Quello del 2017 sarà il budget più imponente da decenni a questa parte per il comparto difesa di Tokyo. Ancora una volta, a preoccupare Tokyo è l’assertività cinese e il rischio dei missili nordcoreani. La spesa per la difesa crescerà ancora nel 2017, ha confermato questa settimana il governo giapponese. Secondo una fonte citata dall’agenzia di stampa Kyodo, il ministero della difesa presenterà un budget da 5,1 mila miliardi di yen (circa 40 miliardi di euro) per far fronte alle crescenti minacce alla sicurezza nazionale poste dall’assertività cinese intorno alle isole Senkaku-Diaoyu e dai lanci di missili da parte della Corea del Nord.
Il governo Abe ha impresso un’accelerazione sull’aumento della spesa militare avviata sotto l’amministrazione del Partito democratico (ora all’opposizione) nel 2011. Secondo quanto ricorda il quotidiano Mainichi Shimbun, il 2017 sarà il quinto anno consecutivo di crescita (+ 0,8 per cento rispetto al 2015-16).
A questo si aggiunge il costo del mantenimento sul suolo giapponese dei militari Usa di stanza nel paese arcipelago (in particolare l’affitto dei terreni occupati dalle strutture militari americane). Questa voce di spesa toccherà i 1,2 miliardi di euro a causa dell’impegno giapponese a sostenere finanziariamente il trasferimento di parte dei militari Usa da Okinawa — dove oggi si concentra la presenza militare Usa in Giappone — a Guam, nel Pacifico meridionale.
Oltre ai settori tradizionali della difesa, il governo giapponese punta ad investire anche in cybersicurezza e programmi spaziali. L’aumento della spesa militare è comunque in controtendenza, rispetto alla riduzione dei fondi allocati all’educazione e al welfare.
Riposizionamento
Cina e Corea del Nord sono i principali protagonisti nella narrativa sulle «minacce» al Giappone messa in campo dal governo. Negli scorsi giorni, Tokyo ha prima denunciato nuovi sforamenti di imbarcazioni cinesi in acque territoriali e dato via libera a nuove sanzioni contro la Corea del Nord. In realtà, però, il nuovo aumento della spesa militare rientra nel più ampio contesto del riposizionamento del Giappone sullo scacchiere internazionale. Al suo ritorno al potere nel 2012, il primo ministro Shinzo Abe aveva dichiarato il suo impegno per dare al suo paese un ruolo più attivo anche dal punto di vista militare. La costituzione giapponese all’articolo 9 ripudia infatti la guerra e concede il mantenimento di forze militari al solo scopo di autodifesa.
Tra 2014 e 2015, il governo ha però prima reinterpretato l’articolo per permettere azioni militari sulla base del diritto all’autodifesa collettiva — diritto sancito dalla Carta delle Nazioni Unite — e di conseguenza approvato emendamenti alle leggi di sicurezza che offrono più libertà d’azione ai militari giapponesi inviati all’estero in missioni di pace. Negli ultimi giorni, il governo ha fatto un passo ulteriore in direzione della «normalizzazione» del suo esercito dando l’ok, tra l’altro, alla partecipazione dei militari delle Forze di autodifesa (Sdf) impegnati in Sud Sudan a missioni di recupero e salvataggio di persone in difficoltà o prese in ostaggio da forze ostili.
Washington «più felice»
La presidenza Trump è destinata a favorire nuove svolte nell’atteggiamento strategico giapponese. A beneficiarne, scrive Quartz, non sarà solo la leadership nazionalista e conservatrice giapponese (i «falchi» come lo stesso Abe o la ministra della Difesa Tomomi Inada), ma tutta l’industria della difesa giapponese, dove dominano i grandi conglomerati industriali come Mitsubishi, Kawasaki (nei loro comparti «Heavy»), Hitachi e Tokyo Keiki. Queste, non a caso hanno visto balzare in alto le loro quotazioni in borsa all’indomani della vittoria di Donald Trump. In tutta la campagna elettorale Trump ha accusato il Giappone di «sfruttare» la protezione militare degli Usa per un vantaggio di tipo economico e minacciato di lasciare Tokyo a difendersi da sola in caso di vittoria elettorale. Se quest’ultima ipotesi è improbabile, rimane, scrive Grant Newsham su Asia Times, la via del potenziamento delle Sdf: «Gli Stati Uniti sarebbero felici se il Giappone migliorasse ancora le capacità della propria difesa e si prendesse carico di una parte maggiore della propria difesa nazionale, lavorando più da vicino con le forze Usa».
[Scritto per Eastonline]