Yoichi Masuzoe, governatore (l’equivalente del sindaco) di Tokyo, si è dimesso la scorsa settimana in seguito a rivelazioni sulle sue spese fuori controllo. Incapace di difendersi in maniera convincente, è stato messo all’angolo dal suo partito, che si prepara alle elezioni del 10 luglio.
Governare le grandi capitali è un compito difficile e a volte ingrato. Vieni eletto a larga maggioranza, dopo che il tuo predecessore si è dimesso, tra lo sdegno del pubblico, per aver ricevuto mazzette da un’azienda privata; come politico hai l’appoggio del partito di maggioranza al governo nazionale; l’elettorato ti apprezza anche perché le cose non le mandi a dire; oltretutto hai fama di studioso, con decine di pubblicazioni accademiche.
Ma basta un errore, una svista, e il castello di carte crolla in pochi secondi. E in quei momenti, ogni smentita, ogni possibile scusa, ogni temporeggiamento servono solo ad acuire la pena.
Nelle stesse ore in cui si vota per il comune di Roma, a molti questa storia suonerà familiare.
È successa a Tokyo, dove l’ormai ex governatore Yoichi Masuzoe è finito nei guai per i suoi soggiorni e cene con il suo staff in hotel e ristoranti di lusso in Europa e per una serie di regali ai suoi familiari messi sul conto del governo metropolitano — e quindi dei contribuenti.
A far esplodere il caso è stato il quotidiano conservatore Sankei Shimbun, entrato in possesso di alcuni documenti distribuiti dal governo metropolitano ai membri dell’assemblea impegnati nella discussione del budget amministrativo della capitale.
In totale sindaco e staff avrebbero speso 50 milioni di yen, al cambio odierno 430mila euro, per due viaggi di rappresentanza a Londra e Parigi. Una spesa che supera i 300mila yen (circa 2mila euro) al giorno, ben oltre il limite giornaliero fissato per i viaggi all’estero dei governatori di Tokyo.
L’articolo ha scatenato una violenta reazione di centinaia di lettori sul web. In molti hanno attaccato Masuzoe e il suo staff per i loro «viaggi di lusso», e l’ingente spreco di denaro pubblico.
Sono così filtrate nuove spese sospette — come circa 150 euro spesi in una caffetteria o altri circa 3mila euro per due pernottamenti in un resort poco fuori Tokyo con famiglia, registrati come rimborsi spese per due conferenze tra il 2013 e il 2014. Dalle dichiarazioni fiscali è spuntato fuori anche un fumetto, Shinchan, costo: 3 euro circa. Se si somma a tutto ciò la figuraccia fatta dal governo metropolitano stampando borse — poi messe all’asta — con il logo delle Olimpiadi 2020 scartato per accuse di plagio, la débâcle di Masuzoe è totale.
«Ho sempre fatto il mio lavoro di governatore nel modo migliore possibile — si è più volte difeso Masuzoe — e farò di tutto per ripristinare la fiducia del pubblico nei miei confronti». Una frase formulare che si sente spesso in casi di questo genere, che di solito produce l’effetto contrario.
Qualche attenuante sembra però doverosa. Dare un profilo più globale alla città di cui era guida era stato fin da subito tra i suoi obiettivi. Aveva provato a lanciare una strategia di «soft power», per aumentare la visibilità di Tokyo — che nell’ultimo anno ha capitanato il boom del turismo in Giappone — nel mondo in vista delle prossime kermesse internazionali che si terranno a Tokyo, dai mondiali di rugby del 2019 alle Olimpiadi 2020. Inoltre, Masuzoe ha più volte mostrato interesse verso le esperienze gestionali delle città che negli ultimi dieci anni hanno ospitato i giochi, come Pechino e Londra. I suoi, almeno nell’intento, erano anche «viaggi di studio».
La sua strategia era anche diretta ai vicini asiatici. Dopo Pechino, infatti, nel 2014, l’ex sindaco di Tokyo era andato a Seul. Da 18 anni un capo del governo metropolitano non andava in visita nella città sudcoreana, gemellata con la capitale giapponese. Qui Masuzoe aveva promesso un maggiore impegno per sanzionare il discorso razzista contro i coreani residenti in Giappone, i cosiddetti zainichi. «Un primo passo verso la riconciliazione», lo aveva definito la presidente sudcoreana Park.
Ma l’enfasi diplomatica di Masuzoe — studioso di relazioni internazionali — non dev’essere piaciuta ai piani alti del governo nazionale. Non a caso nessuno ha preso le sue difese. Messo all’angolo, a Masuzoe non è rimasta che l’alternativa di «sacrificarsi» con onore, prima di essere «decapitato» da una mozione di sfiducia. Una decisione dettata dalla prossimità — 10 luglio — delle elezioni per la Camera alta del parlamento, dove il partito del premier Shinzo Abe non può permettersi di perdere, ma che lascia alcuni dubbi.
Uno tra tutti i preparativi a Tokyo 2020. Il successore di Masuzoe dovrà proseguire i lavori, ma — se le elezioni si terranno a fine luglio come annunciato — potrebbe non arrivare da governatore alla cerimonia di chiusura della kermesse, dato che il suo mandato scadrà prima.
[Scritto per East online]