Nella notte di domenica il corpo di Rohith Vemula, 26enne al secondo anno di PhD presso la Hyderabad Central University (Hcu, nello stato del Telangana), è stato ritrovato senza vita nel campus universitario. Vemula si era impiccato, lasciando una lettera terribile in cui traspare tutta la disperazione di un giovane attivista e studente di fronte alle discriminazioni subìte dall’amministrazione universitaria locale. Che lo ha perseguitato, secondo i suoi compagni, per le sue idee politiche – di sinistra – e per la sua appartenenza castale. Vemula era un dalit, un «fuoricasta», e qui di seguito proveremo a raccontare la sua storia.L’attivismo politico durante gli anni dell’università, in India, è generalmente percepito come un trampolino di lancio ottimale per una carriera politica promettente; entrare nel radar dei politici locali, diventarne i «pupilli», ritaglairsi un posticino nell’organigramma della sede più vicina, sperare in un’elezione in tempi brevi ed entrare nel cerchio magico del potere che lega politici, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni nella gestione della Cosa pubblica indiana. Non sempre limpida, ma sempre remunerativa.
Ma per moltissimi studenti significa, forse peccando di naiveté, intraprendere un atto rivoluzionario nel senso più stretto del termine: opporsi alle pressioni sociali, che vorrebbero gli studenti come masse da plasmare estirpando alla radice il germoglio della dissidenza, giovani uomini e donne da omologare al pensiero unico che prevede il prima possibile un matrimonio e una vita vissuta all’interno di regole apparentemente immutabili. Perché «questi sono i valori indiani».
Vemula e i suoi compagni la pensano diversamente e, approfittando del privilegio di un’istruzione superiore, erano e sono attivi nella difesa di ciò che ritengono giusto e nella lotta contro ciò che ritengono sbagliato. Proveniente da una famiglia di dalit, Vemula apparteneva all’Ambedkar Students Association (Asa), una delle molte sigle di collettivi universitari indiani che, nello specifico, si occupa di discriminazione contro le minoranze dell’India di oggi. Asa è attiva nella sensibilizzazione dei temi della condizione dei dalit negli istituti scolastici e, recentemente, si è esposta in difesa dei diritti della minoranza musulmana.
Lo scorso anno il collettivo della Hcu aveva organizzato una serie di iniziative mal viste dall’amministrazione universitaria: la proiezione del documentario «Muzaffarnagar Baaqi Hai» (sulle violenze interreligiose tra hindu e musulmani del 2014 nella omonima cittadina dell’Uttar Pradesh), una veglia per l’impiccagione di stato di Yakub Memon, un Beef Festival a sostegno della libertà di mangiare carne di manzo, nonostante la follia identitaria delle frange estremiste hindu.
Durante la proiezione del documentario che denunciava la regia dell’ultrainduismo dietro gli scontri di Muzzaffarnagar, gli studenti di Asa si sono scontrati – anche fisicamente – contro i loro compagni appartenenti alla Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad (Abvp), il collettivo studentesco nazionale di destra vicino al Bharatiya Janata Party (Bjp, il partito di governo guidato dal premier Narendra Modi). Abvp, dopo gli scontri, ha denunciato cinque studenti di Asa – tra cui Vemula – alle autorità universitarie. Il Vice Chancelor (Vc) in carica all’epoca, il professor Sharma, aveva deciso di non prendere alcun provvedimento contro i cinque studenti di Asa, riconducendo il tutto alla normale amministrazione della politica universitaria (feroce, a tratti, con esplosioni di violenza non infrequenti).
Ma con le dimissioni di Sharma e la nomina del nuovo Vc Apparao – vicino al Bjp – lo scorso dicembre, le cose hanno preso un’altra piega. Secondo quanto riferito da alcuni organi di stampa indiani, in seguito alla scazzottata tra Asa e Abvp, l’Union Minister Bandaru Dattatreya – più o meno il corrispettivo del nostro sottosegretario, in quota Bjp – aveva raccomandato al ministero delle Human Resources and Development (Hrd) – guidato da Smriti Irani, Bjp – di sospendere i cinque studenti, descritti come «castisti, estremisti, anti-nazionali».
Il Vc Apparao, ricevute indicazioni precise in una lettera del ministero delle Hrd, i primi giorni di gennaio ha proceduto alla sospensione dei cinque studenti, ai quali è stato proibito l’accesso alle strutture universitarie – escluse le aule dove si tenevano le lezioni che dovevano seguire – e, soprattutto, quello alle proprie stanze assegnate nel dormitorio, sgomberate dal personale universitario e lucchettate.
Per 12 giorni i cinque studenti hanno dormito all’aperto, di fronte ai cancelli dell’università, protestando contro una misura secondo loro motivata da sentimenti discriminatori a causa della loro battaglia politica e della loro provenienza familiare: tutti e cinque, infatti, provenivano da famiglie dalit di umili origini.
Vemula, un tempo molto attivo politicamente all’interno dell’università, secondo i propri compagni subito dopo essere stato cacciato dal dormitorio si era chiuso in un silenzio inusuale. Domenica sera, senza che nessuno ad Asa potesse sospettarlo, ha deciso di impiccarsi.
La lettera lasciata da Vemula, che sta facendo il giro dei social network in questi giorni, è il testamento lasciato da un ragazzo sopraffatto dalla frustrazione e dall’ingiustizia che continua a caratterizzare la società indiana contemporanea a vari livelli, non ultimo in quello universitario.
La morte di Vemula ha innescato un’ondata di proteste in molte università del paese, coi collettivi di sinistra che denunciano la responsabilità morale delle istituzioni vicine al Bjp per aver istigato al suicidio il giovane studente.
La polizia di Hyderabad ha aperto un fascicolo, inserendo nel registro degli indagati tre funzionari della Hcu e il ministro Dattatreya. L’accusa è istigazione al suicidio.
[Scritto per East online; foto credit: thewire.in]