Il mercato turistico cinese è stato a lungo un mercato sottovalutato, poi improvvisamente si è imposto all’attenzione degli operatori per i suoi numeri straordinari. Il Libro bianco sul turismo cinese è frutto del lavoro di docenti universitari, ricercatori, sinologi, esperti di turismo, giornalisti specializzati, operatori turistici italiani e cinesi ed è ricco di idee e spunti di lavoro. China Files ve ne regala un estratto (per gentile concessione di Team Work).
Nel corso degli ultimi dieci anni il mercato turistico cinese in outbound è stato quello che, nel mondo, ha fatto registrare il maggior tasso di crescita (+350%), sia in termini di sviluppo che di diversificazione. I turisti cinesi inoltre sono i principali big spender a livello globale: basti pensare che nel nostro Paese durante il 2013 hanno speso, in media, poco più di 1.000 euro per gli acquisti tax free, facendo registrare un incremento del 20% rispetto all’anno precedente.
Tale dinamismo non può essere compreso e interpretato se non alla luce delle profonde trasformazioni che hanno riguardato il sistema di valori e i modelli di consumo degli abitanti del “Paese che si trova al centro”, riconducibili ad una sostanziale erosione dell’etica confuciana, basata sul rispetto per l’autorità, un forte orientamento al gruppo e una spiccata frugalità.
L’incremento del reddito medio disponibile e il maggior tempo a disposizione per intraprendere un viaggio; la diffusione di internet, che ha aumentato l’accessibilità informativa delle destinazioni più lontane; un rapido processo di urbanizzazione caratterizzato da un crescente interesse da parte delle classi più agiate per prodotti di alta qualità, servizi fortemente personalizzati ed esperienze percepite come “di lusso”, così come lo svilupparsi di una classe media sempre più desiderosa di viaggiare e di conoscere Paesi stranieri.
La decisa spinta del governo alla diffusione del “piccolo benessere” presso ampie fasce della popolazione, hanno segnato una radicale trasformazione delle motivazioni di viaggio e hanno contribuito alla ridefinizione, oggi in corso, del profilo del turista cinese. Se infatti in passato ci si muoveva all’estero soprattutto per motivi di lavoro o per andare a trovare familiari e/o amici, oggi si viaggia per soddisfare il proprio desiderio di conoscere il mondo e appagare un più intimo bisogno di auto-affermazione che non è “vanità”, ma “attestazione di status”.
Per quanto profondi siano i cambiamenti intervenuti, la società cinese resta tuttora fortemente gerarchica: il viaggio viene considerato un modo per dimostrare, secondo un rapporto di stretta correlazione con la distanza percorsa, la propria capacità di spesa e, di riflesso, di consolidare il proprio prestigio in patria.
Per una serie di circostanze storiche e di affinità culturale, la maggior parte dei turisti cinesi, soprattutto se esce fuori dai confini nazionali per la prima volta, continua a prediligere destinazioni come Hong Kong, Macao e i Paesi dell’area del Pacifico. In continua crescita è, però, il numero di turisti interessati a viaggi verso l’Europa (apprezzata in virtù del suo ricco patrimonio storico e culturale) e gli Stati Uniti (connotati da un forte senso di esotismo), mentre l’Australia resta la meta prediletta dalla nicchia degli amanti delle bellezze naturali.
Conoscere per comprendere, comprendere per soddisfare
Il turista cinese in outbound ha un’età mediamente bassa (compresa tra i 25 e i 44 anni) e un elevato livello di istruzione (oltre il 70% possiede un diploma di specializzazione e/o una laurea). Per quanto culturalmente non gli sia estraneo il concetto di “flessibilità”, ama partire solo dopo aver effettuato un rigoroso processo di selezione degli operatori della filiera turistica a cui si affiderà, così come delle persone con cui si metterà in viaggio (tipicamente amici, familiari e colleghi provenienti dal medesimo ambiente professionale). Altrettanta attenzione viene dedicata nella scelta della destinazione, a fattori come l’igiene e la sicurezza personali.
In termini più generali, è corretto affermare che per il turista cinese è molto importante documentarsi prima di partire sui luoghi che andrà a visitare. Tour operator, giornali e riviste sono tradizionalmente le sue principali fonti di informazione, ma è in continuo aumento il peso del passaparola di familiari e amici, così come il word of mouth sui social network.
Quello dei turisti in outbound è un mercato che, nonostante i significativi tassi di crescita, resta caratterizzato da elevati livelli di stagionalità, soprattutto con riferimento alle partenze di gruppo. Ciò che colpisce, tuttavia, è la veloce diversificazione a cui sta andando incontro. Un processo, questo, che pone ulteriori sfide agli operatori turistici italiani, i quali in passato hanno spesso accolto i turisti cinesi con diffidenza e una buona dose di impreparazione, non comprendendone cultura, atteggiamenti e aspettative.
Per queste ragioni, s’intende qui di seguito fornire un’ipotesi di segmentazione di tale mercato, costruita sulla base dell’analisi dei maggiori fattori di attrattiva che qualificano il nostro Paese nella percezione dei viaggiatori long-haul del Celeste Impero.
I pescatori dalle zampe asciutte
Il turista appartenente a questo segmento mantiene un approccio al viaggio più tradizionale: si tratta, in particolare, di una persona nata tra gli anni ’50 e ’60 che viaggia in gruppo e acquista solo pacchetti organizzati da tour operator, facendo tappa in almeno quattro o cinque Paesi differenti («Molti Paesi in pochi giorni» è il suo motto). Il suo profilo tipico è quello di un turista che arriva in Italia dopo essere stato in Francia e in Germania (perché Parigi e Francoforte hanno i maggiori collegamenti aerei diretti con la Cina), che si ferma nel nostro Paese solo pochi giorni, spesso soggiornando ogni notte in una città diversa; interessato esclusivamente a visitare i luoghi di maggiore notorietà e a comprare souvenir, è fermamente intenzionato a mantenere le proprie tradizioni anche all’estero (ad esempio, mangiando solo in ristoranti cinesi, secondo orari tipicamente cinesi o seguendo particolari ritualità legate ai numeri) per questo apprezza molto che durante una visita la guida (che deve possedere conoscenze molto dettagliate sull’arte occidentale) gli faccia identificare legami tra i luoghi che sta visitando e alcuni elementi o tratti tipici della storia o della cultura cinese. Sebbene sia al suo primo viaggio all’estero e possa contare su una conoscenza alquanto malferma della lingua inglese, così come della cultura occidentale, non si tratta di un turista sprovveduto: ha già un’idea chiara del sito che andrà a visitare e di ciò che acquisterà. Il suo processo di scelta viene guidato da due elementi fondamentali: il costo del pacchetto e la notorietà dell’agenzia di viaggi a cui si affida.
Gli estimatori di vasi
Vi sono poi i “turisti di ritorno”: economicamente benestanti, spesso sono già stati nel Paese per motivi di lavoro o di studio, ma ne sono rimasti così colpiti che hanno deciso di tornarci in vacanza per una visita più dettagliata. Grandi amanti dello shopping e dei marchi del Made in Italy, si aspettano un servizio improntato ad alti livelli di qualità e comfort: per questo, nell’organizzazione della vacanza si affidano ad agenzie di viaggio e tour operator. Viaggiare è per loro anche un modo per diffondere nel Paese di destinazione il soft power del Celeste Impero; per questo, considerano un servizio di alta qualità solo se soddisfa tre criteri fondamentali: la funzionalità (il servizio è erogato in maniera puntuale e veloce, il personale è preparato, etc.), il grado di considerazione per i propri ospiti (che gli operatori italiani potrebbero dimostrare, per esempio, attraverso l’utilizzo di bandiere o la predisposizione di materiale in lingua cinese) e, infine, il mantenimento della mianzi (che si concretizza nel rivolgersi in un gruppo prima al più anziano o al più alto in grado, nel non interrompere o criticare in maniera esplicita e nel non opporre in pubblico un rifiuto categorico).
Gli “estimatori di vasi” apprezzano soprattutto i pacchetti ricchi di attività, ma in cui sia previsto anche del tempo libero, che essi tendenzialmente dedicano ad attività sportive all’aria aperta, come giocare a golf o andare in bicicletta. Visitano meno Paesi (di solito, due o tre) rispetto ai “pescatori dalle zampe asciutte”, perché preferiscono visite più approfondite, che consentano loro degli approcci (sebbene molto mediati) con la cultura del luogo che stanno visitando. Come già anticipato, anche per loro il viaggio ha una forte componente simbolica: per questo, nella scelta della meta sono molto attenti al rapporto value for money (il prezzo del pacchetto rispetto ai contenuti dell’offerta) mentre, una volta rientrati a casa, amano consolidare il proprio prestigio nella comunità di riferimento raccontando la propria esperienza a parenti e conoscenti.
Gli aquiloni dalla lunga corda
Segmento in forte crescita, è composto da FIT (Free and Indipendent Travellers) che si spostano in media due o tre volte all’anno, prediligono i viaggi mono-destinazione, gli itinerari tematici e le crociere nel Mediterraneo, volano solo in prima classe, soggiornano presso le strutture alberghiere a 5 stelle di grandi catene internazionali e spesso portano con sé i propri domestici. Si tratta di turisti (sia uomini che donne) colti, con un’età media di 38 anni e consistenti capacità di spesa (spesso sono sigle o coppie senza figli); amanti della vacanza “su misura”, all’insegna del relax e dello stare bene, richiedono elevati standard di qualità (dove spesso “qualità” è sinonimo di “lusso”), una componente di servizio molto elevata ed estremamente personalizzata. Quando viaggiano si aspettano di vivere esperienze che permettano loro di sperimentare, in maniera altamente immersiva, lo stile di vita del Paese in cui si trovano; per questo, non disdegnano mete poco conosciute, ma che possano tuttavia connotarsi per tratti di “eccellenza”.
I coccodrilli di fiume
Scelte ancora differenti compiono i turisti della “generazione Y”: orientati al successo e meno legati, rispetto ai loro genitori, alla cultura tradizionale, guardano con curiosità e interesse ai valori occidentali, viaggiando da soli e/o con gli amici in una sorta di grand tour per l’Europa, all’insegna di shopping e divertimento. Per poter rimanere sempre insieme, preferiscono non soggiornare presso le strutture alberghiere, ma cercare ville in affitto oppure farsi ospitare in casa di conoscenti: elemento essenziale per loro è avere a disposizione una connessione wi-fi veloce, così da avere modo di conoscere in anticipo i posti che andranno a visitare e, soprattutto, di condividere online in tempo reale le proprie esperienze di viaggio.
Essendo studenti o professionisti entrati da poco nel mondo del lavoro, non hanno un elevato reddito disponibile, ma sono disposti a spendere cifre anche significative pur di vivere esperienze coerenti con i loro interessi; ad esempio, apprezzano molto l’assaggiare i cibi locali e il conoscere le persone del luogo, così come visitare le località meno conosciute. Il loro essere nativi digitali li spinge, di fatto, a re-interpretare in chiave 2.0 uno dei valori fondanti del tessuto sociale cinese: quello di guānxi. Per questo, anche nella scelta della meta della vacanza non chiedono consiglio alle agenzie di viaggio, ma si lasciano guidare dal passaparola e dal parere dominante nelle proprie reti amicali, sviluppate in maniera pressoché esclusiva sui social network o, più in generale, sulla rete, che per loro è lo spazio privilegiato per il reperimento di informazioni.
Proprio il complesso di giudizi favorevoli o non favorevoli, opinioni, sentimenti e impressioni di chi è stato o si accinge a mettersi in viaggio, è uno dei terreni su cui oggi si gioca la competizione tra le destinazioni internazionali, sia perché il controllo del flusso informativo è sempre meno nelle mani del management e sempre più in quello del turista, sia perché la qualità delle strutture ricettive, la bellezza del paesaggio e l’accoglienza delle persone si vengono con sempre maggiore forza a configurare per i turisti cinesi come point of parity: elementi, cioè, necessari ma non sufficienti per agire quali specifici attrattori nella scelta di un potenziale visitatore.
Per risultare attrattivi ai diversi segmenti di cui si compone questo mercato, le destinazioni turistiche sono chiamate a costruire la propria immagine miscelando sapientemente elementi funzionali, simbolici ed esperienziali. Un compito ancora più sfidante quando si ha a che fare con i turisti a lungo raggio, dove la distanza geografica si combina con quella culturale, rendendo complesso riuscire a trasferire i tratti salienti (“attributi”), prevalentemente di natura immateriale, che definiscono e rendono unica l’identità di un Paese, differenziandolo rispetto alle destinazioni concorrenti.
*Pierfelice Rosato è professore aggregato di “Economia e Gestione delle Imprese Turistiche” presso la Facoltà di Economia dell’Università del Salento. È autore e coautore di numerosi articoli scientifici sui temi del destination marketing e dell’hospitality management e ha partecipato in veste di relatore a diversi convegni nazionali e internazionali. Svolge incarichi consulenziali e di ricerca per differenti enti e istituzioni, tra cui OCSE, Formez, Sviluppo Italia, Cerpem e SRM.
**Silvia Gravili è dottoranda di ricerca in “Economia Aziendale” presso la Facoltà di Economia dell’Università del Salento. È autrice di pubblicazioni scientifiche sui temi del destination marketing e della comunicazione d’impresa. Già docente presso il corso di laurea in “Scienze della Comunicazione” presso l’Università del Salento, ha diretto l’ufficio marketing di una società di servizi B2B di Boston (2008).