Seconda e ultima parte del racconto di Mu Shiying (1912 – 1940) che narra di due anime in fuga dagli orrori della guerra. Dalla tragedia nasce un amore basato sul comune impulso alla sopravvivenza. La Cina della roboante Shanghai, già soggetto privilegiato dello scrittore simbolo del modernismo, lascia il posto a una realtà minore, precaria, sempre sospesa tra vita e morte. La prima parte
«Ti siedi un po’ più lontano?».
Mi allontanai un po’ e parlammo, stando seduti di fronte, distanti.
Il momento non era assolutamente affrettato, in cielo le stelle erano incredibilmente fitte, tu stringesti me, io strinsi te, sembrava desiderassimo stringere qualcuno. L’erba al di fuori del capanno era tutta inumidita dalla rugiada e in lontananza alcuni alberi penduli estendevano il tronco verso la luna. Ci fu una folata di vento e sentii anche un po’ di freddo. All’esterno del capanno un uccello notturno cantava; quel verso era abbastanza strano, sembrava un fantasma che piangeva, faceva spaventare le persone, e fu seguito da una folata di vento. Lei tirò indietro il collo e tremò un po’. La guardai.
«Ti avvicini ancora un po’?» disse lei.
«Hai freddo?».
«Ho paura».
Andai a sedermi vicino a lei, proprio accanto; lei allora, indietreggiando, disse: «Tu no?»
guardandomi.
Scossi la testa.
A quel punto lei si appoggiò su di me e disse: «Sono stanca!».
Quindi chiuse gli occhi.
Mentre la guardavo, la mia fatica, la mia solitudine, sparirono del tutto. Pensai che non ero più solo, nel mondo. Ero insieme a lei dentro quel capanno — eravamo due persone.
Iniziò il secondo giorno, lei aveva le guance molto rosse e le sopracciglia scompigliate; la sera precedente la traccia di verginità che c’era nei suoi occhi era stata rubata da un ladro. Guardò il cielo, guardò i raggi del sole, poi guardò me, e improvvisamente scoppiò a piangere, nascondendo il viso. Non osai dire una parola, sapevo di aver fatto una cosa sbagliata. Solo dopo aver pianto per un bel pezzo sollevò la testa, indicò col dito il mio naso e disse: «È tutta colpa tua!».
Abbassai il capo.
«Avevi detto che non sarebbe accaduto!».
«Non me lo sarei mai aspettato».
Lei pianse ancora, pianse per un po’ e disse: «Mi hai detto forse come mai?».
«Andiamo, insieme!».
Camminammo entrambi verso sud, senza neanche sapere dove stessimo andando; sulla strada non proferì parola e neanche io osai farlo. Arrivati in un piccolo borgo, disse: «Sono davvero affamata». Allora corsi in un negozio di focacce e dissi al negoziante, supplicando: «Signore, muoio di fame, povero me. Tutta la famiglia è stata attaccata dai soldati. Inginocchiato per un giorno ed una notte, non ho mangiato niente». Quel negoziante sembrò non sentire. Non ebbi altra scelta se non quella di andarmene. Lei stava dietro l’angolo, mi aspettava con un’espressione di rimprovero. Non avevo idea di cosa fare, arrivai davanti ad un negozio di tessuti e, non so perché, mi venne in mente Lianhualao, allora abbassai la testa:
Ai ya ai zi wei!
I fiori sbocciano e i fiori di prugno cadono,
si è aperto un fiore di prugno!
Un fiore di calicanto!
Credo che il viso mi stesse diventando rosso, c’erano molte persone intorno a me, e avrei davvero voluto sotterrarmi. In quel momento, improvvisamente, sentii che c’era anche una persona che stava cantando, seguendomi; guardai, ed era lei, teneva tra le mani due pezzi di bambù rovinati, presi non si sa dove, e li batteva in maniera musicale. Io, rinvigorito, tirai subito fuori il petto, alzai la testa e cantai Lianhualao a gran voce.
Da quel giorno in avanti vagammo, come foglie autunnali, da una città all’altra. In seguito riuscimmo a rimediare un violino a due corde logoro e una coppia di batacchi di legno e insieme, una montagna e un’altra montagna, un corso d’acqua e un altro corso d’acqua, cantavamo Lianhualao, davanti alle porte in vimini delle capanne e davanti ai cancelli pitturati di nero.
Ieri sera stavamo seduti in un piccolo hutong. Lei aveva un po’ di febbre, si è rannicchiata accanto a me, ha guardato i miei capelli e ha detto: «I tuoi capelli sono un po’ grigi».
«Certo, quaranta e passa anni non possono far sì che i capelli siano definiti bianchi».
«Da quando siamo andati via dal capanno ad oggi sono trascorsi più di vent’anni, quasi trenta. È passato davvero in fretta, il tempo! Ricordi? C’è stato un anno in cui stavamo nello Henan, e abbiamo trascorso tre giorni senza mangiare nulla; in quel periodo eri estremamente nervoso e, non si sa perché, appena arrivavi mi picchiavi, mi hai fatto nera una bella parte del tronco! Te lo ricordi?».
«Non sarà che ancora vuoi litigare con me, vero?».
«Quella sera, nel capanno, non somigliava molto ad oggi, forse?».
Ho alzato la testa: c’era una luna ricurva, dove si trova la gronda, che faceva completamente risplendere d’argento le tegole nere.
«Sono davvero a pezzi, però!» e ha poggiato la testa, molto pesante, sulla mia spalla. Io neanche ci ho fatto caso, pensavo soltanto a guardare la luna, ma lei, in quella posizione, se ne è andata.
Con una coppia di batacchi di legno ed un violino a due corde, insieme, un corso d’acqua e un altro corso d’acqua, una montagna e un’altra montagna, cantavamo Lianhualao all’unisono, davanti alle porte in vimini delle capanne, davanti ai cancelli pitturati di nero, nelle strade e nei campi di grano. Ridevamo insieme e piangevamo insieme, sospiravamo insieme, e insieme ci asciugavamo le lacrime: nel mondo c’era un me, e c’era una lei — eravamo due persone.
Già, eravamo due persone, ma lei ieri sera è morta.
2. fine
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi, Traduzione di Franco Ficetola*]*Mu Shiying (1912 – 1940) fu uno scrittore cinese noto come massimo esponente del modernismo, stile letterario che si ispirava all’analogo occidentale. Fu attivo a Shanghai negli anni Trenta, dove contribuì a riviste come Les Contemporains (Xiandai, 1932-1935), a cura di Shi Zhecun. Mu ha scritto più di 50 racconti, alcuni romanzi, sceneggiature, e numerosi saggi nel corso della sua breve vita. Tra i suoi più celebri racconti, "Shanghai Fox-trot", "Craven A" e "Cinque in un locale notturno". La sua poetica è incentrata sull’atmosfera da sogno della città moderna, piena di locali notturni e cabaret.
*Franco Ficetola (francoficetola@gmail.com) nasce a Roma il 14 marzo del 1992. Dopo la maturità scientifica, consegue nel 2015 la Laurea in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università La Sapienza di Roma. Approfondisce inoltre lo studio della lingua cinese frequentando, nel 2014, l’Università di Lingue Straniere di Pechino