I titoli della rassegna di oggi:
– La Cina ha quasi triplicato la vendita di armamenti negli ultimi cinque anni
– Pechino alza l’asticella dell’inquinamento: nuovi parametri per una Cina – sulla carta – meno irrespirabile
– Crisi idrica a New Delhi per le proteste dei Jat: emergenza rientrata
– Al via la budget session del parlamento federale indiano: l’opposizione annuncia battaglia per il caso JnuLa Cina ha quasi triplicato la vendita di armamenti negli ultimi cinque anni
Secondo un rapporto del think tank Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), tra il 2011 e il 2015 la Cina ha quasi triplicato l’esportazione di armamenti, consolidando la propria terza posizione nel mercato delle armi mondiale. Dietro a Usa (36 per cento degli armamenti venduti al mondo) e Russia (25 per cento), gli armamenti venduti dalla Cina rappresentano il 5,6 per cento del mercato mondiale, con un incremento di due punti percentuali rispetto al 2011.
L’aumento delle vendite si riguarda soprattutto l’area dell’Asia meridionale, dove la Cina ha stretto accordi commerciali bellici importanti con Pakistan, Myanmar e Bangladesh. Islamabad, in particolare, avrebbe firmato un contratto da 5 miliardi di dollari per l’acquisto di otto sottomarini di manifattura cinese.
Pechino alza l’asticella dell’inquinamento: nuovi parametri per una Cina – sulla carta – meno irrespirabile
Alla fine di marzo entreranno in vigore i nuovi parametri nazionali dell’inquinamento dell’aria, modificando la scala di «irrespirabilità» che aveva spinto Pechino a decretare il primo «allarme rosso» lo scorso dicembre. Secondo quanto riporta l’agenzia governativa Xinhua, la nuova asticella per decretare un «allarme massimo» sarà il superamento per un giorno del valore 500, due giorni di 300 e quattro giorni di 200 nell’Air Quality Index (Aqi); fino ad ora, l’allarme rosso scattava al superamento di 200 per tre giorni consecutivi, un livello che secondo gli standard statunitensi è «molto insalubre».
Le nuove misure arrivano mentre Pechino intende chiudere 2500 fabbriche inquinanti entro la fine dell’anno, assieme all’implementazione dei cosiddetti «corridoi di ventilazione» urbani.
Crisi idrica a New Delhi per le proteste dei Jat: emergenza rientrata
La protesta di migliaia di membri della comunità Jat per chiedere quote bloccate per l’assunzione nell’amministrazione – ovvero inserire i Jat nel sistema delle reservation indiano – sono sfociate in manifestazioni violente nello stato dell’Haryana, represse dall’esercito. Il bilancio è di 19 morti. I manifestanti hanno danneggiato le attrezzature che portano l’acqua dal canale Munak, in Haryana, fino allo stato di New Delhi, riducendo così l’approvvigionamento idrico della capitale. A New Delhi, circa il 60 per cento dell’acqua arriva dall’Haryana.
Nella giornata di ieri l’esercito ha preso il controllo del canale di Munak e, secondo gli ultimi aggiornamenti, entro mercoledì finiranno i lavori di riparazione che dovrebbero far tornare alla normalità l’approvvigionamento d’acqua nella capitale. Per tre giorni oltre 10 milioni di persone hanno subìto disagi nella distribuzione dell’acqua, che è stata razionata per ordine del governo locale. Il governo federale, nel tentativo di sedare la protesta, ha promesso di presentare una proposta di legge al parlamento locale dell’Haryana per inserire i Jat nella categoria di Other Backward Castes (Obc), i gruppi castali che hanno diritto a quote riservate per l’assunzione all’interno dell’amministrazione statale, nonostante i Jat siano storicamente considerati «casta alta», proprietari terrieri che non dovrebbero godere del sistema delle reservation indiano.
Al via la budget session del parlamento federale indiano: l’opposizione annuncia battaglia per il caso Jnu
Oggi a New Delhi si apre la sessione parlamentare del budget, dove il governo in carica presenta la propria «legge di stabilità», delineando le strategie economiche nazionali. I lavori del parlamento potrebbero però bloccarsi già dalla prima giornata di discussione, con l’opposizione pronta a protestare in aula per il caso Jnu, che ha visto le forze di polizia di Delhi e il governo in carica del Bjp invischiarsi indebitamente nella politica universitaria all’interno del campus della Jawaharlal Nehru University (Jnu), il prestigioso ateneo della capitale tradizionalmente «di sinistra». Due settimane fa la polizia è entrata nel campus e ha arrestato Kanhaiya Kumar, leader del sindacato degli studenti, accusandolo di cosiprazione e sedizione. Ad oggi gli inquirenti non hanno ancora trovato prove che giustifichino l’arresto, mentre una sezione dei media nazionali è sotto accusa per aver modificato un video di Kumar inserendo frasi mai pronunciate dallo studente, presentandolo all’opinione pubblica come un «elemento anti-nazionale».