Le grandi banche internazionali scommettono sul progredire della fase di riforme strutturali avviate nel 2014 e l’andamento dell’economia cinese sembra stabilirsi intorno a una crescita prevista del 7 per cento. Inizia il 2015 e la Repubblica popolare sembra tutta presa a migliorare norme e obiettivi in nome della difesa dell’ambiente.
Inizia così il 2015, un anno che molti considerano chiave per la sostenibilità. Si susseguiranno infatti una serie di appuntamenti decisivi per stabilire le direzioni che si vorranno prendere in materia di cambiamento climatico, finanziamento allo sviluppo, resilienza e per le priorità da attribuire allo sviluppo, ed è facile prevedere che la Cina giocherà un ruolo decisivo in ognuno di questi consessi internazionali.
Con il vertice mondiale sul clima di Parigi in agenda e alle spalle l’accordo dello scorso novembre che prevede l’imposizione di una soglia alle emissioni entro il 2030, dietro impegno americano a ridurre le proprie emissioni del 26-28 per cento entro il 2025, la Cina inizia l’anno con un atteggiamento che fa ben sperare.
In tale direzione pare andare anche l’annuncio fatto qualche giorno fa sul sito della Corte Suprema cinese. L’autorità ha infatti reso noto che ridurrà i costi delle cause processuali intentate da gruppi e organizzazioni ambientaliste cinesi nei confronti di società o individui colpevoli di non rispettare le leggi ambientali e di inquinare il paese.
Non è dato di sapere se la norma si estenderà anche a singoli ambientalisti né tantomeno se esiste una speranza di coinvolgere anche le ong internazionali, ma per il momento pare certo che a organizzazioni impegnate sul territorio in cause ambientaliste, quali ad esempio Friends of Nature, Global Village e Green Home, verrà fornito uno status speciale, e verranno sospese le limitazioni dovute alla sede dell’organizzazione che ne hanno tradizionalmente imbrigliato l’azione, limitandone gli effetti.
Vista da fuori la mossa – che potrà dare agli oltre 700 tra gruppi e associazioni ambientaliste riconosciute da Pechino via libera alla denuncia degli inquinatori – è in linea con la stretta voluta da Xi Jinping contro chi viola le disposizioni di legge. Le supermulte ambientali sono l’ultima manifestazione.
A una lettura più attenta sembra però plausibile che questa misura rappresenti da un lato la possibilità per il governo di assicurarsi un sostegno alle proprie politiche (per cui ha stanziato $275 miliardi da utilizzarsi nel corso dei prossimi cinque anni) attraverso le antenne sul territorio delle ong ambientaliste.
Dall’altra potrebbe servire a depotenziare il pericolo che da sempre il terzo settore nasconde per il Partito. Indirizzare l’operato di queste organizzazioni su temi “controllati” come quelli ambientale, equivale a contenerne l’azione, evitando che debordi e si allarghi a temi e problematiche meno gradite al Partito.
*Nicoletta Ferro si è occupata delle dinamiche politiche e aziendali legate alla sostenibilità, prima come senior researcher presso la Fondazione Eni Enrico Mattei a Milano, in seguito per 7 anni da Shanghai. Oggi è ricercatrice presso il CRIOS (Center for Research in Innovation, Organization and Strategy) dell’Università Bocconi e responsabile dello sviluppo asiatico di GOLDEN (Global Organizational Learning and Development Network) for sustainability, un network di ricerca globale sui temi della sostenibilità.
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.