Nonostante un passato non facile,Tokyo e Pechino si stanno avvicinando. Rispettivamente la seconda e terza economia del pianeta parlano una lingua comune e franca, che mette sempre a tacere ogni contendente: quella degli affari. Perché si sa, la politica è un conto, ma il portafogli è un’altro. Ed i confuciani cinesi, quanto gli zen nipponici, hanno nel dna quella concretezza tutta asiatica, che permette loro di superare ogni ostacolo.
Il dialogo economico tra i due paesi non è cosa nuova, ma gli investimenti da ambo le parti sono progressivamente aumentati nell’ultimo decennio, ergendosi a esempio di come si possa trovare un comune denominatore ed uscire ugualmente vincenti. Entrambe le parti in causa vogliono rafforzare la cooperazione.
La Repubblica Popolare ha sostituito gli Stati Uniti come principale partner commerciale di Tokyo sin dal 2007, mentre il Sol Levante è storicamente il secondo più importante partner commerciale cinese. Dal legame personale tra i numeri uno di Alibaba e Softbank, alla partecipazione di Tokyo alla Nuova via della Seta di Xi Jinping, i rapporti bilaterali tra le prime economie dell’estremo oriente sono un esempio di dialogo da seguire.
Della stretta collaborazione tra i due paesi è tangibile appena arrivati a Tokyo. Nella centralissima Shibuya o nello snodo di Shinjuku, il cartello al di fuori dei negozi con scritto “Alipay” o “WeChat Pay” è oramai la norma. Nella lussuosa via di Omotesando, tutti i negozi hanno almeno un parlante cinese nello staff. Non solo, il mandarino, senza contare la comunità cinese di Yokohama, è la seconda lingua più parlata a Tokyo. Ma anche Kyoto, Sapporo o Osaka rispecchiano questo trend.
Questo perché ormai sono migliaia i turisti, uomini d’affari e studenti, che scelgono il Giappone come loro meta. I cinesi amano la moda garbata nipponica, ma ciò che per cui tutti aspirano, senza distinzione tra uomini e donne, è la qualità dei prodotti giapponesi nel settore beauty e cura per il corpo. Se le ragazze cinesi sono intransigenti dall’avere una pelle bianca, questo è niente rispetto l’ossessione delle loro colleghe nipponiche.
Nel tempo, così come in Cina, si è andata a costruire una vera scuola e cultura di prodotti cosmetici, che oggigiorno rappresentano un’eccellenza mondiale. Che siano shampoo, creme per il viso o semplici dentifrici, tutto ciò che è “Made in Japan” viene subito acquistato dai buyer cinesi, per la felicità delle aziende produttrici. Basti pensare che i prodotti più venduti sulle piattaforme e-commerce del Dragone il podio spetta ai brand Giapponesi.
Ma anche i giapponesi, stanno nutrendo una piacevole riscoperta nei confronti del Celeste Impero. Nella città di Shanghai, la comunità nipponica è la comunità straniera più numerosa allo stato attuale. Sempre nel polo finanziario della Repubblica Popolare, i principali mall aperti sulla centralissima Nanjing Lu, sono tutti di proprietà di grandi conglomerati industriali giapponesi operanti nel settore.
Non solo, in tutto il Giappone vi è una vera “chinese kitchen” mania. Mapo doufu – un piatto a base di tofu e peperoncino del Sichuan – e gli immancabili jiaozi – ravioli – alla piastra, sono un must per ogni giapponese. Nella sola Tokyo, vi è un festival sulla cucina cinese ogni mese, con decine di migliaia di abitanti che accorrono per assaggiare le leccornie preparate sul momento.
A sorprendere è che molti giapponesi apprezzano addirittura anche il modo di vivere cinese, più tranquillo sotto alcuni punti di vista, assai meno rigido e stacanovista di quello nel Paese del Sol levante. Da un recente sondaggio condotto dalla Tokyo University, è emerso che oltre il 30% delle donne che si sono recate in Cina per studio, hanno espresso la volontà di lavorare nel Paese di Mezzo perché, si legge, “è una società meno maschilista rispetto a quella giapponese”.
Ora è un momento opportuno per il Giappone e la Cina per accelerare l’integrazione economica, soprattutto perché l’ondata di anti-globalizzazione si abbatte sul mondo industrializzato. Le politiche isolazioniste degli Stati Uniti e il conseguente impatto sulle relazioni internazionali sono solo uno dei motivi che hanno portato Giappone e Cina ad avvicinarsi.
Nonostante a Pechino non lo si voglia ammettere, il Giappone viene ancora visto come un modello di sviluppo da cui prendere spunto. Ovviamente, le diverse situazioni del tessuto economico-sociale di Cina e Giappone, sono figli di un percorso storico-politico profondamente diverso. Oramai gli investimenti in settori strategici hanno una storia ventennale, ma è dai primi anni del 2000 che Cina e Giappone hanno cominciato ad approfondire le loro relazioni. Importante è la cooperazione sia nel campo ambientale che ingegneristico. a strabiliante rete ferroviaria ad alta velocità cinese è frutto degli investimenti e collaborazioni con Tokyo.
“I politici giapponesi, quanto quelli cinesi, indossano solo una maschera di reciproco astio, certo ci sono contraddizioni, ma il dialogo economico tra due paesi è più forte che mai” dice il Professor Aoyama Yasushi, della Meiji University. Difatti, all’annuncio del progetto della Nuova Via della Seta di Xi Jinping, il Premier Shinzo Abe ha dato immediatamente la sua adesione. Nei piani di Abe, infatti, la BRI può essere un forte lancio per l’economia del Sol Levante, sia in termini di commercio che di investimenti.
Il potenziamento dei porti cinesi, permetterà alle grandi industrie automobilistiche giapponesi, di stoccare più prodotti. La Cina è infatti un importante mercato automobilistico per il Giappone che soffre attualmente la forte concorrenza di Volkswagen. Un maggiore dialogo con il Paese di Mezzo, permetterebbe a marchi quali Lexus, Infinity o Honda, meno cari rispetto ai competitori europei ma di uguale qualità, di arrivare ai nuovi cluster economici del paese.
Non solo, la BRI si tradurrebbe anche in un abbattimento dei costi e tempi di spedizione delle merci giapponesi verso il Vecchio Continente. Non più via aereo o via mare, ma via rotaia, una volta stoccate nei porti. Inoltre il potente piano infrastrutturale cinese ha anche bisogno di know-how e conoscenze.
Tokyo, che ha fatto dell’eccellenza dei trasporti il suo marchio di fabbrica, potrebbe giocare un ruolo importante. Non mancano ovviamente le critiche alle rispettive aperture da parte delle aree più nazionaliste ed intransigenti. A Pechino si menziona il fatto che Tokyo non ha mai fatto un passo indietro circa i crimini di guerra perpetrati in Cina, mentre nelle sale dei bottoni di Abe si avvisa di non volare troppo vicini a Tian An Men, pena la crisi politica.
Nonostante le schermaglie politiche che molti da ambo le parti additano come “copioni scritti”, il dialogo tra Giappone e Cina è destinato ad approfondire perché è nella natura delle cose.
di Cifnews
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