Jack Ma, presidente esecutivo della Alibaba Group Holding Ltd., ha dichiarato che i prodotti contraffatti danneggiano Alibaba, così come l’economia cinese. In un’intervista alla Xinhua Jack Ma è intervenuto sull’argomento in una fase piuttosto delicata per l’azienda: da tempo perde valore in borsa e deve affrontare alcuni intoppi.
“Non credo che il successo si possa costruire sulla disonestà”, ha detto Jack Ma, respingendo alcuni commenti secondo cui Alibaba avrebbe approfittato delle contraffazioni. Ma ha detto che il tasso di reclamo dei clienti è solo dello 0,0116 per cento, molto inferiore a quello dei “negozi di mattoni e malta”. Inoltre i clienti possono ottenere rimborsi e indennità se comprano prodotti contraffatti da negozi che nel frattempo hanno chiuso, ha detto aggiungendo che Alibaba spende centinaia di milioni di yuan ogni anno per il monitoraggio e la lotta alla contraffazione. Pur ammettendo che l’impatto su Alibaba è limitato, Ma ha detto che la contraffazione potrebbe danneggiare profondamente il settore manifatturiero cinese.
La storia di Alibaba sembrava perfetta. Fondata nel 1999 da Jack Ma, uno degli uomini più ricchi del paese, l’azienda è diventata in breve tempo leader dell’e-commerce mondiale, arrivando a quotarsi a Wall Street lo scorso 2014. Dal giorno della sua quotazione negli Usa, nel settembre 2014, Alibaba solo nei primi tre mesi ha guadagnato circa 500 milioni di dollari, generando un fatturato di 2,7 miliardi di dollari. Jack Ma nel 2013 a 48 anni ha passato la mano, sostenendo di voler fare «largo ai giovani». Proprio Ma, durante il recente crollo della borsa cinese di Shanghai, ha perso 500 milioni di dollari.
Insieme a lui, anche Alibaba ha iniziato un lento crollo; il valore dell’azienda è arrivato addirittura sotto alla quotazione iniziale (68 dollari). Secondo il magazine finanziario del gruppo editoriale del Wall Street Journal, Barron’s, le azioni di Alibaba potrebbero arrivare – presto – a perdere il 50% del proprio valore. Perché? Le cause sono tante, e anche i media finanziari cinesi si sono chiesti le ragioni del capitombolo.
Sono stati ricordati i guai di Alibaba con il proprio modello di business: al contrario dei suoi competitors occidentali, Alibaba non guadagna sulle consegne, ma sulle quote di affiliazione che i supplier pagano per essere ammessi nell’elite dei gold members. Un sistema che per assicurare le affiliazioni, si era era macchiato di tangenti e mazzette. Le teste di alcuni dirigenti sono rotolate, ma l’ombra dello scandalo è rimasta.
Altri hanno ricordato anche l’esistenza di una sorta di class action da parte dei consumatori contro prodotti fake venduti dal sito. Si tratta di uno scandalo emerso nel gennaio di quest’anno e basato su un report governativo: su Alibaba si compra e si vende di tutto, dal made in China, al servizio in affitto di una persona perché vada a trovare i genitori anziani in campagna, al posto dei figli o dei nipoti legittimi. Ci sono poi diverse piattaforme che vendono prodotti fake.
Non è una novità, ma Pechino tempo fa ha accusato Alibaba attraverso un rapporto nel quale si sostiene che l’azienda avrebbe diffuso pubblicità illegali, ingannando i consumatori «con false affermazioni su prezzi bassi e altri dettagli». Uno scandalo che ha pesato sulle ultime evoluzioni sul mercato di Alibaba. Infine, come ricorda Barron’s, pesa la potenziale crisi economica cinese. Per un sito che si basa sui consumi, il rallentamento economico di Pechino potrebbe portare ad una contrazione delle vendite del colosso di Jack Ma, creando una sua sostanziale perdita di valore sul mercato azionario.
[Scritto per East online; fotocredits: nypost.com]