In Cina e Asia – Cina e Usa in contatto per la restituzione del drone sottomarino

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– Pechino e Washington in contatto per la restituzione del drone sottomarino 
– Le droghe sintetiche ostacolano la liaison tra Duterte e Pechino: l’Inchiesta della Reuters
– L’impero economico dell’uomo più ricco di Cina non rimarrà in famiglia
– Il peperoncino killer riaccende l’astio tra indonesiani e cinesi
– Quasi 600 persone sono morte nelle prigioni indiane tra il 2010 e il 2015
– Hyanghari: la prigione resort in cui alberga l’élite nordcoreana epurata Pechino e Washington in contatto per la restituzione del drone sottomarino 

Cina e Stati uniti si stanno cercando di risolvere attraverso appropriati canali militari la questione del drone sottomarino dispiegato da Washington per rilevamenti scientifici e rimosso da una nave cinese che ne temeva un impiego in operazioni di spionaggio. Il dispositivo, di proprietà dell’esercito americano, è stato prelevato giovedì a 50 miglia nautiche da Subic Bay, a largo delle coste filippine. Nella giornata di domenica il ministero della Difesa cinese ha fatto sapere che la sonda verrà restituita «attraverso mezzi appropriati», condannando la decisione inopportuna degli Usa di «pubblicizzare unilateralmente» l’accaduto. Mentre stampa governativa ed esperti cinesi hanno sottolineato l’evidente natura militare del drone.

L’episodio arriva in concomitanza alla pubblicazione di rilevamenti satellitari che attestano la militarizzazione di tutte e sette le isole artificiali costruite da Pechino nel Mar cinese meridionale, e mentre le due superpotenze sono ai ferri corti sulla questione taiwanese a causa dei recenti commenti del presidente eletto Donald Trump.

Le droghe sintetiche ostacolano la liaison tra Duterte e Pechino: l’inchiesta della Reuters

Secondo la polizia filippina la Cina è la principale risorsa per la produzione di droghe sintetiche nel paese del Sudest asiatico, sia per quanto riguarda l’esportazione di conoscenze tecniche sia per quanto concerne il rifornimento di quelle sostanze definite precursori necessari alla produzione di stupefacenti. Delle 77 persone arrestate tra gennaio 2015 e agosto 2016 per reati connessi alla produzione di meth tre quarti sono cinesi, quasi un quarto di Taiwan e Hong Kong. Ma, a dispetto dei comunicati ufficiali, nulla è stato fatto dalle autorità di Pechino per tentare di risolvere il problema. Al contrario, finora a fornire il maggior supporto alle forze del’ordine filippine è stata la U.S. Drug Enforcement Agency, che però è pronta a ritirare parte del proprio sostegno economico per punire la sanguinosa campagna anticrimine lanciata dal presidente Duterte. Un’inchiesta della Reuters fa luce sul traffico di droga passante per il Mar cinese meridionale.


L’impero economico dell’uomo più ricco di Cina non rimarrà in famiglia

Wang Jianlin, presidente della conglomerata Wanda nonché uomo più ricco di Cina, sarà costretto a cedere le proprie attività (da 132 miliardi di dollari) a dei manager professionisti. Il suo unico figlio Sicong non ha infatti alcuna intenzione di seguire le orme paterne; una scelta che lo accomuna a molti rampolli di tycoon cinesi. Secondo una ricerca dello scorso anno, solo il 40 per cento delle seconde generazioni è intenzionata ad ereditare le attività famigliari. Con spesso una formazione estera e più opportunità di scelta, la prole predilige il settore finanziario e ambisce a realizzare un’attività propria. Una tendenza che mette a rischio il settore privato, dove il 67 per cento dei 500 magnati cinesi più ricchi è ormai over 50.

Il peperoncino killer riaccende l’astio tra indonesiani e cinesi

L’arresto di quattro cinesi accusati di aver importato semi di peperoncino contaminati con un batterio pericoloso per le coltivazioni, ha riacceso il sopito odio per i cinesi, accusati di cospirare contro il paese del Sudest asiatico. Nel weekend la notizia è stata ripresa ampiamente dai media e social media indonesiani. «Non avevo mai realizzato che l’attacco della Cina contro il nostro paese avvenisse attraverso tanti canali. Droga, lavoratori illegali e adesso anche batteri del peperoncino», scrive @BoengParno. L’accaduto ha innescato la risposta dell’ambasciata cinese che si è detta molto preoccupata per i rumor circa l’intenzione della Cina di «distruggere l’Indonesia con armi biologiche». Sentimenti anticinesi non sono rari nel paese asiatico, dove anche in passato l’etnia cinese e il comunismo sono stati presi di mira. Più di recente, è stato il caso del governatore di Jakarta Purnama – di origine cinese e processato per blasfemia- ad aver ravvivato l’astio nei confronti dell’incombente vicino. 


Quasi 600 persone sono morte nelle prigioni indiane tra il 2010 e il 2015

I numeri emergono da un rapporto rilasciato oggi da Human Rights Watch (HRW), concentrato sopratutto su 17 decessi in cui la polizia non ha seguito le regolari procedure d’arresto. Per legge, ogni arrestato, oltre ad essere sottoposto a visite mediche, deve presenziare davanti a un magistrato entro le 24 ore. In 67 dei 97 casi registrati lo scorso anno, quest’iter non è stato rispettato o il sospettato è deceduto entro le 24 ore dal fermo. Ma, secondo HRW, nessun poliziotto è stato condannato per le morti.

Hyanghari: la prigione resort in cui alberga l’élite nordcoreana epurata

Non è cinta da filo spinato né controllata da torri di guardia. E’ la prigione di Hyanghari, in cui albergano i parenti epurati degli alti funzionari, Hyanghari come la seconda moglie e il fratello di Kim Il-sung, il presidente eterno, e probabilmente la zia dell’attuale leader Kim junior dopo che il marito è stato giustiziato, una purga insolita per un membro della famiglia-dinastia. Secondo quanto raccontato da alcuni disertori, qui le condizioni dei detenuti sono piuttosto soft, rispetto ai normali campi di lavoro. Secondo Greg Scarlatiou, di Human Rights in North Korea, sotto Kim Jong-un, le purghe hanno raggiunto un’importanza riscontrata soltanto ai tempi del nonno Kim Il-sung.