L’instabilità della politica estera del presidente americano Donald Trump, con particolare riferimento a quanto concerne l’Asia, ha finito per creare scenari del tutto nuovi per il continente. Subito dopo l’affossamento da parte di Trump del Tpp, è apparso subito chiaro come la maggior parte dei paesi asiatici ritenesse di dover guardare alla Cina; naturalmente questo volgersi verso Pechino non ha di certo eliminato lo scetticismo nei confronti della muscolare politica di Xi Jinping, specie nel mar cinese meridionale, ma sul breve tempo si è potuta notare una maggiore attenzione alle politiche cinesi da parte di paesi con importanti e determinanti partite aperte con la locomotiva cinese.
Uno di questi paesi è sicuramente il Giappone. Tokyo non ha preso bene né l’affossamento del Tpp, né la politica di Trump rispetto alla Corea del Nord, ritenuta troppo morbida e soprattutto poco filo giapponese nelle richieste al regime di Pyongyang. Abe, la cui politica economica oscilla costantemente tra dati positivi e improvvisi rischi di tracollo, dovuto anche a importanti scandali interni inerenti anche alla sua famiglia, si è mosso in modo rapido. Prima ha concluso un importante accordo commerciale con l’Unione europea e poi si è rivolto alla Cina.
In questi giorni Shinzo Abe è stato a Pechino a incontrare i vertici del partito comunista, Xi Jinping, in primis, e poi Li Keqiang. Abe è arrivato a Pechino con 500 imprenditori, segnale molto chiaro sulla “direzione” dei diversi incontri.
Come riportato dal Washington Post – come spesso accade la stampa internazionale ha dato molto più peso di quella nostrana a questo evento – “Abe ha spiegato ai giornalisti che le relazioni bilaterali tra Cina e Giappone sono entrate in una nuova fase”. Ugualmente Xi Jinping ha ha parlato di una “nuova direzione storica” dei rapporti tra i due paesi. Il presidente cinese ha specificato che “Uno sviluppo solido e stabile delle relazioni Cina-Giappone apporterebbe un beneficio fondamentale alla popolazione di entrambe le nazioni, e questa è una cosa che la comunità regionale e internazionale vogliono”
Firmati anche accordi relativi all’assistenza agli anziani e al mercato dei titoli, pur all’interno di annunci dai dettagli piuttosto vaghi. Tutto questo è accaduto nonostante la sfiducia di “vecchia data” tra Tokyo e Pechino. Come riportato dalla stampa americana, “per uno, la Cina è fortemente sospettosa degli sforzi di Abe per rivedere la costituzione pacifista del dopoguerra in Giappone, e per un altro, Tokyo pensa che Pechino sia intenzionata al dominio regionale”.
“Oggi Giappone e Cina giocano un ruolo essenziale per la crescita non soltanto dell’Asia, ma del mondo intero”, ha detto Abe. “Il moltiplicarsi di problemi irrisolvibili per un singolo paese ci dicono che è giunto il tempo per Giappone e Cina di comunemente alla pace e alla prosperità globale”, ha aggiunto il primo ministro giapponese. La giornata di ieri ha segnato il culmine della visita di Abe: questa mattina Abe – come ha riportato la stampa cinese – ha passato in rivista un picchetto d’onore delle Forze armate cinesi, nel corso di una cerimonia di fronte alla Grande Sala del Popolo, vicino alla Tiananmen.
Come riporta Agenzia Nova, infine, “L’incontro tra Abe e Xi è coinciso con la firma di un accordo per la realizzazione di 50 progetti infrastrutturali privati in paesi terzi, che costituiranno il nucleo della cooperazione tra i due paesi nell’ambito della nuova Via della seta cinese. Il primo di questi progetti, riferiscono fonti governative giapponesi, sarà quello di una “smart city” ecocompatibile nella provincia thailandese di Conburi, i cui lavori inizieranno nella primavera del prossimo anno”.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.