Verso il G7: la diplomazia «proattiva» di Tokyo

In by Gabriele Battaglia

Manca una manciata di giorni all’apertura del prossimo vertice del G7 in Giappone e la diplomazia nipponica sembra vivere una fase di splendore. D’altronde dal 2012 è questo l’obiettivo del governo Abe: un Giappone protagonista nel mondo.Tra il 1 maggio e , il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha visitato Italia, Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna e Russia. Negli stessi giorni il ministro degli Esteri Fumio Kishida ha visitato Cina e Sudest asiatico, da una parte per trovare una quadra con Pechino; dall’altra per dimostrare l’impegno di Tokyo nei confronti di una regione che guarda al Giappone come importante sponsor per la crescita economica e argine all’assertività cinese.

Abe è stato impegnato su diversi fronti. A Bruxelles, in particolare, il primo ministro giapponese ha rilanciato l’accordo di libero scambio con l’Eurozona e assicurato maggiore impegno per stabilizzare il medio oriente grazie alla cooperazione internazionale.

Il capo del governo di Tokyo, che spera che il prossimo G7 possa servire al rilancio del Paese-arcipelago sullo scenario internazionale, ha anche dato consigli all’Europa in materia di politica economica. «Non possiamo aspettare i normali cicli dell’economia, ma dobbiamo proattivamente affrontare il rischio di un rinvigorimento dell’economia mondiale». Più riforme strutturali e politiche fiscali espansive: in poche parole più «flessibilità».

Parole che non hanno convinto la cancelliera tedesca Angela Merkel che ha dichiarato che il suo governo aveva già fatto molto per la crescita mondiale accogliendo oltre un milione di rifugiati — fattore che a suo dire avrebbe stimolato la domanda interna.  L’incontro più atteso è stato però a Sochi, con il presidente russo Vladimir Putin. Come scrive Masaru Sato — per anni analista presso il Ministero degli Esteri di Tokyo, con ottime connessioni al Cremlino dai tempi dell’Urss — Abe ha presentato alla sua controparte un programma di cooperazione strategica in otto punti in campi come le tecnologie mediche, l’urbanizzazione sostenibile, la cooperazione tra piccole e medie imprese, approvvigionamento di gas e petrolio, sviluppo industriale nell’Estremo oriente russo, cooperazione nel settore del nucleare e sforzi per favorire gli scambi culturali tra i due paesi.

Ma soprattutto, Abe e Putin avrebbero discusso di un accordo di pace che comprenda una soluzione permanente sulle isole Kurili, contese tra i due paesi dalla fine della seconda guerra mondiale. Secondo alcune voci, prontamente smentite dal Cremlino, sul tavolo in cambio della sovranità sulle isole ci sarebbe un pacchetto di aiuti economici da parte di Tokyo. L’incontro non dev’essere piaciuto a Washington. Ma intanto Tokyo emerge come interlocutore di Mosca in un periodo quest’ultima si trova isolata dal resto della comunità internazionale. Che c’entri ancora la proposta giapponese di riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu? C’è da crederlo.

Sul fronte asiatico, Fumio Kishida, reduce dal G7 dei ministri degli Esteri a Hiroshima, ha incontrato a Pechino il primo ministro Li Keqiang e il suo omologo Wang Yi ponendo le basi per un accordo comprensivo in quattro punti per il miglioramento delle relazioni. Kishida è stato il primo ministro degli Esteri a visitare la Cina in più di quattro anni. Al termine della visita, Kishida — dato tra le «colombe» del Partito liberaldemocratico, il partito al governo a Tokyo — ha sottolineato che la Cina costituisce un’«opportunità» per il Giappone e ha richiamato alla necessità di maggiore cooperazione bilaterale per garantire «pace e stabilità» in Asia.

Pochi giorni dopo, da Bangkok, Il capo della diplomazia di Tokyo ha riaffermato l’impegno pluridecennale del Giappone a favore dei paesi del Sudest asiatico continentale, promettendo un pacchetto di aiuti da 7 miliardi di dollari per i prossimi tre anni ai cinque paesi della regione del Mekong (Myanmar, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam) dove anche la Cina investirà oltre 10 miliardi di dollari per lo sviluppo economico e infrastrutturale.

Il Vietnam è sicuramente tra i paesi della regione che vedono di miglior occhio l’intervento di Tokyo nell’area. Hanoi — che è uno dei maggiori beneficiari degli aiuti allo sviluppo giapponesi — ha infatti chiesto al Giappone più navi per il pattugliamento delle coste in vista di un inasprimento della contesa con Pechino nel Mar cinese meridionale.

«Il miglior modo di affrontare le questioni è quello più efficiente e al contempo più elegante», scriveva l’economista, educatore e diplomatico del 19esimo secolo Inazo Nitobe. Di certo, la diplomazia giapponese in questi mesi si sta muovendo in modo mirato ed elegante, partendo da lontano, cercando di tessere buone relazioni in Europa e Asia, in America e in Africa, cercando di persuadere anche paesi tradizionalmente scettici, lavorando «alle radici», in silenzio, magari lontano dai riflettori. Nel flusso della politica globale, è un delicato gioco di equilibri precari. Ma, a lungo andare, potrebbe dare i frutti sperati.

[Scritto per East online]