I titoli della rassegna di oggi:
– Lady Gaga bandita dalla Cina
– Giornalista liberale cinese costretto a chiedere scusa per «revisionismo storico»
– Il business delle conchiglie mette a rischio il Mar cinese meridionale
– Guerre stellari con caratteristiche cinesi
– Decolla l’Immigrazione clandestina cinese dal Messico agli Stati Uniti
– Una regina per il sultanato di Yogyakarta Lady Gaga bandita dalla Cina
Ad aver istigato il pugno di ferro di Pechino, l’incontro tra la pop star e il Dalai Lama avvenuto domenica a Indianapolis, in occasione della United States Conference of Mayors. Secondo quanto riporta il quotidiano di Hong Kong Apple Daily, a seguito dell’incontro – pubblicizzato da Lady Gaga stessa sui social – il Partito comunista ha diramato «un’istruzione importante» che vieta tutto il repertorio della cantante nella Cina continentale.
Ai siti web cinesi e a tutti i media è stato ordinato di bloccare l’uploading e la distribuzione delle sue canzoni, mentre alle agenzie di stampa statali è stato chiesto di condannare senza mezzi termini il meeting.
Invitato a confermare le indiscrezioni, martedì il portavoce del ministero degli esteri ha risposto in conferenza stampa che «basta guardare i siti web per vedere quanto l’incontro ha fatto arrabbiare i netizen cinesi». Pechino considera il leader tibetano un separatista e già in passato ha provveduto a bannare star «pro Tibet» come Maroon 5, Bjork e Oasis.
Giornalista liberale cinese costretto a chiedere scusa per «revisionismo storico»
Entro tre giorni Hong Zhenkuai, ex editor del liberale Yanhuang Chunqiu, dovrà chiedere scusa per aver contestato la ricostruzione di una delle pagine più gloriose della resistenza cinese contro il Giappone. È quanto ha stabilito lunedì il tribunale del distretto Xicheng di Pechino, senza tuttavia chiarire a cosa andrebbe incontro l’uomo in caso di inadempimento.
L’episodio in questione è quello dei «cinque guerrieri del monte Langyang» – che la storiografia ufficiale asserisce preferirono gettarsi da una rupe piuttosto che arrendersi al nemico – celebrata dalla propaganda di Partito e nei libri di scuola. La corte spiega che le obiezioni sollevate nel 2013 sulle colonne del Yanhuang Chunqiu mettendo in dubbio l’accuratezza dei fatti infangano la reputazione degli eroi comunisti, feriscono i loro figli e tutto il popolo cinese.
Da quando Xi Jinping è diventato presidente, nuove restrizioni hanno colpito la libertà di espressione e di stampa. Lo stesso Yanhuang Chunqiu, un tempo magazine di punta della politica cinese, negli ultimi anni è finito nel mirino delle autorità per le sue posizioni liberali.
Il business delle conchiglie mette a rischio il Mar cinese meridionale
La passione dei cinesi per l’oggettistica di lusso ricavata dalle conchiglie mette a rischio l’ecosistema del Mar cinese meridionale, ma rafforza la sovranità cinese nelle acque contese. Nonostante lo scorso anno le autorità abbiano vietato la pesca di conchiglie giganti, la cittadina di Tanmen, sull’isola tropicale di Hainan, è costellata di negozietti specializzati in prodotti ricavati dalla lavorazione delle conchiglie: ben 460 rispetto ai soli 15 del 2012. Si tratta di un’industria che ha letteralmente rivoluzionato la vita del piccolo villaggio di pescatori: oggi sono 100mila le persone coinvolte nella lavorazione delle conchiglie giganti – il cui prezzo è aumentato 40 volte rispetto a cinque anni fa.
Un business che se da una parte fa bene all’economia locale, dall’altra danneggia gravemente le scogliere e i fondali marini. L’allarme degli scienziati non è bastato comunque a fermare le attività dei pescatori locali, che Pechino considera strumentali alle proprie rivendicazioni sulle isole del Mar cinese.
Guerre stellari con caratteristiche cinesi
Sabato il razzo Long March 7 ha messo in orbita un piccolo vettore che, munito di un braccio meccanico, dovrebbe ripulire lo spazio dei detriti artificiali, ma che alcuni esperti dicono potrebbe essere utilizzato in tempi di guerra come arma antisatellite. Quest’anno la Cina ha in programma di lanciare il numero record di 20 missioni spaziali. Pechino prevede di inviare astronauti sulla Luna entro il 2036.
Nel 2003, il gigante asiatico è diventato il terzo paese a effettuare un volo spaziale umano dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, mentre alla fine del 2013 ha completato il primo allunaggio morbido dal 1976 nell’ambito della missione Chang’e-3. E il prossimo traguardo potrebbe essere Marte.
Ogni anno la Cina investe tra i 2 e 3 miliardi di dollari, con una buona fetta destinata allo sviluppo di tecnologia antisatellite. Un trend che impensierisce non poco Washington il quale affida proprio ai satelliti buona parte del lavoro di intelligence e di comunicazione.
Decolla l’Immigrazione clandestina cinese dal Messico agli Stati Uniti
Secondo i dati della U.S. Customs and Border Protection, dallo scorso ottobre a maggio 663 cinesi hanno tentato di passare illegalmente la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti, all’altezza di San Diego, California. Nei precedenti 12 mesi erano stati solo 48. In realtà, spiegano gli esperti, il numero di cinesi «catturati» a San Diego rappresenta soltanto un assaggio delle centinaia di migliaia di cinesi che risiedono illegalmente negli Usa. Il problema è storico e risale al 1882, quando una legge statunitense vietò la migrazione della manodopera cinese per sei decenni – un divieto che alcuni migranti hanno aggirato con l’ausilio di network mercantili transnazionali e associazioni presenti nelle città natali cinesi.
Da allora si sono registrati un’infinità di casi di cinesi trasportati negli Stati Uniti illegalmente sulle navi, sui treni, nascosti nelle auto, sugli aerei ecc. «I cinesi sono stati tra i primi a inventare questi espedienti per eludere il controllo alla frontiera» ha dichiarato a Voice of America Elliot Young, autore di Aline Nation, che spiega che chi non ha la possibilità di sfruttare il visto turistico continua a utilizzare tali metodi tutt’oggi.
Quest’anno il Dipartimento di Stato Usa ha limitato il numero dei visti per lavoro o per motivi famigliari a 25.620 per ogni singolo paese. Al momento le richieste di cinesi ammontano a un totale di 260.265.
Una regina per il sultanato di Yogyakarta
Il musulmano e conservatore sultanato di Yogyakarta, sull’isola di Java, rischia di estinguersi o anche «peggio» di finire in mano a una donna. In mancanza di eredi maschi, lo scorso anno il sultano Hamengku Buwono, al potere da 27 anni, ha promosso la figlia al ruolo di Gusti Kanjeng Ratu Mangkubumi, primo passo verso il trono. La mossa ha indispettito buona parte della famiglia reale, che ritiene disdicevole una successione al femminile, anche per motivi pratici dal momento che una donna non può presenziare a molte delle cerimonie tenute nelle moschee.
Il dibattito che sta squassando la famiglia reale vede ormai Hamengku Buwono perdere il 90 per cento dei consensi. Ma se per Yogyakarta l’ascesa di un monarca donna rappresenta una grave rottura con la tradizione, in realtà, per l’Indonesia non sarebbe del tutto una novità; anticamente, quando la religione islamica era minoritaria e vi erano ancora regni buddhisti e hindu, spesso erano proprio le donne a governare.
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