Al G20 in Argentina ci sarà il faccia a faccia, sabato a cena, tra Xi e Trump atteso un po’ da tutto il mondo. Il loro incontro dovrebbe sbloccare, o forse semplicemente rimandare, la questione legata ai dazi americani che dal primo gennaio aumenteranno dal 10 al 25% sui prodotti cinesi, con la possibilità che Trump ne proponga altri ancora.
SI TRATTA DI UNO SCONTRO la cui parte commerciale, le sanzioni, costituiscono la parte più visibile, perché dietro questa diatriba c’è qualcosa di più importante e rilevante per il nostro futuro, ovvero il confronto tecnologico che animerà le relazioni tra Cina e Usa. In questa situazione non si devono dimenticare le questioni aperte di natura militare. A questo proposito però è bene sottolineare quanto l’amministrazione Trump sa già: stiamo parlando del mar cinese meridionale, ambito sul quale la verità è stata sancita dal presidente filippino Duterte quando alcuni giorni fa ha specificato che il mar cinese meridionale è «già in possesso di Pechino».
WASHINGTON NE È AL CORRENTE ed è per questo che sta provando a consumare le proprie cartucce sull’obiettivo primario. Gli ultimi inviti degli Usa a non comprare prodotti Huawei, perché andrebbe a diretto vantaggio del Pcc e a discapito della «sicurezza» degli occidentali, parlano chiaro e non rappresentano altro se non la suprema paura americana: perdere anche la corsa al 5G, visto il grande attivismo della Huawei al riguardo, anche in Italia: per il New York Times Huawei avrebbe speso 600 milioni di dollari per la ricerca 5G dal 2009 e avrebbe designato 800 milioni solo per il 2018.
E quasi in una risposta preventiva alle accuse americane, qualche settimana fa la Huawei aveva fatto sapere che l’azienda «non ha niente a che fare» con il progetto di Pechino «Made in China 2025».
Può essere: di sicuro il partito comunista cinese ha affermato il proprio impegno nello sviluppo della tecnologia 5G da tempo, da anni.
Nel 13° piano quinquennale (2016-2020) e in «Made in China 2025» il 5G è uno degli obiettivi più rilevanti, tanto da essere messo in evidenza anche nell’annuale rapporto di lavoro del governo consegnato dal premier Li Keqiang durante le riunioni legislative annuali del marzo scorso.
VELOCITÀ DI CONNESSIONE ancora più rapida, possibilità di connettere più dispositivi, latenza praticamente azzerata. Ma non solo: smart city, macchine automatiche e internet delle cose. Il futuro sarà a 5G e secondo i megaottimisti della rete sarà un mondo bellissimo.
Per Wired il 5G sarà più veloce del 4G ma «meno veloce del teletrasporto». Una rivoluzione dai toni ancora più accesi di quando si passò al 4G, perché ad usufruirne saranno per lo più Intelligenza artificiale e di conseguenza non solo la governance, ma anche la manifattura, portando il 5G a impattare in modo significativo sui Pil degli Stati. Solo che ci sono due problemi: il primo è già in atto, e riguarda uno scontro geopolitico silenzioso che vede contrapporsi Cina e Stati uniti. In palio c’è il primato per rendere il 5G quotidianità. E chi vincerà questa corsa usufruirà di tutti i vantaggi del caso. Il secondo problema arriverà in seguito, quando la velocità di elaborazione dei dati potrà consentire ai governi nazionali un controllo sociale ancora più ampio di quanto è già in corso.
GLI ESPERTI SI ASPETTANO che il 5G avrà una velocità massima di download fino a 20 gigabit al secondo, abbastanza veloce da scaricare un film hd a lunghezza intera in pochi secondi. Avrà una minore latenza e una maggiore connettività, il che significa tempi di attesa inferiori nell’invio di dati e più dispositivi in grado di connettersi alla rete contemporaneamente.
Il miglioramento in queste aree sarà necessario – si dice – per inaugurare l’Internet of Things (IoT): auto senza sensori, città intelligenti, realtà virtuale e persino chirurgia a distanza.
Per un report del 2017 di Accenture «il primo paese che distribuirà e commercializzerà le reti mobili ultraveloci 5G avrà un enorme vantaggio economico: 500 miliardi di Pil» e milioni di posti di lavoro (stimati a 3 per gli Usa, ad esempio). In tutto questo, naturalmente, la Cina non manca di programmazione: «il suo piano quinquennale mira a un ampio lancio commerciale di 5G entro il 2020 e tutti i principali fornitori di servizi wireless (come Huawei e Zte) hanno condotto numerosi studi 5G. Quello cinese sarà, forse, il più grande per il 5G entro il 2022».
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.