I titoli della rassegna di oggi:
– Scontri e nuovi arresti a Wukan
– Washington e Pechino si rinfacciano la responsabilità della situazione in Corea del Nord
– Duterte chiede agli Usa di richiamare i soldati da Mindanao
– Attivista lgbt cinese contro i libri di testo che descrivono l’omosessualità come una malattia mentale
– Proteste violente in Karnataka per il fiume Cauvery al confine col Tamil NaduScontri e nuovi arresti a Wukan
Questa mattina gli abitanti di Wukan si sono scontrati con la polizia, in seguito all’arresto di 19 persone accusate di «disturbo della quiete pubblica». Il Scmp racconta di lanci di pietre contro gli agenti e cariche con manganelli e lacrimogeni, scene piuttosto inusuali nella Repubblica popolare cinese. Il villaggio era salito agli onori della cronaca per la lotta contro le demolizioni forzate di qualche anno fa e l’esperimento di «democrazia» condotto dalla comunità locale. Lin Zuluan (nella foto), leader del villaggio a capo delle proteste contro gli espropri, era stato arrestato nel mese di giugno. La settimana scorsa è stato condannato a una pena detentiva, dopo aver confessato il proprio reato di corruzione. Gli abitanti di Wukan, da allora, protestano per quella che somiglia a una «confessione forzata».
Washington e Pechino si rinfacciano la responsabilità della situazione in Corea del Nord
In seguito al quinto test nucleare condotto da Pyongyang, tra Stati Uniti e Cina è partito uno scambio di accuse reciproco sul caso nordocoreano. Washington, qualche giorno fa, aveva accusato Pechino di «fare troppo poco» per contenere le ambizioni nucleari di Pyongyang e spingere per una denuclearizzazione dell’area, rifiutandosi di far valere i legami storici e politici che legano la Cina alla Corea del Nord.
A stretto giro è arrivata la risposta cinese, attraverso una dichiarazione del portavoce degli esteri Hua Chunying: «Il nocciolo della questione è il conflitto tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord. Sono gli Stati Uniti che dovrebbero riflettere sul perché la situazione sia quella che vediamo oggi, e dovrebbero fornire una soluzione efficace. […] Gli Stati Uniti devono prendersi le proprie responsabilità».
Duterte chiede agli Usa di richiamare i soldati da Mindanao
Il presidente filippino, alle prese con una guerra senza esclusione di colpi contro il narcotraffico e l’estremismo islamico nel paese, ha chiesto che le truppe statunitensi di stanza nell’isola di Mindanao vengano richiamate in patria, tutelandole dal rischio di essere prese in ostaggio dai miliziani di Abu Sayyaf, comandante di una cellula estremista legata a Isis. «Non voglio uno scontro con gli Stati Uniti, ma le truppe se ne devono andare» ha intimato Duterte, spiegando che i soldati americani sono un obiettivo strategico per la cellula di Sayyaf e che gli estremisti non esiteranno a «prenderli in ostaggio e ammazzarli sul serio».
Il commento arriva in seguito a uno scontro verbale tra Duterte e il presidente statunitense Barack Obama: il primo pare abbia date del «figlio di puttana» al secondo, salvo ritrattare sostenendo che l’insulto fosse diretto alla stampa.
Attivista lgbt cinese contro i libri di testo che descrivono l’omosessualità come una malattia mentale
Qiu Bai, 21 anni, studentessa di comunicazione alla Sun Yat Tsen University di Guangzhou, nella giornata si è presentata in tribunale per la prima udienza di un procedimento aperto contro il ministero dell’educazione cinese, accusandolo di non aver ritirato una serie di libri di testo che ancora descrivono l’omosessualità come una «malattia». L’omosessualità, in Cina, è stata depennata dalla lista di malattie mentali dal 2001, ma ciò nonostante, secondo una ricerca condotta dal Gay and Lesbian Campus Association, il 40 per cento dei libri di testo stampati tra il 2001 e il 2014 ancora la descrive come una patologia.
I diversi reclami indirizzati da Qiu al ministero negli anni sono rimasti inevasi e ieri, secondo Reuters, del ministero dell’educazione al tribunale non si è presentato nessuno. Il fatto che un procedimento simile sia arrivato fino ai giudici segna già una vittoria per il movimento lgbt cinese, che negli ultimi anni sta conducendo una battaglia a tutto campo per vedere riconosciuti i propri diritti davanti alla legge cinese.
Proteste violente in Karnataka per il fiume Cauvery al confine col Tamil Nadu
Un morto, decine di feriti e almeno cinquanta autobus in fiamme. Questo il bilancio parziale delle proteste violente registrate nello stato meridionale del Karnataka per uno scontro tra comunità locale e governo centrale che dura ormai da decenni. Pietra dello scandalo è una legge di epoca imperiale che prevede l’utilizzo delle acque del fiume Cauvery, che scorre attraverso tra Karnataka e Tamil Nadu, secondo una ripartizione che, per gli abitanti del Karnataka, favorirebbe il Tamil Nadu. Le violenze sono esplose al culmine della stagione dei monsoni che, contrariamente alle previsioni, è stata poco piovosa, costringendo il governo locale ad attingere alle riserve d’acqua del fiume Cauvery, già carenti. La settimana scorsa la Corte suprema aveva dato ordine al governo locale del Karnataka di rilasciare 15000 cusec (piede al cubo / sec) verso il Tamil Nadu, facendo esplodere le proteste nello stato che percepisce la ripartizione delle risorse acquee come un’ingiustizia nei propri confronti.