Kim Jong-un invita Papa Francesco a Pyongyang
Papa Francesco potrebbe presto diventare il primo pontefice nella storia a visitare la Corea del Nord. L’invito a recarsi a Pyongyang verrà ufficializzato la prossima settimana durante la visita in Vaticano del presidente sudcoreano Moon Jae-in, incaricato da Kim Kong-un di trasmettere l’invito. Nel 2000, Papa Giovanni II ricevette una simile chiamata dall’allora presidente nordcoreano Kim Jong-il. La visita ufficiale tuttavia non ebbe mai luogo in quanto il Vaticano pose come condizione vincolante l’ammissione di preti cattolici in Corea del Nord. Questa è l’ultima di tutta una serie di mosse messe in atto da Kim Jong-un per riavvicinarsi alla comunità internazionale, tra cui ricordiamo il summit con Trump a Singapore e i tre incontri con la leadership sudcoreana. Ufficialmente il Vaticano e Pyongyang non intrattengono relazioni diplomatiche. La Costituzione della Corea del Nord tutela il “diritto alla fede” ma, secondo un report delle Nazioni Unite, i Cristiani sono ancora soggetti a “persecuzioni e severe punizioni” qualora scoperti a praticare al di fuori delle chiese controllate dallo stato, le uniche autorizzate e prive di ogni legame con il Vaticano.
Consumi nella “Settimana d’Oro” ai minimi dal 2000
La Golden Week si è appena conclusa in Cina e gli analisti hanno rilevato un preoccupante calo nei consumi, i più bassi dal 2000. Le spese totali in negozi e ristorante durante i 7 giorni di ferie, che cominciano ogni anno il 1 ottobre per celebrare la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, hanno ammontato a 200 miliardi di $, 10 miliardi di $ in meno rispetto all’anno scorso. I cali nelle spese sono stati registrati un po’ ovunque, dai tour operator e negozi al dettaglio fino ai botteghini dei cinema. I dati suggeriscono che la spesa dei consumatori, fondamentale per sostenere la crescita dell’economia cinese, ha perso la propria spinta iniziale a causa delle crescenti tensioni con gli Stati Uniti e ai debiti che affliggono il settore immobiliare e delle infrastrutture. Secondo Jing Ya, analista presso Citic Securities, questo calo sarebbe il risultato di una diminuita fiducia degli investitori e dei consumatori preoccupati dalle cupe prospettive di crescita dell’economia del dragone. Il Fondo Monetario Internazionale ha previsto infatti un rallentamento della crescita del PIL cinese per tutto il 2019 come conseguenza della guerra commerciale in corso.
Dubbi sulla veridicità dell’attacco informatico ai danni delle aziende americane
Un articolo recentemente pubblicato su Bloomberg, secondo cui da anni alcuni produttori cinesi avrebbero manomesso microchip utilizzati da compagnie americane quali Apple e Amazon, ha lanciato nel caos il mondo della tecnologia. L’FBI e la CIA hanno avviato una serie di indagini assieme alle aziende americane coinvolte, le quali hanno prontamente smentito le accuse di sabotaggio dei propri hardware. In una lettera inviata al Senato americano, la compagnia di Cupertino ha affermato che “a seguito di attente investigazioni, non è stata riscontrata alcuna irregolarità e che le accuse fatte dall’articolo di Bloomberg sono infondate”. Delle fonti citate da Bloomberg, la maggior parte anonime e tra cui figurano 3 dipendenti Apple e 6 funzionari governativi americani, si è fatto avanti il solo Joe FitzPatrick, esperto di sicurezza informatica, il quale avrebbe espresso seri dubbi sulla veridicità del report. Secondo FitzPatrick infatti “un attacco informatico di questa portata non avrebbe senso semplicemente perché vi sono vie più semplici per ottenere il medesimo risultato, prima tra tutte via software. Inoltre numerosi dettagli sarebbero fuori contesto e non verificabili”. A questo punto è chiaro che qualcuno tra il governo americano e le aziende coinvolte sta mentendo.
Islamabad alla corte del FMI per nuovi finanziamenti
Il nuovo governo del Pakistan è alla ricerca di nuova linfa vitale per alleggerire la montagna di pagamenti non ancora saldati con i propri partner internazionali, tra cui spicca la Cina. Il nuovo Primo Ministro Imran Khan, ha deciso di inviare il Ministro delle Finanze in Indonesia per prendere parte alla conferenza annuale del FMI e della World Bank, al fine di discutere un nuovo pacchetto di finanziamenti. Islamabad necessita di circa 8 miliardi di $ per onorare i propri debiti con investitori esteri ed è chiaro che un ulteriore prestito da parte del FMI risulterà in più severi controlli che limiteranno fortemente la nascita di un welfare state islamico nel paese. Una nuova richiesta d’aiuti da parte del Pakistan sarebbe inoltre un nuovo test per le ormai logore relazioni commerciali tra Pechino e Washington. In luglio infatti il Segretario di Stato americano Mike Pompeo aveva avvertito che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato un nuovo salvataggio del Pakistan ad opera del FMI “qualora i finanziamenti ricevuti fossero finiti in mani cinesi”.