Diversi dirigenti dello stabilimento Jiangsu Tianjiayi Chemical sono stati presi in custodia dalla polizia dopo che il bilancio dell’esplosione di giovedì ha raggiunto le 47 vittime e gli oltre 640 feriti, di cui 90 gravi. Il governo municipale di Yancheng, provincia del Jiangsu, ha dichiarato che circa 3.000 persone nella zona sono state evacuate per verificare i danni e le condizioni ambientali causate dall’esplosione, paragonabile a un terremoto di magnitudo 2.2. Come in altre circostanze, l’incidente – uno dei più gravi degli ultimi anni e il secondo in pochi mesi rilevato dal China Labour Bulletin – sarebbe potuto essere evitato. Secondo un rapporto sulla sicurezza industriale emesso dal Ministero della gestione delle emergenze (MEM) il 7 febbraio 2018, l’impianto evidenziava, tra le altre cose, mancanza di personale qualificato e con formazione sulla sicurezza insufficiente, mancanza di protocolli di sicurezza, controlli di scarsa qualità, scarsa segnaletica di sicurezza, perdite dai serbatoi chimici e negligenza nei rischi d’incendio. Ironia della sorte, l’introduzione del rapporto MEM ha sottolineato l’importanza di “imparare la lezione” da una precedente esplosione in un impianto chimico a Lianyungang, provincia di Jiangsu, il 9 dicembre 2017 [fonte: Scmp]
La tratta delle donne kachin
Stuprate, messe incinta e poi private dei loro figli. E’ la sorte toccata alle donne birmane di etnia kachin vittima della tratta di esserei umani tra Myanmar e Cina. Secondo l’inchiesta di HRW “Give Us a Baby and We’ll Let You Go”, la carenza di donne oltreconfine sta alimentando il traffico di spose con risvolti fino ad oggi rimasti nell’ombra. Alle vittime sarebbe infatti concesso il ritorno a casa ma solo una volta adempiuto al loro dovere di donne e senza il proprio bambino. L’indagine – che si basa sulla testimonianza di quasi 40 sopravvissute – rivela le difficoltà incontrate dal governo birmano nel reprimere l’illegalità che prospera nelle zone di confine gestite semiautonomamente dalla Kachin Independence Organisation [fonte: Guardian]
Docenti stranieri costretti a seguire la linea politica cinese
VIPKid, una delle più importanti startup cinesi in materia di istruzione online, ha messo in guardia centinaia di insegnanti stranieri dall’utilizzo di mappe geografiche contrarie alle politiche nazionali durante le lezioni con gli studenti cinesi e ha sospeso i contratti di due insegnanti colpevoli di aver sollevato teorie controverse sulla questione taiwanese e il massacro di Piazza Tiananmen. Secondo il WSJ, dallo scorso autunno, i termini contrattuali in fase di assunzione prevedono che discutere di argomenti “politicamente controversi” potrebbe essere motivo di licenziamento. L’azienda – che si avvale di oltre 60.000 docenti negli Stati Uniti e in Canada per l’insegnamento dell’inglese e vanta tra i propri azionisti Sequoia Capital, il gigante cinese Tencent e il fondo della star dell’NBA Kobe Bryant – è in procinto di attrarre nuovi finanziamenti per un valore complessivo di 6 miliardi di dollari. Mentre gli istituti Confucio sono ormai sotto la lente da anni, Il settore dell’istruzione continua ad essere più che mai terreno di scontro tra Cina e Occidente [fonte: WSJ]
La crisi del Lago Vittoria fa schizzare l’export di pesce cinese
La riduzione delle risorse ittiche nel Lago Vittoria e il conseguente aumento dei prezzi del pescato locale stanno facendo schizzare le importazioni di pesce surgelato dalla Cina al Kenya. Negli ultimi due decenni, inquinamento e sfruttamento eccessivo della pesca hanno causata un dimezzamento delle riserve ittiche locali a fronte di un raddoppiamento della popolazione keniota. Oggi i pescatori del Lago Vittoria catturano 140.000 tonnellate di pesce l’anno, poco più di un quarto delle 500.000 tonnellate necessarie a sfamare il paese. Secondo la Bbc, il vuoto è stato riempito dalle aziende cinesi che si calcola esportino ogni anno più di 17 milioni di dollari di pesce a basso costo, più del doppio rispetto a tre anni fa [fonte: Bbc]
La Corea del Nord abbandona l’ufficio di collegamento di Kaesong
La Corea del Nord ha richiamato il proprio personale presso l’ufficio di collegamento intercoreano, nella città di frontiera di Kaesong. Lo ha comunicato poco fa il ministero dell’Unificazione sudcoreano, sottolineando che il ritiro è avvenuto in seguito alle disposizioni di superiori. Le autorità di Pyongyang hanno affermato che la decisione non influirà necessariamente le operazioni della contraparte sudcoreana. L’annuncio arriva in un momento di stallo per il processo di pace e denuclearizzazione. Dopo che il vertice tra Kim e Trump si è conclusoso con un “no-deal”, Seul ha offerto il proprio aiuto per una riconciliazioni tra le parti, esortando tuttavia Pyongyang a compiere passi decisivi nell’abbandono all’atomica. L’ufficio di collegamento era stato aperto lo scorso settembre all’apice degli scambi diplomatici tra Nord e Sud, prima struttura del genere da quando la penisola è stata divisa in due nel 1945. [fonte: Yonhap]
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Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.