Greater Kailash è uno dei quartieri della nuova borghesia delhese, grappoli di «gated communities» fatti di palazzetti a due o tre piani, mercati e viali a scacchiera alberati, nel centro di Delhi sud. Le indicazioni per raggiungere Delhi Rock, nella migliore delle tradizioni dell’orientamento urbano indiano, facevano riferimento a un gurudwara (tempio sikh) proprio al confine tra GK2 e Chittranjan Park, il quartiere bengalese di New Delhi, tra i più placidi e verdi della città. Precisamente «sotto» al luogo di culto, senza alcuna segnaletica dalla strada, si estende uno spazio enorme adibito a palestra per rock climbing, frutto della passione di Anuraag Tiwari, fondatore di Delhi Rock.Tiwari aveva incontrato il mondo dell’alpinismo a Seattle, negli Usa. Un amore a prima vista che, dopo essersi ritrasferito in India abbandonando una posizione di rilievo alla Microsoft, Tiwari ha tradotto prima in esperienza di volontariato e poi, nel 2014, nel proprio impiego full time, fondando la più nota struttura privata per arrampicatori a New Delhi.
Tiwari, in un’intervista telefonica, ci ha spiegato: «L’arrampicata a New Delhi è decisamente in ascesa. Delhi Rock si promuove principalmente attraverso i social network e il passaparola. La risposta della città è stata incoraggiante e ora si è formato un gruppo di persone per cui Delhi Rock è diventata una vera e propria casa: una piccola comunità di persone in gamba e con molta passione per ciò che fanno».
Le dimensioni della comunità Delhi Rock, 500 iscritti e abbonamenti mensili a partire da 3200 rupie (poco più di quaranta euro), possono sembrare esigue secondo la scala metrica subcontinentale, ma hanno il peso specifico enorme di un’avanguardia, dei pionieri che promuovono un’attività sportiva inusuale e semisconosciuta mentre, tutt’intorno, nelle città spuntano palestre col mito dell’idolo bollywoodiano pompato, la «salute» al servizio dell’acrilico attillato.
L’evoluzione naturale dell’arrampicata a Delhi porta alla scoperta dei gioielli alpinistici a poche ore di viaggio dalla capitale più inquinata della Terra: Uttarkhand, Himachal Pradesh e, più distante, il Kashmir, vantano alcune delle mete più spettacolari per l’alpinismo internazionale, destinazione prediletta degli appassionati di mezzo mondo e, piano piano, anche di quelli indiani. Sembrerà assurdo che un paese come l’India, che abbraccia la parte meridionale dell’Himalaya, abbia atteso che la passione per l’alpinismo e l’arrampicata facesse il giro del mondo e tornasse al punto di partenza come «moda occidentale». I piani, di certo, non erano questi.
A Darjeeling, Bengala occidentale a pochi chilometri dal gioiello himalayano del Sikkim, nel 1954 fu fondata il primo istituto di alpinismo in Asia, l’Himalayan Mountaneering Institute. La direzione dell’istituto fu affidata dal primo ministro indiano Jawaharlal Nehru allo sherpa di origini nepalesi Tenzing Norgay, una leggenda per gli appassionati di montagna indiani.
Norgay, solo un anno prima, assieme all’alpinista neozelandese Edmund Hillary, fu il primo uomo a conquistare la vetta del monte Everest, impresa immortalata in una foto che ritrae lo stesso Norgay con la sua piccozza puntata al cielo.
Il figlio di Norgay fondò sempre a Darjeeling il Tenzin Norgay Climbing Club per diffondere lo sport tra i giovani locali e tra gli allievi più brillanti, quasi per caso, arrivò un giovanissimo Ganesh Chhetri, oggi 33enne e tra gli istruttori in forze a Delhi Rock.
«Da piccolo non mi piaceva andare a scuola e andavo matto per qualsiasi sport: corsa, calcio, atletica, facevo di tutto» ci racconta Chhetri mentre un gruppo di bambini si prepara per la lezione base sotto lo sguardo apprensivo delle madri. «Un giorno ho visto dei ragazzi più grandi che si arrampicavano su queste pareti e mi son detto “Perché no?”. Ho iniziato a farmi insegnare da loro e dopo due mesi mi sono presentato alle selezioni nazionali. Arrivai primo».
Chhetri aveva 12 anni e fu l’inizio di una carriera professionistica di primo livello: campione nazionale di arrampicata nel 2000, 2001, 2002 e 2007, ha rappresentato l’India in diverse competizioni nazionali. Oggi è tra i «route setter» ufficiali dell’Indian Mountaneering Foundation e allena i giovani arrampicatori più promettenti del panorama indiano.
«In India abbiamo degli arrampicatori eccezionali ma le strutture sono decisamente carenti nel settore governativo. Diverse scuole hanno il proprio muro per l’arrampicata, grazie alle politiche di diffusione del Ministero dello Sport indiano, ma spesso le attrezzature sono vecchie, mancano gli insegnanti e i professionisti non usufruiscono di sponsor, non possono pagarsi allenamenti di livello né trasferte per confrontarsi spesso con arrampicatori più esperti non indiani».
In mancanza di uno sforzo significativo da parte delle organizzazioni governative, il futuro dell’arrampicata e dell’alpinismo è affidato oggi a iniziative private come Delhi Rock che possano aprire la strada per progetti più strutturati e fruttuosi.
«L’alpinismo in India è in fase di sviluppo. Abbiamo un grande potenziale ma la comunità, la preparazione, le attrezzature e l’accessibilità a prezzi ragionevoli qui in India sono ancora allo stadio iniziale. Questo non ci scoraggia, abbiamo l’occasione di fare la differenza» ha spiegato Tiwari. «Persone da tutto il mondo vengono in India per fare trekking e quindi penso che l’alpinismo e l’arrampicata siano delle evoluzioni naturali di una tendenza che già esiste. Hampi, ad esempio, è una meta nota ormai a livello mondiale e ha una fama che è stata costruita solo negli ultimi dieci anni. Pensiamo quindi che tutte le altre località indiane perfette per l’arrampicata e l’alpinismo possano emergere come mete internazionali nei prossimi anni, con l’aiuto di arrampicatori internazionali e filmmaker che sperimentino ciò che abbiamo qui e lo raccontino fuori».
[Scritto per il manifesto in movimento]