In Cina e Asia – La Repubblica popolare del riciclaggio di denaro

In by Simone

I titoli della rassegna di oggi:

– La Cina è il nuovo hub del riciclaggio internazionale di denaro
– Praga si avvicina a Pechino: al via la partnership strategica
– La minaccia di una nuova legge liberticida per l’internet cinese
– Pechino nomina il proprio inviato speciale in Siria
– In Cina nasce una nuova università alla settimana
– Nonostante la spinta per la «green energy», la Cina continua a dipendere dal carbone
– Il crollo dei prezzi del greggio non risparmia i colossi cinesi del petrolio
– La giunta militare thailandese presenta la bozza della nuova costituzione
– Il presidente birmano uscente toglie lo stato d’emergenza nello stato RakhineLa Cina è il nuovo hub del riciclaggio internazionale di denaro

Una lunga inchiesta condotta da Associated Press rivela come la Repubblica popolare sia diventata l’hub preferito dalla criminalità internazionale per riciclare soldi sporchi. Un sistema complesso fatto di transazioni false, export e import gonfiati, «direct foreign investment fasulli», banche illegali e passaggi di denaro contante attraverso il quale, secondo le fonti consultate da Ap, una serie di organizzazioni criminali – dai narcos messicani e colombiani ai trafficanti nordafricani, passando per gang israeliane e spagnole – sarebbe in grado di riciclare miliardi di dollari sfruttando la reticenza delle autorità cinesi a condividere informazioni e prove con gli inquirenti internazionali.

Se il problema del riciclaggio di denaro in Cina non è una novità, secondo Ap si segnerebbe un’internazionalizzazione del fenomeno, in contrasto al carattere nazionale contro il quale il governo cinese si è sempre detto impegnato in una battaglia senza quartiere.

Praga si avvicina a Pechino: al via la partnership strategica

Le relazioni tra la Cina e la Repubblica Ceca assurgono allo status di partnership strategica. Lo hanno annunciato i media cinesi al secondo giorno di visita di Xi Jinping a Praga, la prima di un presidente cinese da quando i due paesi hanno stabilito le relazioni diplomatiche 67 anni fa. La trasferta sancisce anche il debutto di Xi in una nazione dell’Europa Centrale e Orientale. I rapporti bilaterali, minati in passato dalla vicinanza di Praga a Taiwan e al Dalai Lama, hanno segnato un netto miglioramento da quando Milos Zeman ha assunto la guida del governo. Zeman era stato l’unico leader di un paese membro dell’Ue e della Nato a presenziare alla parata per la fine della Seconda Guerra Mondiale, tenutasi lo scorso settembre a Pechino.

«L’economia batte l’ideologia nei rapporti tra la Cina e la repubblica Ceca», titola il Global Times rimarcando il fatto che la Repubblica popolare è ormai il secondo principale partner commerciale di Praga. Non sembrano, tuttavia, essere dello stesso parere gli attivisti pro-Tibet, che prima dell’arrivo di Xi hanno sostituito le bandiere rosse a cinque stelle issate lungo le strade con quelle dell’antico regno buddhista.

La minaccia di una nuova legge liberticida per l’internet cinese

Una nuova proposta di legge minaccia ulteriormente la libertà del già controllatissimo web cinese. Si tratta di una revisione delle Chinese Internet Domain Name Management Rules del 2004, che – se confermata in questi termini – finirebbe per bloccare i domini non approvati dalle autorità, compresi i più utilizzati .com e .org.

In sostanza, per rendere un indirizzo web operativo i provider dovranno richiedere l’approvazione del ministero dell’Industria e dell’informazione tecnologica. Nella peggiore delle ipotesi, qualsiasi dominio registrato al di fuori della Cina potrebbe risultare bloccato, consentendo agli utenti cinesi di accedere solo ai siti che terminano in .cn e .中国. «Se le cose continueranno in questa direzione, possiamo predire che presto il network cinese diventerà un grande intranet, un network totalmente monitorato da un ‘grande fratello’», ha dichiarato a Bloomberg Lento Yip, presidente dell’Hong Kong Internet Service Providers Association. La bozza rimarrà online fino al 25 aprile per consentire agli utenti di lasciare commenti e suggerimenti.

Pechino nomina il proprio inviato speciale in Siria

Pechino ha nominato il suo primo inviato speciale per la Siria. Si tratta di Xie Xiaoyan, ex ambasciatore in Iran, Etiopia e presso l’Unione Africana. Sebbene in passato Pechino abbia preferito mantenere un basso profilo, negli ultimi tempi il governo cinese ha evidenziato un maggior attivismo diplomatico in Medio Oriente, sopratutto per proteggere i propri interessi economici nella regione. Questo nonostante l’esiguo contributo materiale destinato alla risoluzione della crisi siriana. Dall’inizio del conflitto all’ottobre scorso, la Cina ha elargito alla Siria 14 milioni di dollari in aiuti umanitari, contro i 2,9 miliardi degli Usa.

In Cina nasce una nuova università alla settimana

Quasi ogni settimana, in Cina, nasce nuova università, segnando un trend che promette di ribaltare gli equilibri globali. Mentre infatti al momento un terzo dei laureati compresi nella fascia d’età tra i 55 e i 64 anni possiede passaporto americano, quando si prende in considerazione le nuove generazioni il quadro cambia. Il Regno di Mezzo sforna ormai più laureati di Stati Uniti e Unione Europea.

Un sorpasso imputabile in parte ai costi troppo alti dell’istruzione sull’altra sponda del Pacifico e alle difficoltà economiche incontrate dalle accademie europee. Secondo stime riprese dalla Bbc, entro il 2030 il numero dei laureati cinesi tra i 25 e i 34 anni crescerà del 300 per cento, contro il 30 per cento di Usa e Vecchio Continente.

Nonostante la spinta per la «green energy», la Cina continua a dipendere dal carbone

La dipendenza cinese dal carbone rischia di vanificare il lavoro del South-North Water Diversion Project, il mastodontico sistema di canali che pompa l’acqua dello Yangtze verso il nord della Cina. Secondo un rapporto di Greenpeace, alla fine del 2013 la Cina ospitava il 45 per cento delle centrali a carbone presenti nel mondo, pari a una capacità installata di 804 gigawatts. Ogni anno nella Repubblica popolare gli impianti a carbone consumano 7,4 miliardi di metri cubi d’acqua, abbastanza da soddisfare il fabbisogno di 406 milioni di persone.

Molte di queste strutture sono concentrate nelle aree maggiormente affette da carenza idrica, situate nelle province settentrionali del paese. Sebbene Pechino si sia impegnato a contenere il proprio appetito per i combustibili fossili, secondo l’associazione, lo scorso anno in Cina sono state approvate 210 nuove centrali a carbone.

Il crollo dei prezzi del greggio non risparmia i colossi cinesi del petrolio

Dopo l’annuncio del calo degli introiti su base annua di Sinopec (32 per cento), Cnooc (66 per cento) e PetroChina (67 per cento), Yanchang Petroleum, il quarto gruppo del greggio cinese, si dice pronta a tagliare investimenti e salari finché il prezzo del crudo non si riprenderà stabilmente. Si parla di una riduzione del 10 per cento in busta paga per i dirigenti e ritardi nei pagamenti per i prossimi sei mesi. Per i dipendenti, il gruppo pensa a una sforbiciata del 50 per cento di salari e bonus fino a un massimo di sei mesi a partire da oggi.

Mentre il rallentamento della crescita ha colpito duro l’industria pesante e il manifatturiero, fino ad ora, il settore del petrolio non ha subito l’ondata di licenziamenti registrata dal carbone e dall’acciaio. «La ristrutturazione economica non avverrà a discapito del benessere dei lavoratori», ha sentenziato il presidente Xi Jinping alla notizia che Daqing, il più grande giacimento della Cina, ha perso 800 milioni di dollari nei primi due mesi del 2016.

La giunta militare thailandese presenta la bozza della nuova costituzione

La Thailandia ha reso nota la bozza della nuova costituzione che il prossimo agosto verrà sottoposta a referendum popolare, primo ritorno alle urne da quando nel maggio 2014 la giunta militare ha assunto il potere con un colpo di stato. Il documento finale consta di 279 sezioni, di cui 88 emendate rispetto alla prima versione completata il 29 gennaio.

La maggior parte delle modifiche – apportate sulla base di suggerimenti da parte dei cittadini e organizzazioni private – concernono le disposizioni in materia di diritti e libertà pubbliche, politica dello stato e riforme nazionali. Tuttavia, molte sono le critiche da entrambi gli schieramenti politici, in particolare per quanto riguarda una clausola che prevede l’istituzione di un Senato completamente nominato dall’alto e che spiana la strada a un primo ministro non eletto dal popolo in caso di consenso da parte di metà Parlamento. Ciò consentirebbe all’attuale giunta militare di prolungare il suo potere anche in caso di ritorno al voto, che il premier Prayuth Chan-ocha assicura avverrà nel 2017.

Il presidente birmano uscente toglie lo stato d’emergenza nello stato Rakhine

Il presidente birmano uscente, Thein Sein, ha tolto lo stato di emergenza nello stato Rakhine, imposto nel 2012 dopo i sanguinosi scontri tra buddhisti e musulmani appartenenti alla minoranza Rohingya. L’inaspettata decisione è arrivata a poche ore dall’insediamento ufficiale del nuovo governo guidato dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito di Aung San Suu Kyi.

«La situazione nello Stato Rakhine non è più tale da mettere a rischio la vita e i beni delle persone», ha dichiarato il leader birmano. Sebbene gli ultimi due anni non si siano verificati altri episodi violenti di rilievo, i Rohingya continuano ad essere vittima di discriminazioni a causa dell’incuranza delle istituzioni. E difficilmente le cose cambieranno con il passaggio delle consegne alla Nld.