Abbiamo salutato Moon Jae-in come il grande artefice del riavvicinamento tra le due Coree. Non solo, è stata sottolineata più volte la sua abilità diplomatica a muoversi tra due giganti come Cina e Usa, nonché con l’altalenante Kim Jong-un. Ma nonostante questa grande popolarità all’estero, in casa per Moon jae-in le cose non vanno benissimo. Nelle scorse settimane scioperi e proteste hanno colpito numerose città sudocoreane, mentre sul piede di guerra sembrano esserci anche le aziende. La politica economica basata sul reddito di Moon non sembra dare gli effetti sperati, la sua popolarità diminuisce e il recente licenziamento dei suoi principali consiglieri economici sembra segnare una possibile inversione di tendenza nelle politiche economiche di Moon.
A questi problemi interni si aggiunge la percezione della maggioranza della popolazione coreana piuttosto disinteressata agli affari coreani: secondo recenti sondaggi e inchieste giornalistiche, in Corea del Sud emerge una scarsa conoscenza di quanto sta avvenendo con i vicini coreani, ad esempio da parte degli studenti. Così come viene segnalata da più parti la mancanza cronica di studiosi esperti di Corea del Nord, un segnale che l’interesse per Pyongyang da parte dei sudcoreani è praticamente nullo.
Proprio in questi giorni, un sondaggio dell’agenzia sudcoreana Realmeter avrebbe attestato il grado di approvazione del presidente sudcoreano Moon Jae-in al 52%, il più basso da quando è entrato in carica nel maggio 2017, tenendo conto che il dato era al 65,3% dopo il terzo summit intercoreano di fine settembre. Moon si trova in questo momento tra due fuochi: un’economia in difficoltà, con le parti sociali sul piede di guerra, e la minaccia americana riguardo i dazi. Come hanno osservato alcuni analisti, Corea e Giappone sono preoccupati perché Trump, oltre la Cina, mira a colpire Seul e Tokyo ponendo dazi importanti sulla produzione estera di auto e parti di auto. Se il 2018 non fosse sembrato abbastanza pericoloso a Moon e Abe, dicono gli analisti, non hanno idea di cosa li potrebbe aspettare il 2019.
Intanto però c’è la grana interna, in attesa di un possibile nuovo incontro tra Moon e il presidente cinese Xi Jinping: come riportato dal Korea Herald, “La politica occupazionale dell’amministrazione Moon Jae-in ha accelerato l’indebolimento della capacità dell’economia coreana di creare nuovi posti di lavoro”. Secondo la Bank of Korea, l’economia coreana potrebbe crescere al 2,7% quest’anno, con il tasso di aumento su base annua del numero di impiegati per uno 0,3%. Insomma si contrae la crescita, non aumenta l’occupazione: i lavoratori chiedono meno flessibilità e più salario, le aziende chiedono politiche più favorevoli.
Il quadro è il seguente: dal lancio del programma economico dell’amministrazione – nel maggio dello scorso anno – “le compagnie private hanno faticato a far fronte alle misure pro-lavoro, compresi gli aumenti salariali minimi, la settimana lavorativa massima abbreviata e la crescente pressione per trasformare i posti di lavoro non regolari in posizioni regolari. Il presidente Moon e i suoi assistenti si sono concentrati sulla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore pubblico espandendo la spesa fiscale”. Ma i dati ufficiali mostrerebbero che “l’aumento dell’occupazione nel settore pubblico è stato più che compensato dalle perdite di posti di lavoro nel settore privato. Nei primi 10 mesi di quest’anno, il numero di posti di lavoro del settore pubblico è aumentato di 88.750, rispetto ai 18.600 di tre anni prima”, secondo i dati forniti da Statistics Korea.
Nello stesso periodo, il numero di dipendenti delle aziende manifatturiere, delle attività commerciali all’ingrosso e al dettaglio, delle strutture ricettive e dei ristoranti sarebbe diminuito di 163.700 unità. Secondo i media coreani si tratterebbe di un fatto particolare: per la prima volta questi settori, che assumono quasi il 40% dei lavoratori del Paese, “hanno registrato una crescita negativa dell’occupazione da quando l’ufficio statistico ha iniziato a compilare dati rilevanti nel 2013”.
A questi dati vanno aggiunte le grane politiche: a inizio novembre la Casa blu ha annunciato la rimozione del ministro dell’Economia e delle Finanze Kim Dong-Yeon e del capo della politica economica Jang Ha-sung, “i due uomini posti sulla torre di controllo della politica economica di Moon Jae-in”, come riportato dalla Reuters. I due sono stati sostituiti da uomini vicini a Moon e – a quanto pare – proseguiranno con le politiche economiche volute dal presidente.
Sperando che Trump non complichi una situazione occupazionale, per ora, tutt’altro che rosea.
[PuBblicato su Eastwest]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.