Detto che la stampa cinese ufficiale ha bollato come «propaganda dell’Occidente» quello che è ormai noto come Panama Papers, i media locali sembrano concentrarsi ancora sul tema del nucleare. Quello organizzato da Pechino, infatti, appare come un grande progetto di infrastrutture da realizzare lungo la nuova via della Seta, sfruttando i produttori cinesi. Si parla di business, affari e naturalmente influenza geopolitica.Come ha scritto il South China Morning Post, «la Cina, che ha quasi la metà dei progetti di gasdotto al mondo di energia nucleare che devono essere costruiti entro il 2030, vuole esportare la sua esperienza nel settore come parte della strategia di sviluppo internazionale “One Belt, One Road” del presidente Xi Jinping».
Si tratta di una «politica» proposta per la prima volta già nel 2013, «per promuovere le offerte di costruzione di infrastrutture all’estero insieme a beni e servizi commerciali lungo l’antica via della seta dalla Cina verso l’Europa e lungo l’antica rotta commerciale marittima che collega la Cina al sud-est asiatico, il Medio Oriente e l’Africa».
Non è solo «intenzioni», perché lo stato cinese sta offrendo un finanziamento in un momento in cui l’economia cinese è cresciuta al tasso più lento in 25 anni e la sua industria deve affrontare gravi problemi di eccesso di capacità. Pechino ha dunque «incoraggiato le imprese locali ad impegnarsi in progetti di infrastrutture nel sud-est asiatico, Europa e Africa. I costruttori cinesi di reattori nucleari sono una forza crescente nel settore nucleare globale».
«L’esportazione di reattori nucleari diventerà uno dei pilastri fondamentali per l’esecuzione della strategia "One Belt, One Road"», ha detto Zheng Dandan analista della Zheshang Securities.
La Cina si indirizza dunque verso un mercato potenzialmente vastissimo: «il mondo ha circa 384 gigawatt (GW) di capacità di generazione di energia nucleare installata in 400 reattori, secondo la World Nuclear Association. Ci sono 69 GW in più in fase di costruzione in 15 nazioni e circa 182 GW sono stati pianificati».
Le imprese cinesi stanno commercializzando il Reattore Hualong 1 che ha un costo di costruzione di 2,5 miliardi di dollari per GW. I progetti previsti andrebbero incontro a un mercato potenziale di 455 miliardi di dollari, 1,5 volte la produzione economica annuale di Hong Kong.
In base alle proiezioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia per 29 nazioni principalmente consumatrici di petrolio che tengano conto degli impegni politici per ridurre le emissioni di carbonio, «la capacità globale di generazione nucleare potrebbe crescere di un composto medio annuo del 2 per cento a 624 GW entro il 2040. Se verrà affrontato più aggressivamente il ribasso al tenore delle emissioni carbonio le politiche adottate, potrebbe accrescere al 3,3 per cento l’anno per raggiungere gli 862 GW».
Circa il 46 per cento della crescita dovrebbe provenire dalla Cina, mentre l’India, la Corea del Sud e la Russia costituiscono un altro 30 per cento. Gli Stati Uniti potrebbero rappresentare il 16 per cento e l’8 per cento il resto del mondo.
Come ha scritto il Quotidiano del Popolo, «Attualmente, la Cina ha 24 unità di generazione di energia nucleare in costruzione, ponendosi al primo posto nel mondo. La Cina sta anche cercando di esplorare il mercato internazionale, siglando accordi con Gran Bretagna, Pakistan, Repubblica Ceca e altri paesi».
Gli osservatori – poi – hanno elogiato l’atteggiamento del presidente Xi Jinping per quanto riguarda la sicurezza nucleare, dimostrata per altro all’ultimo summit negli Stati Uniti. «Il presidente Xi si è rivolto alle preoccupazioni per la sicurezza legati allo sviluppo dell’energia nucleare della Cina e ha inviato un messaggio rassicurante che la Cina continuerà a migliorare la sicurezza nucleare, rafforzare la fiducia interna e globale nello sviluppo dell’energia nucleare».
Tanto in casa, quanto all’estero, a quanto pare.
[Scritto per Eastonline]