L’attacco terroristico alla Holey Artisan Bakery di Gulshan, quartiere diplomatico di Dhaka, ha richiamato l’attenzione del mondo sul Bangladesh, come non accadeva dai tempi della tragedia del Rana Plaza. Anche in Giappone, il paese più colpito dopo l’Italia in termini di vittime, c’è una rinnovata attenzione nei confronti del paese del subcontinente e, in generale, per la politica estera di Tokyo. Tutte le vittime giapponesi dell’attacco erano infatti impiegate in progetti di aiuto infrastrutturale della Japan International Cooperation Agency (JICA) nella capitale Dhaka.
Il Bangladesh è uno dei principali beneficiari degli aiuti pubblici allo sviluppo giapponesi in Asia meridionale dopo l’India. Il Giappone è il quarto più grande paese donatore dell’area Ocse e primo donatore bilaterale del paese subcontinentale. La cooperazione economica tra i due paesi è stata riaffermata pochi giorni prima della strage di Gulshan, il 29 giugno, quando rappresentanti della Japan International Cooperation Agency (JICA) e del governo di Dhaka hanno firmato un accordo da oltre 170 miliardi di yen (circa 1,5 miliardi di euro) in crediti d’aiuto per sei progetti infrastrutturali e di prevenzione dei disastri naturali.
In particolare, JICA si è impegnata a lavorare con le autorità bangladesi per soddisfare la richiesta di reti di energia elettrica e di trasporto nel paese. JICA assisterà la costruzione di una centrale a carbone di ultima generazione nella regione di Chittagong, Bangladesh sudoccidentale; contribuirà al piano di sviluppo di una rete di autostrade e ponti per la creazione di un’Autostrada asiatica in grado di connettere il Bangladesh al resto della maxi-regione dell’Asia-Pacifico; e fornirà assistenza per la costruzione della rete ferroviaria metropolitana di Dhaka, dove il sovrappopolamento — la Greater Dhaka Area conta circa 17 milioni di persone, con una densità di oltre 45mila persone per km quadrato — e l’assenza di reti stradali e trasporti pubblici creano cronici problemi di traffico e inquinamento atmosferico.
Inoltre, nell’occasione, JICA ha annunciato il suo impegno per lo sviluppo delle capacità di risposta ai disastri naturali. Anche a causa del rapido sviluppo urbano, il Bangladesh è sempre più vulnerabile a cicloni e inondazioni.
Come in altri paesi beneficiari degli aiuti giapponesi, come India e Vietnam, anche in Bangladesh c’è un legame stretto tra la politica estera di Tokyo e le politiche di investimento delle aziende manifatturiere giapponesi. Nel 2015 il governo giapponese ha rilanciato le sue politiche di cooperazione sottolineando la loro funzione strategica a tutela della «ragion di stato». Una categoria, questa, piuttusto elastica, che oltre alla sicurezza del paese in senso stretto, comprende anche la certezza dell’approvvigionamento di materie prime, di basi manifatturiere all’estero e di mercati per i prodotti made in Japan. Anche il comunicato della JICA seguito all’accordo con il Bangladesh lo specificava: il paese subcontinentale, «ha, negli ultimi anni, attratto crescente attenzione da parte di aziende internazionali, comprese quelle giapponesi, per il basso costo della manodopera, un’abbondante forza lavoro e un potenziale mercato, come base manifatturiera e destinazione di investimenti ideale».
Negli ultimi anni è stato il settore tessile a trainare lo sviluppo del paese. Tra i grandi nomi dell’abbigliamento — come Nike, Adidas, Puma e H&M — c’è anche la giapponese Fast Retailing-Uniqlo, che qui ha uno dei suoi principali hub produttivi.
Gli eventi del 2 luglio hanno portato l’opinione pubblica e soprattutto i responsabili della politica estera di Tokyo a interrogarsi su come proteggere gli operatori della cooperazione internazionale all’estero — e quindi l’interesse nazionale —, nella settimana che precede elezioni decisive per i piani di riforma costituzionale in materia di sicurezza del primo ministro Shinzo Abe. Prima di Gulshan, un altro cooperante giapponese, Kunio Hoshi, era stato ucciso in Bangladesh.
Il ministero degli Esteri giapponese ha così annunciato questa settimana la creazione di un comitato per la sicurezza degli aiuti allo sviluppo interna al ministero. Politiche concrete saranno annunciate ad agosto. Ma la direzione sembra chiara e coerente le nuove leggi di sicurezza: l’invio di militari all’estero a protezione di cittadini giapponesi impegnati all’estero in paesi considerati a rischio.
[Scritto per East online]