Perché la strategia della Cina ha successo in Africa

In Cina, Relazioni Internazionali by Simone Pieranni

Dopo una visita negli Emirati Arabi, Xi Jinping ha proseguito per un tour africano, visitando Senegal, Ruanda e Sudafrica, dove ha preso parte al meeting dei Brics. Dopo andrà alle Mauritius.

Al di là dell’appuntamento sudafricano, il viaggio in Africa è significativo per molti motivi, tenendo presente che le prime visite di stato di Xi Jinping da presidente della Repubblica popolare, nel 2013, sono state proprio nel continente africano, a testimoniare l’importanza strategica dell’area per i piani di Pechino. C’è naturalmente di mezzo la Nuova via della seta ma non solo.

La Cina ha bisogno di consolidare la propria posizione in Africa, dopo anni di investimenti, attenzione e relazioni bilaterali. C’è inoltre da smarcarsi da quella critica che vuole Pechino nelle vesti di nuova colonizzatrice di tanti Paesi africani.

In Africa la Cina ha spostato capitali e persone, ha accaparrato terre e ha promosso infrastrutture di cui le nazioni avevano bisogno. Ha naturalmente avuto un occhio di riguardo nei confronti delle risorse ma, come ha scritto sul Washington Post Deborah Brautigam, grande esperta di Cina in Africa, il successo di Pechino nel continente si spiega in modo semplice: la Cina risponde a una esigenza dell’Africa, ponendosi come volano per l’industrializzazione di molti Paesi. L’economia africana ha bisogno di infrastrutture e di condizioni per cominciare a guadagnare maggiormente dalle proprie potenzialità di esportare risorse e prodotti.

Analogamente per la Cina il processo di industrializzazione africana ha aperto un mercato per le proprie merci e consente a Pechino di risparmiare per il trasporto delle risorse, lavorate dalle proprie aziende direttamente sul territorio africano. In cambio, la Cina fornisce infrastrutture e la gestione di zone economiche speciali.

Scrive Brautigan: “Nel 2016, sotto l’impulso cinese, il Gruppo dei 20 ha promesso di aiutare l’industrializzazione dell’Africa. A quel tempo la Cina aveva già investito oltre 33 miliardi di dollari nel finanziamento del settore energetico in Africa, un input fondamentale per le fabbriche. Altri 41 miliardi di investimenti cinesi sono andati ai trasporti. Spesso, con il sostegno di Pechino, le aziende cinesi hanno creato zone economiche speciali in Africa, creando piattaforme in cui le imprese cinesi e non possono raggrupparsi. Nel 2015, in un altro vertice di Johannesburg, Xi ha promesso 10 miliardi di dollari per un fondo di investimento per la cooperazione industriale Cina-Africa».

Ma allora, perché Xi ha scelto in questa sua visita proprio il Senegal e il Ruanda? Secondo Brautigam la spiegazione è la seguente: i due Paesi hanno guardato con molta attenzione al caso dell’Etiopia, la cui cooperazione con Pechino è considerata come un’esperienza di successo per gli investimenti cinesi nella produzione africana. “I nostri ricercatori”, ha scritto la studiosa “hanno identificato oltre 400 investimenti produttivi cinesi in Etiopia, alcuni dei quali producono prodotti per importanti acquirenti statunitensi come Naturalizer, 9 West e Guess».

Nella speranza di attrarre aziende cinesi alla ricerca di nuove sedi, il Senegal «ha assunto una ditta cinese per costruire una nuova zona economica speciale vicino a Dakar, la capitale. Durante la visita del Paese, dal 21 al 22 luglio, Xi ha promesso di dare la priorità all’industrializzazione del Senegal. La Cina potrebbe finanziare la seconda fase della costruzione della zona».

Analogamente il Ruanda è un esempio di quanto la Cina abbia capito come cooperare con i Paesi africani. Il Ruanda ha un’alta densità di popolazione, per questo il Paese si pone come potenziale nuova fabbrica per la Cina nella produzione di “carta, uniformi e polo nelle fabbriche cinesi in una zona economica speciale nella capitale, Kigali”. Anche in questo caso, la Cina sta preparando una zona economica speciale. Quest’anno, il Ruanda aveva imposto tariffe su indumenti e scarpe prodotte negli Usa per aiutare la propria produzione, finendo per ottenere in cambio la minaccia di una guerra commerciale da Washington.

Sostanzialmente, potremmo concludere, la Cina sta esportando il proprio modello di sviluppo e industrializzazione in Africa. Non a caso gli accordi conclusi non sono pochi.

Per quanto riguarda il Senegal, la cooperazione tra i due Paesi è già ben collaudata. Secondo le stime ufficiali diffuse del governo senegalese, Pechino — al momento — è il secondo partner commerciale dopo la Francia: il volume di scambi è di due miliardi di dollari nel 2016. Le esportazioni dal Senegal verso la Cina hanno superato i 115 milioni di euro nel 2017. Tra i principali prodotti esportati ci sono soprattutto risorse minerarie — zircone e titanio — e arachidi, di cui la Cina è primo importatore. In aumento anche le importazioni del Senegal dalla Cina, che sono invece passate da oltre 346 milioni di euro nel 2013 a 559 milioni di euro nel 2017.

Per quanto riguarda il Ruanda, la visita di Xi ha fruttato la firma di 15 accordi bilaterali in settori chiave come sanità, infrastrutture, commercio, turismo e scienza. Xi è arrivato domenica sera a Kigali e ha incontrato il presidente ruandese Paul Kagame, che si è detto «molto felice» del rafforzamento della cooperazione tra il suo Paese e la Cina. E Xi non ha mancato di ricordare la sua guida economico-politica: «La Cina accoglie favorevolmente la partecipazione del Ruanda alla cooperazione internazionale nel quadro della Nuova via della seta e incoraggia ulteriori investimenti cinesi in Ruanda per contribuire all’avanzamento dell’industrializzazione e della modernizzazione del Paese africano».

[Pubblicato su Eastwest]