dicono particolarmente preoccupati del fatto che Huawei non abbia implementato le pratiche di sicurezza informatica a livello aziendale come promesso nel 2012, lo stesso anno in cui il Congresso degli Stati Uniti ha definito l’azienda una minaccia per la sicurezza nazionale. Secondo i funzionari britannici il vero problema sta nella “scarsa ingegneria del software” Huawei, sebbene non siano ravvisabili “interferenze dello stato cinese”. Anzi, le falle nella sicurezza dei prodotti potrebbero essere sfruttate da chiunque, non solo dal governo di Pechino, conclude il National Cyber Security Centre, che ridimensiona le aspettative nei confronti delle rassicurazioni di Huawei per il futuro [fonte: WSJ]
Il clima ostile respirato in Occidente per il momento non sembra aver inciso significativamente sulle attività dell’azienda. Nella giornata di oggi, il vicedirettore di Huawei ha annunciato che nel 2018 il fatturato aziendale ha raggiunto la cifra record di 721,2 miliardi di yuan (100 miliardi di dollari), mentre l’utile netto è aumentato del 25% a 59,3 miliardi di yuan. Segnali di affaticamento arrivano tuttavia dalle attività di gestione delle infrastrutture di telecomunicazione (compreso il 5G), in rallentamento dell’1,3% [fonte: NYT]
Le famiglie shidu, senza figli e discriminate
Le autorità della città di Xiangtan, nella provincia centrale dello Hunan, sono state costrette a ritirare dei manifesti contro il crimine a causa delle polemiche scatenate dall’inclusione delle famiglie shidu, quelle coppie che hanno perso il loro unico figlio/a e non sono più in età fertile. I 20 poster, intitolati “Dieci compiti chiave per eliminare il male”, elencavano le coppie shidu tra i soggetti criminali da monitorare. Chen Jianguang, vice capo della commissione per la Salute di Xiangtan, ha affermato che si sarebbe trattato di un “errore” e che tutti i manifesti sono stati rimossi martedì per placare le lamentele. Ma i diretti interessati non si arrendono e vogliono scuse ufficiali a mezzo stampa. Non è la prima volta che le famiglie shidu diventano vittima di discriminazioni. L’incidente di Xiangtan è stato ampiamente discusso sui social media cinesi, tanto che mercoledì sera un hashtag sull’argomento è stato visualizzato oltre 13 milioni di volte sulla piattaforma di microblogging Weibo. Secondo una stima ufficiale, oltre 1 milione di coppie cinesi è rimasto senza prole dopo aver perso il proprio unico figlio in seguito all’imposizione del controllo delle nascite. Molti si apprestano ad affrontare la vecchiaia in solitudine [fonte: Sixth Tone]
Taiwan prepara la pena di morte per gli omicidi stradali
Taiwan sta pensando di introdurre la pena di morte per chi causa incidenti mortali mentre alla guida in stato di ubriachezza. Nella giornata di ieri il Gabinetto ha approvato un progetto di emendamento al codice penale che – se approvato dal parlamento – renderebbe l’omicidio stradale un reato punibile potenzialmente con la pena capitale se l’atto viene ritenuto “intenzionale”. Motivando la decisione il ministero di Giustizia ha dichiarato che “I casi di guida in stato di ebbrezza che conducono alla morte sono dilaganti … conducenti ubriachi hanno provocato incautamente incidenti che hanno strappato via vite umane e distrutto famiglie fino a provocare un irreparabile rimpianto”. Numerosi gruppi per la difesa dei diritti umani hanno rilasciato una dichiarazione congiunta di condanna contro la proposta, sottolineando la mancanza di prove a sostegno dell’efficacia di questo tipo di sanzioni nel disincentivare la guida in stato di ebbrezza. Taipei ha rintrodotto la pena capitale nel 2010 dopo cinque anni di sospensione. Lo scorso settembre è stata eseguita la prima condanna sotto l’amministrazione della progressista Tsai Ing-wen [fonte: Afp]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.