In una grande città della provincia cinese, un serial killer ha preso a bersaglio le giovani donne locali. L’ispettore Pu Ke, mentre si mette sulle tracce dell’assassino, incontra Mi Duo, una giovane dottoressa. Insieme individuano un probabile colpevole, un alto funzionario governativo, ricco e potente. China Files vi regala un estratto del noir Come un’ombra che mi segue nella traduzione di Ylenia Rosati (per gentile concessione di Memori edizioni).
«Di solito, prima di prendere una decisione importante, c’è tutto un percorso da fare, gradualmente, a piccoli passi, ma alla fine scatta sempre una molla che ci fa decidere. Ti va di dirmi qual è stata questa molla per te? Purché ovviamente la cosa non ti crei imbarazzo».
«Sei proprio un poliziotto, sei bravo a far confessare la gente. Mi piacerebbe parlartene, perché la cosa ha un certo legame con il tuo lavoro», rispose sorridendo Mi Duo.
Improvvisamente si abbassarono le luci, una musica dolce invase la sala e alcune coppie cominciarono a ballare, mentre gli altri sedevano intorno. Mi Duo e Pu Ke si scambiarono un’occhiata ridendo, un po’ imbarazzati. Pu Ke non sembrava volerla invitare a ballare e lei non amava le danze; dopo un breve silenzio, lei chiese: «Vuoi ancora sentire la mia storia?». «Certo. Ma che ne dici di andare sulla terrazza?».
Mi Duo pensava esattamente la stessa cosa ma non aveva osato proporlo. Annuì e si avviarono fuori. L’appartamento era in cima a un palazzo di ventiquattro piani e il vento, che soffiava forte, rinfrescava quella calda sera d’estate. Respirò profondamente: «Si sta proprio bene qui». Non amava restare a lungo al chiuso e con l’aria condizionata, l’accendeva raramente anche nel suo appartamento, preferiva sudare e poi fare una doccia.
Dal balcone ammirava la luna piena, leggermente velata da qualche nuvola sottile, mentre il rumore del vento le rimbombava nelle orecchie. In basso brillavano i lampioni della città immersa nella notte. Si lasciò andare e raccontò la storia che aveva cambiato il corso della sua vita. Tre anni prima, una domenica in cui era di guardia, portarono al pronto soccorso un uomo gravemente ferito da coltellate alla milza e al rene sinistro. Aveva perso molto sangue e la pressione arteriosa era quasi scomparsa.
Mi Duo decise di operarlo d’urgenza, con l’aiuto di un altro chirurgo. Spogliandolo, avevano scoperto una dozzina di altre lacerazioni, più o meno profonde. Era la prima volta che vedeva un uomo coperto da tante ferite e decise di affrontare subito le parti più difficili, la milza e il rene, mentre il collega si occupava del resto. L’operazione era durata più di dodici ore, avevano sistemato la milza, asportato il rene e messi centosessantatré punti di sutura. A parte una breve sosta alla toilette, Mi Duo non ebbe nemmeno il tempo di sbattere le palpebre.
Poi Mi Duo osservò il volto di quel paziente che durante l’operazione non aveva avuto occasione di guardare. Era un ragazzo di una ventina di anni, dai tratti ancora infantili, dall’aspetto delicato e dal colorito pallido. Era diffiile immaginare che qualcuno potesse averlo ridotto in quello stato. Non sapeva cosa fosse successo, ma quando aveva visto il corpo di quel ragazzo così fragile e indifeso disteso sul letto, aveva provato un inspiegabile dolore, come se fosse un suo fratello minore.
Mi Duo aveva poi saputo dalla polizia che il ragazzo si chiamava Zuo Xiaobing. I suoi genitori avevano divorziato quando lui aveva dodici anni e il tribunale lo aveva affidato al padre. La madre si era risposata e non l’aveva più rivista. Anche il padre si era risposato e lui era andato a stare dalla nonna, che lo aveva cresciuto. Ma la nonna era molto povera e lui aveva dovuto abbandonare il liceo. Aveva fatto lo strillone, il fattorino e alla fine aveva aperto un banco di frutta all’angolo di una via.
Lavorava duro, si alzava sempre molto presto e rincasava la notte: la sua frutta era buona, i prezzi giusti e la gente comprava volentieri da lui. Questa situazione aveva irritato un altro ambulante che da anni gestiva il mercato della frutta e che aveva assoldato dei teppisti per cacciare Zuo Xiaobing. Ma Zuo era un tipo ostinato e, in più, diceva apertamente quello che pensava. Erano stati quei teppisti ad accoltellarlo.
Durante la degenza, Mi Duo si era presa cura di lui e lo stesso Zuo la considerava come una sorella, con tutto il rispetto dovuto alla dottoressa. Una volta curate le ferite Zuo era stato dimesso. Le spese mediche erano state pagate dal venditore rivale che, non si sa come, era riuscito a evitare la condanna e Zuo non ricevette nemmeno uno yuan di indennizzo.
La nonna non si era più ripresa dal dolore e dalla rabbia, si era ammalata e poco dopo morì. Da quel giorno non si ebbe più traccia di Zuo Xiaobing. Aveva dimenticato il suo volto, ma non quel corpo lacerato dalle ferite, quel pallore e quella debolezza sul letto dell’ospedale. Poco prima che Mi Duo si dimettesse, in ospedale avevano deciso di prelevare gli organi di alcuni condannati a morte, immediatamente dopo la loro esecuzione. Era un lavoro di solito svolto da due medici, ma uno di loro non era disponibile e l’altro, che conosceva bene Mi Duo e sapeva che in quel momento non aveva urgenze, le chiese di accompagnarlo.
Arrivati sul luogo dell’esecuzione trovarono il furgone con i prigionieri. Dopo aver mostrato le autorizzazioni e indossato le mascherine, i due medici fecero ai condannati un’iniezione di anticoagulante per conservare intatti gli organi per l’espianto. Mi Duo si sentiva a disagio. Dopo anni di medicina, il sangue e la morte non la impressionavano più, ma era abituata a lavorare in ospedale, mentre lì c’era un’atmosfera crudele.
Facendo l’iniezione a uno dei condannati, aveva inavvertitamente dato una rapida occhiata al suo viso. Malgrado i capelli in disordine e lividi bluastri sul volto, aveva immediatamente riconosciuto quel ragazzo che aveva strappato alla morte con tutte le sue forze: Zuo Xiaobing.
Il seguito era rimasto sfocato nella sua memoria. Ricordava solo di essersi tolta la mascherina e averlo fissato negli occhi. Anche Zuo Xiaobing l’aveva riconosciuta e un lampo aveva attraversato il suo sguardo per spegnersi subito dopo.
Mi Duo spalancò la bocca come per dire qualcosa, ma non riuscì a pronunciare una parola. Gli fece l’iniezione con gesti meccanici.
Dieci minuti più tardi la polizia spingeva i prigionieri giù dal furgone e mentre scendevano Zuo si era voltato per guardarla. Mi Duo colse in quello sguardo tristezza e disperazione, forse anche un po’ di vergogna.
L’esecuzione era stata rapida e i due medici dovevano prelevare reni e occhi dai condannati, ma Mi Duo aveva volontariamente evitato di procedere sul cadavere del ragazzo; non aveva coraggio di affrontare quel corpo al quale aveva dedicato tanti sforzi. Il medico che si occupava di lui disse improvvisamente: «Ehi, a questo qui un manca un rene».
«Vedi disse a Pu Ke ecco la molla di cui parlavi».
*Feng Hua è una delle più giovani e prolifiche scrittrici cinesi. Ha al suo attivo numerosi romanzi, sceneggiature cinematografiche e serie noir trasmesse dalla televisione cinese.