La breve marcia della classe media cinese

In by Simone

Il recente rapporto di Credit Suisse sulla distribuzione della ricchezza nel mondo rivela come per la prima volta nella storia moderna la classe media cinese sia la più numerosa al mondo. Batte il record statunitense con 109 milioni di cittadini contro 92. Un dato ancora più significativo se si pensa che dal 2000 la classe media della Repubblica popolare si è ampliata di oltre 43 milioni di individui contro gli appena 22 degli Usa. Cosa vuol dire per la Cina?
Preferisco piangere sui sedili di una Bmw, che ridere sul portapacchi di una bici”. Era il 2010 quando questa frase – pronunciata da una ragazza per rifiutare un pretendente in un format televisivo molto simile al nostro ‘Uomini e donne’ – sconvolse l’opinione pubblica cinese e rimbalzò nella blogosfera della Repubblica popolare tanto da essere trasformato in un meme che resiste a cinque anni di distanza. Questi ultimi anni ci hanno insegnato che il suo non era un caso isolato ma la manifestazione di una tendenza inarrestabile nella società dello Stato più popoloso del pianeta.

Il recente rapporto di Credit Suisse sulla distribuzione della ricchezza nel mondo rivela come per la prima volta nella storia moderna la classe media cinese sia la più numerosa al mondo. Batte il record statunitense con 109 milioni di cittadini contro 92. Un dato ancora più significativo se si pensa che dal 2000 la classe media della Repubblica popolare si è ampliata di oltre 43 milioni di individui contro gli appena 22 degli Usa. Ma come si definisce la classe media?

Credit Suisse ha scelto di preferire “la fascia di ricchezza che si possiede al reddito” e l’ha stabilita tra i 50 e i 500mila dollari. Ovvero tra il “doppio del reddito medio” e dieci volte tanto. Così la Cina ha strappato agli Stati Uniti un altro primato: quello di avere la classe media più numerosa al mondo. E in un contesto in cui “la crescita di ricchezza in Cina è quintuplicata dall’inizio del secolo”. Oggi nella Repubblica popolare sono concentrate un quinto della popolazione e il dieci percento della ricchezza dell’intero globo.

La classe media cinese è nata agli inizi degli anni Duemila ed è cresciuta così rapidamente da rappresentare per lo stesso governo una sfida enorme. È un fenomeno che coinvolge essenzialmente i colletti bianchi che vivono in città, dove il reddito medio è almeno tre volte più alto di quello delle campagne. Così oggi la scommessa è popolare le città di sempre nuovi consumatori in modo da trasformare la Cina da fabbrica del mondo a società di servizi. Significa mettere sempre più cittadini in condizione di spendere e dare vita a quel gigantesco mercato interno di cui la leadership ha bisogno per mantenersi al potere (e a cui anelano le aziende di tutto il mondo per mantenersi in vita).

Sarà la sfida del prossimo piano quinquennale: non cadere nella cosiddetta trappola del reddito medio, ovvero non avvitarsi su se stessi nel momento in cui la crescita a due cifre – di cui si è beneficiato grazie a un basso costo del lavoro e al trasferimento di know how e tecnologie – scompare. Significa accettare quella che il premier Li Keqiang ha definito “nuova normalità” e favorire quella generazione di consumatori nata dopo gli anni Ottanta che non ha conosciuto gli stenti ed è quindi meno incline al risparmio. È presto per dire se questo nuovo ceto medio farà vacillare le fondamenta di un governo autoritario o contribuirà a mantenerlo al potere. Quello che è certo è che al momento ci scommettono tutti. Eccezion fatta per le aziende produttrici di biciclette.

[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: www.theatlantic.com]