Il momento mediatico alla fine è arrivato. Dopo diversi giorni in sordina negli Usa, Modi è riuscito a bucare lo schermo e a «fare notizia». O meglio, ce l’hanno fatta le sue lacrime e la sua commozione, parlando della madre al fianco di Mark Zuckerberg, spalla perfetta per il Magic Moment di questa cinque giorni negli Stati Uniti piuttosto scialba, tanto tanto fumo e poco arrosto.L’estratto video di cui tutti parlano, in India e fuori, è preso dal meeting organizzato al quartier generale di Facebook in California: una chiacchierata assolutamente informale tra Mark Zuckerberg, Ceo di Facebook, e Narendra Modi, primo ministro indiano. L’intero incontro lo potete vedere qui, se vi va. Dura 50 minuti ed è un concentrato di buoni propositi e scambi di complimenti di cui parleremo, in parte, più avanti. A noi interessa un preciso passaggio, che allego qui sotto.
A un certo punto Mark Zuckerberg se ne esce con una domanda molto molto personale e, se vogliamo, piuttosto gratuita in un colloquio tra un leader del calibro di Modi e un giovane che controlla Il Social Network del pianeta. Zuckerberg introduce il tema della famiglia, un argomento che sta «molto a cuore» ad entrambi, e chiede a Modi – che, in visita ufficiale, rappresenta 1,3 miliardi di indiani sulla faccia della Terra – di parlare un po’ di sua madre.
Modi comincia, ricordando le umili origini della propria famiglia in Gujarat, e la voce gli si rompe dall’emozione, con qualche lacrimuccia.
Al di là delle speculazioni sull’opportunità di questo siparietto, se sia stato programmato o meno – chi può dirlo? – e mantenendo che l’emozione del premier sia comunque autentica, rimane che il computo finale di questi cinque giorni in Usa di Modi, quello per cui si ricorderà questa visita, è esattamente questo: Modi che piange parlando di sua madre.
Un episodio che rappresenta la perfetta sintesi tra il Sogno Americano e la Tradizione Indiana: un uomo di successo, Modi, che "si è fatto da solo" – o almeno questa la vulgata, glissando su un’appartenenza ultracinquantennale alla Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), sigla dell’estremismo hindu extraparlamentare – che ringrazia sua madre (e tutte le madri indiane, per osmosi) per le innumerevoli difficoltà affrontate nel crescerlo. Self Made Man e Mammone, l’«Amrika» che incontra l’Hindustan.
Le lacrime di Facebook hanno permesso a Modi di salvarsi in corner da una visita tremendamente anonima, come già scrivevo la scorsa settimana, conquistandosi le pagine dei giornali e servizi televisivi facendo leva sull’umiltà dell’Uomo al Potere, un tratto distintivo che Modi ha coltivato magistralmente, a livello mediatico, in questo ultimo anno.
Dietro l’umiltà, rimane però un India dei sogni che ancora una volta si siede vicino ai potenti strappando promesse e buone intenzioni, come realizzare una rete internet ultraveloce che colleghi «tutti i villaggi indiani», secondo Modi; villaggi dove spesso anche l’elettricità è merce rara, ma i sogni son desideri.
L’insoddisfazione latente di una certa parte di India, ora che Modi è tornato in patria, è tutta in questo commento di Javed Anwer pubblicato da Dailyo, che fa un elenco dettagliato di cosa non si è parlato in questi cinque giorni (intercettazioni della Nsa e privacy, net neutrality, investimenti e posti di lavoro…) e di cosa invece si è parlato (Modi celebrato dagli indiani della diaspora che intonano canzoni di Bollywood, Modi che si commuove parlando di sua madre, Google che promette di portare il wi-fi in 500 stazioni del treno indiane senza spiegare come, Microsoft che promette di portare la banda larga in 500mila villaggi senza spiegare come, i leader dell’hi-tech made in Usa che visitano con gioia un tempio nel Nord dell’India già soprannominato Il Tempio dei Miliardari…).
Ecco, forse era lecito aspettarsi qualcosa di più dalla seconda visita in Usa di Modi. O forse, più realisticamente, al momento l’India questo ha da dare: sogni, sentimenti e speranze. Si prende quello che arriva.
[Scritto per East online; foto credit: mashable.com