«Schema Ponzi» e megatruffa con caratteristiche cinesi

In by Gabriele Battaglia

Novecentomila truffati per uno schema Ponzi da sette miliardi di euro. Sono questi i numeri del caso Ezubao, la piattaforma di investimento p2p che in un anno e mezzo è diventata famosa e appetibile in tutta la Cina. Fino al crollo finale. È davvero una storia della Cina profonda quella di Ding Ning, il 34enne ex pessimo studente dell’Anhui ed ex costruttore di apriscatole che nel giro di un anno e mezzo ha creato un enorme schema Ponzi da 50 miliardi di yuan – quasi 7 miliardi di euro – e truffato circa 900mila investitori attirati dal guadagno facile. Oggi è agli arresti con una ventina di altre persone. Niente a che vedere con Bernie Madoff, ma comunque una vicenda che ci dice molto sulla fase che sta attraversando l’ex Celeste Impero.

Il vecchio business manifatturiero di Ding è andato male, così come è successo e sta succedendo a molte fabbrichette che producono merci di bassa qualità e che, dopo la crisi finanziaria globale del 2008, si sono viste tagliare gli ordini. Così, nel 2014, lui crea Ezubao, un sito di finanziamenti peer-to-peer, che consiste nel prendere soldi da sprovveduti investitori garantendo ritorni che variavano dal 9 al 14 per cento. Qui si legge il passaggio dalla fase “fabbrica del mondo” alla finanziarizzazione dell’economia, un processo su cui le stesse autorità cinesi hanno insistito parecchio nell’ultimo biennio.

Dietro Ezubao però non c’era nulla come in tutti gli schemi Ponzi, solo una frenetica attività di marketing personale, fatta di ostentazione della ricchezza: Ding Ning faceva regali alla sua segretaria e la spediva a farsi fotografare in ville principesche a Singapore, andava in giro ricoperto di orologi e catenine d’oro, comprava spazi televisivi spendendo fino a 150 milioni di yuan, perfino sulla tv di Stato, CCTV. Una Wanna Marchi che si innesta sul gigantismo dei numeri cinesi. Alla fine, il 95 per cento degli “investimenti sicuri” promessi dal truffatore si sono rivelati falsi, dice oggi Xinhua. Che non fosse altro che uno schema Ponzi lo dice anche Zhang Min, presidente di Yucheng Global, società madre di Ezubao, secondo cui tutti i dirigenti del gruppo erano pienamente consapevoli della natura del business. Zhang è uno dei 21 sospetti arrestati lo scorso 14 gennaio.

Il castello di carte ha cominciato ad andare in pezzi a fine 2015, perché l’azienda si è trovata a corto di contanti per rimborsare gli investitori. Come tutti gli schemi Ponzi, l’accumulo di fondi iniziale si è trasformato nel suo contrario secondo una reazione a catena. A questo punto, quando le autorità hanno cominciato a sospettare di lui, Ding Ning ha letteralmente sotterrato in buste di plastica almeno milleduecento libri contabili, sei metri sotto terra alla periferia di Hefei, capoluogo dell’Anhui. La polizia ci ha messo 20 ore per tirarli fuori usando due ruspe. Ora rischia grosso. Una sua condanna esemplare potrebbe raccogliere enorme consenso in un Paese di giocatori accaniti che si sentono però sempre più truffati; servirebbe anche da spot pubblicitario per un Partito che sulla campagna anticorruzione – Tangentopoli secondo caratteristiche cinesi – si gioca tantissimo in termini di credibilità.

Ma perché ai cinesi “piace” il rischio finanziario? Di solito si dice che amano giocare, ma dietro questa spiegazione che di fatto non spiega nulla, c’è una questione molto materiale: a oggi, in Cina, non esistono ancora un welfare consolidato e neppure strumenti sicuri per valorizzare i propri risparmi, perché i depositi bancari rendono poco. Così, di fronte al rischio della malattia o di una vecchiaia passata nell’indigenza, molti cinesi, a tutti i livelli della scala sociale, cercano fortuna in borsa o in prodotti finanziari apparentemente appetibili. Ding Ning l’aveva capito e su Ezubao – piattaforma popolare – si potevano investire anche cifre bassissime, i risparmi di una vecchietta. “Oggi, 100mila yuan depositati in una banca normale generano circa 2mila yuan di profitti in un anno, ma Ezubao prometteva fino a 14mila yuan”, dice un investitore truffato a Xinhua.

Il caso Ezubao mette in risalto i rischi connessi al boom dei prodotti di gestione patrimoniale in Cina, un mercato che ormai vale 2.600 miliardi di dollari e non è ancora regolamentato. Molti prodotti sono venduti attraverso piattaforme online o accordi gestiti da privati di attendibilità non verificata, ma Ding Ning era riuscito a farsi “sponsorizzare” da settori della politica. È probabile quindi che il giro di vite si allarghi, ma il lavoro degli inquirenti non è per niente facile: le transazioni finanziarie occulte sarebbero infatti contenute in oltre 200 server sparsi per tutta la Cina.