Peter Dahlin, svedese di 35 anni, sarebbe scomparso la notte del 3 gennaio, «mentre era sulla sua strada per l’aeroporto internazionale di Pechino, da dove aveva programmato di volare in Thailandia». Si tratta del primo straniero che rimane intrappolato dalla macchina repressiva cinese.Le autorità di Pechino avrebbero confermato il fermo. Secondo loro Dahlin sarebbe accusato di «aver messo in pericolo la sicurezza dello Stato».
Come riportato dalla stampa internazionale, Dahlin ha co-fondato e gestisce un’organizzazione chiamata Chinese Urgent Action Working Group (CUAWG), che si descrive come «una squadra di difensori dei diritti umani che operano in Cina … per aiutare gli altri difensori dei diritti umani in difficoltà».
«Il gruppo lavora per proteggere i difensori dei diritti umani in pericolo e che affrontano persecuzioni politiche per il loro lavoro» è scritto sul sito web dell’organizzazione.
Questo tipo di attività, ha scritto il Guardian, «è diventata sempre più pericolosa, da quando il presidente cinese, Xi Jinping, ha preso il potere alla fine del 2012».
Dopo il suo fermo l’organizzazione si è fatta immediatamente sentire: in una dichiarazione ha affermato che Dahlin lavora in Cina dal 2007, e sarebbe stato «arbitrariamente detenuto con false accuse». L’attivista sarebbe caduto vittima di «un assalto nei confronti degli avvocati dei diritti umani che dura da sei mesi» in Cina.
Le pretese cinesi che Dahlin abbia messo in pericolo la sicurezza dello Stato sono infondate, ha aggiunto il gruppo. «La detenzione in corso di Peter per aver sostenuto l’assistenza legale in Cina è una beffa degli impegni dichiarati dal presidente Xi Jinping di uno stato di diritto», ha detto Michael Caster, un portavoce del gruppo. «Le autorità cinesi devono rilasciare immediatamente Peter e far cadere tutte le accuse contro di lui».
Mercoledì un portavoce del ministero degli esteri cinese aveva confermato di aver adottato «misure coercitive» nei confronti Dahlin, nonostante avessero negato la conoscenza del caso il pomeriggio precedente. «La Cina salvaguarda i diritti legali degli stranieri», ha aggiunto il portavoce.
Amici e colleghi hanno inoltre spiegato che Dahlin soffre del morbo di Addison, un raro disturbo ormonale che richiede farmaci regolari.
Si tratta dell’ennesimo atto di repressione del governo cinese contro le attività dei legali degli attivisti e gli attivisti stessi. Il fatto, inoltre, porta per la seconda volta la Svezia a confrontarsi con il potere giudiziario di Pechino. Prima di Dahlin infatti era sparito uno dei cinque librai di Hong Kong, Gui Minhai, che ha anche passaporto svedese.
L’aria che tira in Cina dal punto di vista dei diritti sta diventando pesante. È anche ricominciata una nuova ondata di campagna anti corruzione, che finirà per mettere nel sacco tutti quanti non ritengano positiva la politica attuata dal governo di Xi.
Come riportato dal Guardian, «Secondo Amnesty International, più di 240 avvocati e attivisti sono stati arrestati o interrogati da quando è iniziata la repressione. Più di 30 sono ancora disperse o in custodia».
Questa settimana, dopo più di sei mesi di detenzione segreta, «un certo numero di questi avvocati, tra cui l’avvocato combattiva Wang Yu, sono stati formalmente accusati di reati che includono sovversione e istigazione alla sovversione, reati che contemplano pesanti pene detentive».
Dahlin però è il primo straniero ad essere coinvolto nella repressione e la sua detenzione segna un pericoloso punto di non ritorno per tutti gli stranieri che si muovono in Cina.
[Scritto per East online; foto credit: twitter.com]