Le grandi banche cinesi lanciano allarmi sugli utili e sono alla ricerca di soluzioni per contenere i costi. La ricetta adottata è anche quelle dei licenziamenti. I tagli al personale hanno riguardato migliaia di dipendenti. Ma essendo i grandi istituti controllati dallo Stato soltanto in pochi chiamano le cose con il loro nome. Cambiano le definizioni ma la sostanza è la stessa: le banche cinesi stanno licenziando. L’unica a mettere le cose in chiaro è la Industrial and Commercial Bank of China, che per giustificare gli oltre 7.600 dipendenti lasciati a casa parla senza giri di parole di «controllo dei costi». Gli altri colossi del credito cinese fanno invece ricorso a espressioni quali «riforma delle risorse umane» oppure scrivono di «aggiustamenti strutturali». Ma d’altra parte si tratta di banche controllate dallo Stato per il cui management, ricorda il South China Morning Post, sarebbe difficile definire semplicemente esuberi i dipendenti, costantemente in aumento. Un fenomeno che riguarda indistintamente tutte le 16 banche quotate, il cui personale alla fine dello scorso anno aveva superato gli 1,8 milioni di lavoratori.
A fine agosto quattro dei cinque principali istituti del Paese avevano paventato difficoltà negli utili per il secondo semestre dell’anno. La stessa Industrial and Commercial Bank of China, Bank of China (BoC), la Agricultural Bank e la Bank of Communications (BoCom) hanno messo in guardia sui possibili contraccolpi del rallentamento dell’economia cinese sui risultati di fine 2016. Nei primi sei mesi dell’anno gli utili delle grandi banche cinesi sono stati piatti: +0,8% per la AgriBank e Icbc, +0,9% per BoCom, +1,1% per la China Construction Bank e +2,5% per Bank of China. Il sistema deve inoltre fare i conti con l’aumento dei crediti deteriorati in pancia agli istituti, la cui mole continua a crescere anche se a giugno tale espansione ha dato segnali di franata. Infine ci sono i rischi per il credito ombra erogato dagli stessi istituti attraverso sistemi fuori bilancio.
Una recente elaborazione della Reuters stima una crescita del 14% nel primo semestre del 2016, per un totale di 190 miliardi di dollari, e secondo una stima di Fitch almeno un terzo dei prestiti sarebbe stato erogato fuori bilancio, il che inficia la qualità dei dati e rischia di far crescere il già alto ammontare dei non performig loan. Anche per questo la scorsa primavera l’autorità di vigilanza sul sistema bancario aveva emanato una nota che esortava le banche a monitorare con maggiore puntualità i prestiti ombra.
In questo contesto i cinque colossi di Stato hanno ridotto il personale di oltre 22 mila dipendenti. La Bank of China ha tagliato 6.881 posti, portando il totale dei dipendenti a poco più di 303 mila. Una riduzione in linea con quella della Ccb, che ha licenziato 6.721 impiegati e lavoratori. La Agricultural Bank ha tagliato 4.023 posti, scendendo così a circa 499 mila dipendenti mentre l’intervento più drastico è stato quello della Icbc: 7.635 licenziamenti. Le banche più piccole hanno seguito approcci diversi. Alcune, spiega ancora il Scmp, hanno fatto ricorso ai licenziamenti come la China Merchants Bank, che ha risparmiato il 2,8% in costi sul personale riducendolo di 7.768 posti. I risparmi per Minsheng Bank sono stati invece del 22%, sfruttando però un meccanismo diverso: ha diviso quasi a metà il salario tra una parte fissa e una basata sui risultati.
[Scritto per MF – Milano Finanza]