Dopo il lancio di un razzo a lunga gittata, lo scorso 7 febbraio, Seul e Giappone scelgono la linea dura. Il regime di Kim reagisce. Mentre gli Stati Uniti cercano l’aiuto di Pechino per convincere il regime di Kim ad abbandonare il programma balistico e nucleare.Sale la tensione in Asia orientale dopo che la Corea del Nord ha lanciato un razzo a lunga gittata, poco più di un mese dopo aver eseguito un test nucleare. Corea del Sud e Giappone hanno deciso di adottare la linea dura contro Pyongyang. Seul ha deciso mercoledì di sospendere le attività produttive nel parco industriale di Kaesong, un progetto di cooperazione economica tra le due Coree lanciato nel 2004. Nel parco operano oltre cento aziende a capitale sudcoreano, dando lavoro, tra gli altri, a 54mila lavoratori nordcoreani.
Per il governo di Pyongyang, la chiusura decisa da Seul è una «pericolosa dichiarazione di guerra». I media di stato hanno già annunciato il rimpatrio di centinaia di sudcoreani impiegati nel parco industriale e il congelamento di patrimoni sudcoreani. Inoltre — riporta Associated Press — il Nord ha interrotto due canali di comunicazione con il Sud. E alle parole sono seguite le prime rappresaglie, con il il via alla militarizzazione del complesso industriale, poco lontano dalla zona demilitarizzata sul 38esimo parallelo.
Di fatto, il regime di Kim Jong Un fa arrabbiare tutti. O quasi. Da un lato Corea del Sud e Giappone rafforzano le loro sanzioni bilaterali. Dall’altro la Cina mantiene una posizione moderata sull’alleato. Anche perché Seul potrebbe presto dare l’ok all’installazione di un sistema radar antimissile americano, a due passi dal territorio dell’ex Impero celeste.
Tokyo, in allarme dopo che il razzo nordcoreano di domenica ha sorvolato Okinawa, nel sud del Paese-arcipelago, ha ripristinato il divieto di attracco delle navi battenti bandiera nordcoreana nei porti giapponesi, ponendo di fatto fine alla distensione inaugurata ad aprile 2014 con la fine di una serie di sanzioni imposte nel 2006 dopo il primo test nucleare di Pyongyang.
Con Corea del Sud e Giappone si schierano gli Stati Uniti, dove il Senato ha approvato con un’amplissima maggioranza nuove sanzioni. «La minaccia alla sicurezza nazionale da parte della Corea del Nord è seria e crescente», ha dichiarato dopo il voto Ted Cruz, uno dei candidati repubblicani alla presidenza Usa.
La situazione preoccupa la Casa Bianca. Secondo quanto rivela l’agenzia di stampa giapponese Jiji Press, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama incontrerà nelle prossime settimane a Washington la presidente sudcoreana Park Geun-hye e il primo ministro giapponese Shinzo Abe per discutere della situazione nordcoreana. L’incontro dovrebbe tenersi a margine del prossimo summit per la sicurezza nucleare in programma il prossimo 31 marzo.
Secondo Reuters, Washington avrebbe chiesto a Pechino di fare valere la propria «posizione unica» in qualità di vicino e unico alleato per chiedere a Pyongyang di abbandonare il programma balistico e nucleare. Ma la linea della Cina rimane più moderata rispetto ai vicini, mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu è al lavoro su nuove sanzioni contro il «Regno eremita».
All’indomani delle prime rivelazioni sul probabile lancio del razzo nordcoreano, il ministro degli esteri Wang Yi aveva espresso il favore della Repubblica popolare verso nuove e più dure sanzioni contro Pyongyang. A patto, però, di «non provocare tensioni che possano destabilizzare la penisola coreana».
La Cina infatti guarda con apprensione agli sviluppi sull’asse Seul-Washington. Con il permanere della tensione sul 38esimo parallelo, scrive il New York Times, l’amministrazione Park potrebbe dare l’ok all’installazione di un sistema di difesa antimissili americano — il Thaad, Terminal High Altitude Area Defense — che, dicono gli analisti, offrirebbe maggiore protezione rispetto ai sistemi attualmente in uso.
Ma che considerata la vicinanza geografica, suona come una minaccia alla sovranità territoriale di Pechino.
[Scritto per il Fatto quotidiano]