Il primo sexy shop della Repubblica popolare aprì a Pechino nel 1992. Vent’anni dopo un’azienda cinese passerà alla storia come la prima azienda produttrice di sex toy a quotarsi in borsa con 11 milioni di euro di azioni all’asta. Se il pudore della prima Repubblica popolare considerava il sesso quasi un tabù, oggi si stima che il mercato di oggettistica ad esso correlato sia di oltre 1,2 miliardi di euro l’anno.
La Zhejiang Lover Health Science and Technology passerà alla storia come la prima azienda produttrice di sex toy a quotarsi in borsa con 11 milioni di euro di azioni all’asta. L’azienda è cresciuta del 43 per cento nel 2013 e del 51 per cento lo scorso anno. Se il pudore della prima Repubblica popolare considerava il sesso quasi un tabù, oggi si stima che il mercato di oggettistica ad esso correlato sia di oltre 1,2 miliardi di euro l’anno. In Cina, ci sarebbero oltre mille aziende produttrici di sex toys che si spartiscono il 70 per cento del mercato mondiale. Non è chiaro su quali dati si basino queste statistiche, ma la produzione e il mercato sono indubbiamente immensi. Secondo alcuni produttori la percentuale potrebbe essere addirittura più alta di quella riportata.
La Cina non è nuova a quelli che oggi chiamiamo sex toy. Già secoli fa, le concubine li usavano per soddisfare completamente il piacere dell’imperatore di turno, ma quando il Partito comunista prese il potere nel 1949 le politiche adottate mirarono a reprimere amore e desiderio sessuale a favore del fervore rivoluzionario e del collettivismo. Il piacere, si sa, è un atto di egoismo. Ma dagli anni Ottanta, quando il paese si aprì nuovamente ai modelli economici e alle influenze culturali “capitaliste” e la ricchezza ricominciò a circolare, si è ricominciato a prestare attenzione al sesso e al piacere. Il primo sexy shop della Repubblica popolare aprì a Pechino nel 1992. Oggi sono ovunque. E internet ha permesso di rompere l’ultima barriera del pudore. Online si parla soprattutto di sesso e si compra senza temere che la privacy venga violata. Oggi il consumo di vibratori è così alto che si trovano assieme ai preservativi alle casse dei supermercati e nelle camere degli alberghi più forniti.
Di contro giornali e televisioni, le cui linee guida sono ancora dettate dal governo, sono a tutt’oggi pudici sull’argomento. Il sesso può minare la “moralità” dei cittadini e per questo è ancora oggetto di censura. Nei film e nelle serie tv, per esempio, non sono ammesse storie di una notte o scambi di coppia, e una protagonista non può innamorarsi di più di un uomo. Ancora l’anno scorso una serie tv ambientata all’epoca della dinastia Tang è stata censurata perché la scollatura della protagonista era troppo ampia. Ma quando si tratta di business il Partito non teme le contraddizioni. Da anni ci sono fiere di sex toy nelle città di Shanghai, Guangzhou, Wuhan, Macao e Pechino. Una delle ultime si è svolta addirittura sotto lo slogan ufficiale di “sesso sano, famiglia felice”.
Non stupisce quindi la mossa dell’azienda produttrice dello Zhejiang di quotarsi in borsa. Come si legge sul profilo dell’azienda su Bloomberg, la Zhejiang Lover Health Science and Technology produce qualsiasi genere di prodotto che porti piacere a uomini e donne. Attraverso una fitta rete di distributori, raggiunge ogni angolo di Cina, Giappone, Europa, Stati Uniti e non meglio specificati “altri paesi”. Peccato che non siano noti i nomi degli amministratori e che secondo gli stessi media di stato l’azienda abbia quasi sei milioni di euro di debiti. Ma si tratta di “un settore speciale che in Cina è ancora agli albori”, ha specificato l’azienda nel modulo con cui ha presentato la richiesta di ammissione al National Equities Exchange and Quotations (NEEQ), l’indice delle piccole aziende quotate sulla borsa cinese. A fine settembre erano oltre 3500, di cui il 60 per cento si sono quotate nel 2015. L’anno della volatilità. Siamo di fronte a un’ennesima bolla?
[Scritto per Lettera43; foto di copertina tratta da Red Light Revolution]