In Cina e Asia – Gli Usa corteggiano Taiwan con la vendita di caccia F-16

In Notizie Brevi by Alessandra Colarizi

L’amministrazione Trump avrebbe dato l’ok alla fornitura di oltre sessanta caccia F-16 a Taiwan, l’isola che Pechino vuole riannettere ai propri territori. La sessa richiesta era stata rifiutata dal governo Obama nel 2011 proprio per non indispettire la Cina, ma da quando The Donald si è insediato alla Casa Bianca i rapporti tra Washington e l’isola democratica stanno vivendo un nuovo periodo di splendore nell’ambito della nuova strategia dell’Indo-Pacifico lanciata dalla nuova amministrazione. A confermare il riavvicinamento, nel fine settimana, il cacciatorpediniere Curtis Wilbur e una nave della guardia costiera statunitense hanno attraverso lo Stretto di Taiwan, la terza operazione del genere dall’inizio dell’anno. Giustificando la decisione – che deve ancora ottenere il placet del Congresso – il vice segretario aggiunto del Dipartimento di Stato per gli affari dell’Asia orientale Patrick Murphy ha dichiarato che la vendita è in linea con quanto stabilito dalla “One China Policy”, incluso il Taiwan Relations Act che obbliga Washington ad assicurare le capacità di autodifesa di Taipei pur in assenza di rapporti diplomatici ufficiali [fonte: Bloomberg, Scmp]

I consumatori bocciano i veicoli elettrici made in China

Shenzhen è ormai la città con più mezzi pubblici elettrici al mondo e, secondo le proiezioni ufficiali, entro il 2025, il 25% dei veicoli circolanti in tutta la Cina dovrà essere elettrico. Dietro i numeri stellari, tuttavia, si nascondono non poche insidie. Infatti, non è un mistero che la crescita esponenziale del settore sia stata foraggiata dai sussidi statali. Mentre l’annunciata sospensione delle sovvenzioni rappresenta di per sé un’incognita, l’insoddisfazione dei consumatori – che fin’oggi hanno regalato all’industria una crescita non condivisa dall’automotive tradizionale –  rappresenta un segnale anche più preoccupante. Negli scorsi giorni, la scarsa qualità delle auto elettriche “made in China” è balzata ai disonori delle cronache. Secondo un sondaggio web, quasi il 70% degli intervistati ha dichiarato di essersi pentito di aver acquistato un veicolo a nuova energia (NEV). Il malfunzionamento di motori e batterie si attesta il problema più comune. Nel 2018, i produttori cinesi hanno ritirato 135.700 veicoli NEV, mentre quest’anno sono stati richiamati altri 23.458 veicoli elettrici [fonte: Bloomberg]

Tesla cita in giudizio ex dipendente per furto di segreti commerciali

Un ingegnere con un trascorso nel team di punta di Tesla che si occupa della guida autonoma nella Silicon valley, e ora passato alla start up cinese rivale Xpeng Motors, è stato citato in giudizio dall’azienda americana in California per aver rubato segreti commerciali, incluso un source code. E’ il terzo caso del genere che coinvolge Xpeng [fonte: Caixin]

Dipendenti di JD in visita nelle carceri 

La società di e-commerce JD.com ha organizzato un un tour delle prigioni di Pechino per insegnare ai propri dipendenti il valore della libertà e i rischi della corruzione. Secondo quanto annunciato dall’account WeChat ufficiale lianjian JD, il personale ha visitato le celle del centro di detenzione n° 1 e guardato dei documentari. Nell’ultimo anno, l’industria di internet ha vissuto un inasprimento dei controlli dopo alcuni casi di alto profilo che hanno visto protagonisti, tra gli altri, il sito di advertising 58.com e Didi Chuxing, l’Uber cinese. Secondo un rapporto interno, l’azienda di ride-hailing avrebbe scoperchiato oltre 60 casi relativi a corruzione, appropriazione indebita e plagio, per un totale di 83 persone coinvolte. Come spiega l’analista Li Chengdong, “non sono solo le aziende di Internet ad affrontano il problema della corruzione. È che l’enorme quantità di denaro che gestiscono richiede ancora più cautela davanti a ogni segno di cattiva condotta” [fonte: Global Times].

La giunta militare ancora alla guida della Thailandia

Con oltre il 90% dei voti scrutinati, la giunta militare parrebbe riconfermarsi la prima “forza politica” thailandese. Le prime elezioni democratiche dal colpo di stato del 2014, vedono al momento circa 7,6 milioni di voti a favore del Palang Pracharath, il partito dei militari che ha come candidato primo ministro il generale Prayut Chan-o-cha, seguito dal Pheu Thai (6,9 milioni), il partito dell’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra. Ma il voto popolare non corrisponde alla distribuzione finale dei seggi conquistati. A causa dell’assetto politico ed istituzionale del paese, stravolto con la riforma della costituzione approvata nel 2016, è prevista una sola camera elettiva. Il Senato, che rappresenta un terzo dei seggi totali delle due camere, è invece interamente nominato dalla giunta. Questo vuol dire che ai militari bastano solo 126 seggi per ottenere l’elezione di un premier gradito. Ciononostante, il voto, che riconferma il fronte conservatore alla guida del paese, parrebbe ugualmente presentare delle irregolarità. Sui social network i presunti brogli della Commissione elettorale sono diventati trending topic, mentre i dati ufficiali sull’affluenza alle urne (meno del 70%) smentiscono le previsioni dell’80% basate su una consistenze partecipazione giovanile. Circa il 15% dell’elettorato è composto da giovani tra i 18 anni e i 25 anni [fonte: Strait Times, WaPo, NYT].

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