I titoli della rassegna di oggi:
– L’economia cinese cresce più del previsto
– Rivista cinese pronta a fare causa contro il ministero della cultura
– C’è il rischio di nuove città fantasma
– Pyongyang nella black list europea sul riciclaggio
– La Thailandia restringe la libertà di stampa
L’economia cinese cresce più del previsto
L’economia cinese ha battuto le attese nel quarto trimestre dell’anno. L’espansione del pil è stata del 6,7 per cento, leggermente superiore al consenso che la dava attorno al 6,6. Si tratta comunque del peggior trimestre dal 2009 e rimangono segnali di rischio. Ad esempio frenano gli investimenti immobiliare i cui effetti sul settori come l’acciaio e il cemento avevano contribuito alla crescita. Rallentano anche gli investimenti dei privati. Assieme alle incertezza per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, il passo meno svelto della Cina è quindi una delle incognite a livello globale.
Tuttavia il risultato del trimestre indica anche l’efficacia delle misure di stimolo prese dal governo. Da novembre del 2014 la banca centrale cinese ha tagliato per sei volte i tassi di interesse e non è escluso che entro la fine dell’anno possa arrivare un sesto intervento per favorire l’economia.
Rivista cinese pronta a fare causa contro il ministero della cultura
Yanhuang Chunqiu, rivista cinese spesso critica verso il Partito comunista, è pronta a fare causa all’accademia del ministero della Cultura che controlla il giornale, per contestare la rimozione di uno degli editori e cambi nella redazione. Spesso e volentieri il magazine ha messo in discussione la versione ufficiale della storia data dal Pcc. Questa volta in dipendenti hanno messo in discussione le mosse manageriali, contestando l’autorità dell’Accademia nazionale delle Arti nella gestione della rivista e paventando l’ipotesi di non far uscire l’edizione di agosto. Nel muro contro muro pesa soprattutto la rimozione di Du Daozheng, autore rispettato e già assistente del deposto segretario del Pcc, Zhao Ziyang
Il rischio di nuove città fantasma
I piani di sviluppo urbanistico del governo con la creazione di 3.500 nuove aree economiche e residenziali rischia di rivelarsi una nuova bolla che porterà alla nascita di nuove città fantasma. A conti fatti il rischio è dato dalla demografia, scrive il South China Morning Post. Le nuove aree potranno ospitare 3,4 miliardi di persone, oltre il doppio dell’attuale popolazione cinese.
Molte medie e piccole città puntano a raddoppiare la popolazione tra il 2020 e il 2030, facendo leva sui piani governativi che fanno dell’urbanizzazione uno dei cardini della crescita dei prossimi anni per favorire i consumi. Tuttavia questi progetti si scontrano con la demografia cinese. Le previsioni danno un rallentamento della popolazione e gli effetti di riforme, come l’abolizione della legge sul figlio unico dovranno ancora fare sentire i propri effetti.
Pyongyang nella black list europea sul riciclaggio
Non soltanto Brexit o i timori sulla tenuta delle banche, anche la Corea del Nord a suo modo è considerata un rischio per il sistema finanziario europeo. Il regime è stato ufficialmente inserito nella lista nera della Commissione europea dei Paesi che favoriscono il riciclaggio di denaro e pertanto vanno posti sotto sorveglianza finanziaria. Questo vuol dire che ad esempio serviranno controlli aggiuntivi su operazioni svolte presso alcune banche.
Già lo scorso 1 luglio gli Stati Uniti avevano rilevato i rischi legati al riciclaggio nordcoreano e deciso di affrontare il tema in base al Patriot Act, applicando ulteriori misure finanziarie per isolare il regime già sotto sanzioni internazionali, rafforzate in risposta ai test atomico e balistico dello scorso inverno.
La Thailandia restringe la libertà di stampa
In vista della referendum costituzionale del mese prossimo la giunta golpista al governo in Thailandia ha deciso di restringere ulteriormente gli spazi di dissenso. L’autorità per le telecomunicazioni ha dato il via libera alla chiusura di radio e televisioni considerate una minaccia alla sicurezza nazionale. Il governo si era già mosso per evitare che il voto possa avere esiti sgraditi, stabilendo ad esempio pene fino a 10 anni di carcere contro campagne inappropriate.
L’autorità si potrà muovere contro le radio e le tv accusate di fomentare disordini, di diffamare la monarchia, di criticare la junta con mali intenti, di diffondere segreti di stato. Le emittenti potranno comunque provare a chiedere risarcimenti al governo. Intanto il mese scorso almeno sette attivisti sono stati arrestati per aver fatto campagna contro la bozza di riforma.