Sunday Morning – Ryosuke Kiyasu

In by Gabriele Battaglia

Il batterista sperimentale giapponese doveva suonare in diversi locali di Pechino proprio in questi giorni, ma è arrivato il divieto delle autorità. Perché? Non è chiaro, ma sembra che la politica c’entri poco: Ryosuke Kiyasu sarebbe solo l’ultimo di una serie di artisti giapponesi proibiti nella capitale cinese perché "disturbanti".


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Le date cinesi (con quelle annullate a Pechino)
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Forse più performance art che musica, e forse più vandalismo che performance art. Gli spettacoli di Kiyasu sono un vortice di energia rabbiosa. Sfiora i piatti, picchia e fa rotolare il suo rullante, ogni tanto urla, spesso è nudo. «Voglio suonare una musica che non è mai stata sentita», ha detto di recente. 

Il 35enne Kiyasu viene dalla prefettura di Ehime, nel sud-ovest del Giappone. Ha sviluppato il suo stile dopo aver suonato in band death metal da studente, per poi trasferirsi a Toronto e New York, dove ha collaborato con musicisti jazz. «Nella mia prima performance personale del 2003, ho suonato un rullante con monete, bastoni e bottiglie di birra», ricorda. «Ho distrutto tutte le bottiglie come parte della performance».
Di recente, a Pechino sono già stati i concerti degli Acid Mother Temple, dei KKnul, dei Boris e poi di Kawabata Makoto, che era già venuto due anni fa e avevamo visto al Dos Kolegas. Ora tocca a Ryosuke Kiyasu. Secondo le indiscrezioni, non si tratterebbe di politica – il latente conflitto tra Cina e Giappone – bensì del fatto che questi artisti giapponesi sono considerati "disturbanti", nei loro ammiccamenti all’uso di droghe e al sesso.