In Cina e Asia – Agli arresti il leader di Wukan

In by Gabriele Battaglia

I titoli della rassegna di oggi:

– Agli arresti il leader di Wukan
– Il refuso su Xi costa caro a Tencent
– Il rito del Panchen Lama
– Il nuovo impianto secreto del programma nucleare nordcoreano
– L’Indonesia contro il tribunale popolare dell’Aja Agli arresti il leader di Wukan

Il leader della protesta popolare che nel 2012 a Wukan sfidò il potere del Partito comunista è stato arrestato con l’accusa di corruzione. Già da un mese Lin Zulian era in stato di fermo per presunte mazzette incassate in alcuni contratti pubblici. Nel 2012 Lin riuscì a farsi eleggere capovillaggio nelle elezioni ottenute dai cittadini dopo giorni e giorni di protesta contro la svendita dei terreni, che avevano costretto il Pcc a un confronto diretto con gli abitanti di Wukan, villaggio di pescatori nella ricca provincia meridionale del Guangdong. Ancora una volta la vicenda di Lin è legata alla concessione delle terre. Prima del fermo il capovillaggio avrebbe dovuto guidare una protesta contro la svendita agli immobiliaristi locali.

Il refuso su Xi costa caro a Tencent

Un refuso che costa caro al colosso tecnologico Tencent e al suo dipartimento per l’informazione. La società è infatti nel mirino dell’amministrazione per il Cyberspazio per colpa di un errore in una notizia sul presidente Xi Jinping. Invece di parlare dell’«importante discorso» tenuto dal capo di Stato lo scorso primo luglio in occasione dell’anniversario della fondazione del Partito comunista, il redattore ha fatto riferimento a un «discorso furibondo».

Il refuso può essere spiegato con l’omofonia nella pronuncia dei due caratteri che ha portato all’errore. Quello che all’apparenza è stato un semplice refuso ha scatenato una serie di riunioni d’emergenza tra gli organismi di propaganda.

Non è la prima volta che accade negli ultimi mesi. Ad esempio lo scorso anno l’agenzia Xinhua, per colpa di un refuso simile, arrivò a scrivere che il presidente si stava per dimettere. I dietrologi leggono questi incidenti nel più ampio quadro delle lotte interne al Pcc. Per il momento però, le sanzioni rientrano invece nella stretta impressa sull’informazione e sulle notizie, soprattutto online

Il rito del Panchen Lama

Per la prima volta in 50 anni il Panchen Lama, seconda più alta autorità del buddhismo tibetano, ha officio il rituale del Kalachakra. L’attuale Panchen Lama, Gyaltsen Norbu, fu scelto nel 1995 da Pechino, con l’obiettivo di conquistare la fiducia dei tibetani, mentre il bambino prescelto dal Dalai Lama fu prelevato dai cinesi.

La presenza del leader spirituale al rito celebrato nella regione autonomia del Tibet è considerato una strategia di Pechino per imporre l’autorità del giovane sui fedeli. Una politica contesta dai gruppi tibetani in esilio che contestano la legittimità di Gyaltsen Norbu.

Il nuovo impianto secreto del programma nucleare nordcoreano

L’Institute for Science and International Security avrebbe individuato una nuova struttura utilizzata dal regime nordcoreano per l’arricchimento dell’uranio, nell’ambito del proprio programma di armamento nucleare. Lo rivela la Reuters, citando uno studio dello stesso centro studi statunitense.

Se l’esistenza dell’impianto dovesse essere confermata sarebbe da tenere in considerazione per ogni futuro accordo sul nucleare nordcoreano. La struttura è distante 43 chilometri dal complesso atomico di Yongbyon, fondamentale per l’arricchimento dell’uranio. Secondo quanto rivelato, alcune centrifughe sarebbe in realtà celate all’interno di una fabbrica per la costruzione di componenti di aerei.

Intanto mentre Pyongyang prosegue con le provocazioni e il lancio di missili, i dati della Bank of Corea, l’istituto centrale del Sud, rilevano una contrazione del pil nordcoreano per la prima volta dal 2010. L’economia del Nord è scesa del 1,1% contro la crescita attorno all’1 del 2014.

L’Indonesia contro il tribunale popolare dell’Aja

Il governo indonesiano ha bocciato il verdetto con cui un tribunale popolare all’Aja ha riconosciuto Giacarta colpevole di crimini contro l’umanità per i massacri compiuti nel 1965-1966 durante il golpe di Suharto. La corta informale era formata da giuristi internazionali, sebbene il verdetto non abbia validità resta l’importanza simbolica della sentenza.

Tant’è che il ministro per la Sicurezza, Luhut Panjaitan, si è schierato contro la pronuncia rimarcando che non spetta ad altri indagare sulle vicende interne al Paese. Sulla stessa linea l’intervento del ministro degli Esteri, che ha rimarcato come il tribunale non abbia basi legali. La vicenda tocca comunque un nervo scoperto della storia indonesiana.

Durante il putsch contro il presidente Sukarno e nelle successive purge anti-comuniste furono sterminate almeno 400mila persone. Il presidente indonesiano Joko Widodo ha a suo tempo fatto apertura su un possibile dibattito nazionale riguardo le uccisioni di massa, scartando comunque l’ipotesi di scuse formali per colpe dei governi passati.