FreeVantablack – Pensieri dall’orizzonte degli eventi #1

In by Gabriele Battaglia

In due puntate, Alessandro Rolandi si domanda che senso abbia l’arte d’avanguardia quando la realtà è già avanguardia. Ne volete la prova? Basta dare un occhio alle creative strategie di sopravvivenza della Cina contemporanea. Sia analogiche, sia digitali. Visto che siamo in atmosfera millenarista, proviamo a fare un’ipotesi strampalata, ma forse non troppo, premettendo che il tono di ciò che segue sarà appunto volutamente esagerato: se a causa della velocità dei processi economici e di comunicazione e automazione, la vita avesse reso l’arte superflua, diventando così assurda, inafferrabile, imprevedibile, precaria, illogica, e “quantica”, da “diventare” più estrema e radicale di qualsiasi cosa l’arte contemporanea possa escogitare e così aderente a quello “spettacolo” contro cui Debord si era scagliato tanto tempo fa, dissolvendosi in esso. 

Proviamo a cercare qualcosa oltre l’arte per capire se l’arte può ancora fare qualcosa. L’avanguardia è una condizione spazio-temporale; dovrebbe situarsi là davanti, a scrutare l’orizzonte, come la contadina sulla scala nella foto/locandina dell’ultima biennale di architettura di Venezia, che, secondo il curatore Alejandro Aravena, stava cercando un punto di vista utile per guardare più in là nella vastità piatta della Pampa.

L’avanguardia oggi è questa contadina, perché è diventata la condizione e la posizione forzatamente creativa di chi deve tenere gli occhi fissi sull’orizzonte degli eventi solo per sopravvivere; l’avanguardia sono i milioni di migranti che attraversano le frontiere e il mare per sfuggire alla fame e alla guerra, inventandosi giorno per giorno quello successivo, senza sapere se ci arriveranno mai; l’avanguardia sono le bidonvilles africane e sudamericane et le «cités» parigine, i lavoratori migranti e le megalopoli cinesi, lo smog di Pechino e di Dehli, e tutti quelli che devono reagire ed inventare sempre più rapidamente per salvare la pelle dalle mosse di Monopoly delle grandi corporazioni, dai deliri dei governi fantoccio e dei venture capitalists di Silicon Valley che pianificano la tecnocrazia planetaria e la singolarità dell’intelligenza artificiale, correndo sull’autostrada dell’informazione, mentre si fanno una trasfusione con il sangue di una persona sotto i 30 anni per rendere immortale il corpo, allungato sulla macchina autoguidata, mentre la coscienza è ormai da tempo «updated in the cloud».

Per chi come noi vive in Cina, basta uscire nella strade; La Cina è il laboratorio creativo multitemporale e spazio-temporale di questo presente-centrifuga-buco nero in cui collassano sia il passato che l’avvenire; in cui ogni attesa è pericolosa e ogni continuità impossibile. E che malgrado ciò riesce a esistere e a resistere.

Quanta creatività necessaria e disperata c’è nel tenere assieme, oggi, un camion vecchio, sgangherato e puzzolente, talmente carico di cartoni, plastica, legno, immondizia o qualsiasi altra cosa, che il volume ne risulta triplicato, e la forma ed i colori sono tramutati in una presenza grottesca in cui la poesia ultima e violenta dell’immagine e la realtà senza tregua del principio economico (ogni elemento del carico vale qualche Renmimbi e viene scambiato per cibo, alloggio,etc) sono così intrecciate tra loro, così viscerali, che se ci mettiamo anche solo a pensarne la tensione, il tutto diventa insostenibile

Se volessimo dare anche a queste attività di soppravvivenza una definizione «cool» anglosassone, dato che ci sono i commodity traders, potremmo chiamare costoro gli «entropy-waste traders»: quelli che raccolgono e riciclano il risultato fisico, visibile e materiale dello scarto entropico prodotto dalle operazioni algoritmiche a velocità prossima a quella della luce. A me piace immaginare, con un certo cinismo, che ogni volta che qualcuno come Soros manda una email, il risultato tangibile (opposto a quello intangibile della transazione ad alta frequenza del capitale numerico), l’immagine che serve da verifica del processo, siano proprio centinai di migliaia di questi camion grotteschi e dei loro conduttori che impersonano l’equivalente speculare e analogico: i traders del leftover entropico.

Perchè dico questo? Che c’entra con l’arte?
C’entra perchè tutte queste immagini sono così paradossali, simulate e vere allo stesso tempo, che diventa quasi impossibile per l’arte esprimere qualcosa che sia così forte e soprattutto sincronizzato, da essere ancora significativo al di fuori del contesto autoreferenziale. C’entra con l’arte, poi, perché in un modo o nell’altro abbiamo sempre avuto fiducia nel fatto che l’arte riuscisse a sfuggire, a nascondersi, a trasformarsi, a negarsi pur di non accettare e di non sottomettersi allo status quo; ma, oggi, invece di provare ad anticipare, sembra che annaspi nel tentativo verboso di imparare come si fa ad anticipare. E non si può «studiare» come anticipare: per farlo, bisogna tenere la mano appoggiata sul fianco del giocatore che devi marcare nella pallacanestro e «sentire» l’impulso che sta arrivando ai muscoli un millisecondo prima di quando incominceranno a muoversi.

Per anticipare devi stare in contatto con la realtà e la realtà oggi è troppo rapida, non si sedimenta, non crea contenuto, non semina nulla, ma si esaurisce nel contesto.
Se la stai seguendo online, la studi con la teoria critica in un college o stai preparando un’opera che la descrive, sei già in ritardo: la tua opera è solo un comment (un like o un dislike) su un istante (non sul passato e non sul presente e tanto meno sul futuro). A chi interessa il commento su un istante? A che cosa serve?
Perché bisognerebbe farlo con un’opera d’arte quando basta un like o uno share su un social media, a dispetto della differenza di materialità?

Ultimamente ad esempio, assieme ad alcuni amici abbiamo notato una forma di espressione così interessante e sconcertante nata nell’internet cinese: il fenomeno delle applicazioni in linea in cui le persone condividono in tempo reale la loro vita quotidiana, generalmente da casa, senza che ci sia alcun filo conduttore, alcuna tematica specifica o servizi definiti.

La scoperta di questa forma di comunicazione in cui chiunque (anche se ci sono già agenti e agenzie di scouting per selezionare i profili più «cool» e gestirne la popolarità, la portata del fenomeno garantisce almeno ancora per qualche tempo una varietà incredibile di tipi umani in linea per ore) racconta se stesso ininterrottamente a milioni di sconosciuti in diretta, ci ha lasciato sconcertati: ci sembra che nulla riesca ad essere più avanguardista di questa situazione: forse quel poco di luce che sfugge al buco nero ed è visibile sull’orizzonte degli eventi è qui.

1.Continua venerdì 18 novembre

FreeVantablack è la rubrica sull’arte di China Files, a cura di Alessandro Rolandi. Ogni due settimane, una mostra, un’installazione, una performance o anche solo uno spunto dall’ampio e variegato mondo dell’arte cinese saranno vivisezionati dall’occhio critico e iconoclasta del nostro artista/critico preferito. «Vantablack è un colore nero realizzato con strutture di nanotecnologia, che assorbe la luce in percentuale altissima, rendendo ogni cosa che ne sia ricoperta quasi completamente bidimensionale all’occhio dell’osservatore. Qualche mese fa, il famoso artista inglese di origine indiana Anish Kapoor ha acquistato i diritti d’autore per l’uso artistico del vantablack, rendendolo inaccessibile a chiunque, pena multe e processi, senza il suo consenso o senza che lui ne ricavi un profitto. Essendo questa una delle azioni più inutili e assurde che siano mai accadute, mi è sembrato giusto chiamare una rubrica d’arte con questo nome, per ricordare che la creatività e le idee non dovrebbero mai e in nessun modo essere censurate, o limitate, né dalla violenza degli organismi autoritari, né da quella più dissimulata, ma non per questo meno oppressiva, della celebrità e degli strumenti legali ed economici.» [A.R.] 
 
*Alessandro Rolandi ha studiato chimica, teatro sperimentale, cinematografia e storia dell’arte. Vive a Pechino dal 2003 dove lavora come artista multimediale e performativo, regista, curatore, ricercatore, scrittore e docente. Il suo lavoro si concentra sull’intervento sociale e le dinamiche relazionali, con lo scopo di ampliare la nozione di arte oltre le strutture, gli spazi e le gerarchie esistenti, attraverso l’impegno diretto con la realtà, in diversi modi. Ha fondato il Social Sensibility Research & Development Department di Bernard Controls Asia e collabora regolarmente con diverse riviste e siti: Hyperallergic, Randian, Asialyst.