L’intento è pregevole: la casa editrice Carocci ha inaugurato il primo di una serie di volumi annuali sulla Cina, per darne un’immagine vivida e originale, capace di spaziare dal dettaglio politico a quello più culturale e sociale.
Si tratta della collana Cina Report, il cui primo numero ha come titolo Politica, società e cultura di una Cina in ascesa – L’amministrazione Xi Jinping al suo primo mandato – a cura di Marina Miranda (20 euro). E lo scopo – nei contributi di sinologi italiani – è indagare questo primo periodo del regno di Xi Jinping da una prospettiva di studio, provando a capire a che punto è il «sogno cinese» promesso dal nuovo leader.La curatrice del volume nell’introduzione specifica l’intento dell’opera, sancito dall’utilizzo di fonti per lo più cinesi per una comprensione contestualizzata di quanto accade in Cina; in questo modo si sottolinea una distanza di metodo rispetto al lavoro quotidiano dei mass media. Si tratta di una puntualizzazione ovvia dato che i due mondi dovrebbero riuscire a dialogare, poiché nel mondo dell’informazione la Cina riveste ormai un ruolo di primo piano ed è naturale una sua progressiva conoscenza da parte del pubblico, anche attraverso una proposta informativa che può rischiare la parzialità.
Del resto gli spazi e le modalità di espressione sono diverse tra un articolo (che pure può utilizzare fonti in lingua originale) e un saggio, ma è altresì importante che il mondo della sinologia cerchi di puntualizzare alcuni aspetti.
Particolarmente interessante nel volume appare il capitolo dedicato alla lettura degli eventi siriani da parte della Cina a opera di Sara Pilia. Dall’analisi di articoli scritti da autori cinesi si evince come Pechino guardi con sospetto a ogni mutamento di regime nelle aree dove ha interessi; la Cina appare preoccupata da quanto potrebbe accadere in Africa e – come sottolineato su Foreign Affairs da un analista cinese (ormai la rilevanza internazionale cinese permette anche di utilizzare fonti originali di autori che scrivono in inglese su importanti riviste mondiali) – la Cina sembra possibilista rispetto a una vicinanza con la Russia, purché questo legame non diventi formalmente un’alleanza, data l’esistenza di molti potenziali punti di frizione tra i due paesi. Altresì Pechino appare preoccupata di quanto sta accadendo in Africa, dove i suoi interessi e investimenti sono ingenti e dunque più a rischio a causa del dilagare dell’estremismo islamista.
Sulla stampa cinese analizzata non mancano riferimenti al terrorismo interno, nella regione del Xinjiang, che da sempre la Cina pone sul piatto della bilancia internazionale. Pechino sembra disposta a occuparsi del terrorismo internazionale, purché venga riconosciuto il «suo» problema interno. E a proposito di questioni interne spicca anche l’analisi del fenomeno dei cosiddetti «indignati» cinesi (fenqing) contro l’atteggiamento dei media occidentali rispetto alle isole contese con altri paesi asiatici.
Interessante è il focus del volume sulla poesia degli operai migranti (dagong shige) che permette a Serena Zuccheri, autrice del capitolo, una prima ricapitolazione della presenza di Antonio Gramsci nella storia sociale cinese e in seguito una digressione sulla nuova generazione di operai, distinta dalla precedente disposta ad accettare salari bassi per poi tornare nelle campagne e comprare una casa.
Ripercorrendo la nascita del genere poetico «migrante» Zuccheri apre uno squarcio su una categoria subalterna e, scrive Zuccheri, «quando parliamo di poesia dagong ci riferiamo a quei componimenti scritti da operai migranti in possesso di un’istruzione di tipo tecnico- specialistico di livello medio alto rispetto alla maggior parte dei membri della loro comunità». Non solo, perché rispetto a una precedente letteratura operaia, iscrivibile all’interno della «letteratura del dolore» promossa dal Partito nei primi anni post rivoluzionari, la poesia cui si riferisce Zuccheri «è una denuncia della crudeltà e disumanità prodotta da un capitalismo globale presente e non da un’utopia del passato». Storia subalterna, poetica del conflitto, come testimonia Xi Lizhi, operaio alla Foxconn di Shenzhen, suicida a 24 anni. Versi che raccolgono una cruda consapevolezza, secondo cui «nulla potrà in breve tempo cambiare la loro condizione».
Xi Lizhi solo un mese prima di togliersi la vita scriveva i seguenti versi: «Voglio scalare un’altra montagna, provare a richiamare l’anima che ho perso, accarezzare il cielo, toccare l’azzurro leggero, ma questo non mi sarà possibile, sto per lasciare questo mondo, e quelli che hanno sentito parlare di me, non saranno sorpresi».
[Scritto per il manifesto]