SINOLOGIE – Scuole per migranti

In by Gabriele Battaglia

La tesi Migrazione interna cinese tra barriere e privilegi locali: le scuole urbane per migranti  (mingong zidi xuexiao) è un’analisi etnografica e sociologica dei migranti rurali cinesi (nongmigong) con particolare enfasi sulle difficoltà di accesso all’istruzione per le generazioni più giovani. Si stima che almeno un terzo dei quasi 40 milioni di bambini migranti resta escluso dall’istruzione pubblica. Il focus sulla municipalità di Pechino.
Il sistema di registrazione abitativa della popolazione, lo hukou, ha per molto tempo implicato che la popolazione delle campagne rimanesse nelle campagne e che le aree urbane fossero delle enclavi il cui accesso era fortemente controllato. Dalla fine degli anni settanta con l’avvio delle riforme denghiste, la mobilità interna in Cina è stata molto liberalizzata, determinando un crescente afflusso nelle aree urbane di residenti rurali in cerca di lavoro. È emerso così un esercito di lavoratori migranti di origine rurale, che hanno costituito il motore troppe volte silenzioso dello spettacolare sviluppo del Paese.

Nonostante ne sia stata annunciata la riforma nel novembre 2013, lo hukou ha un ruolo tutt’oggi determinante nella distribuzione di servizi ai cinesi urbani soltanto, tagliando fuori il gruppo crescente dei nongmingong. Le principali difficoltà per i migranti emergono relativamente al sistema sanitario e pensionistico, per gli alloggi e soprattutto per l’istruzione dei figli. I bambini migranti nelle città aumentano più rapidamente della popolazione adulta e per quanto si riscontrino dei relativi miglioramenti, comunque almeno un terzo dei quasi 40 milioni di bambini migranti resta escluso dall’istruzione pubblica.

Sebbene nel 2006 il legislatore cinese abbia stabilito l’obbligo di nove anni di istruzione per tutti i minori, la clausola non scritta è che questo diritto è fruibile solo nel luogo in cui si risulta registrati alla nascita (e quindi come appare sullo hukou). I genitori di bambini migranti che vogliano un’istruzione pubblica per i propri figli, si ritrovano a fare ingenti “donazioni” alle scuole statali urbane. È molto frequente il caso di bambini migranti che, per via dell’esoso costo dell’istruzione pubblica per non locali o perché privi della documentazione richiesta, sono costretti a rivolgersi a strutture secondarie, delle scuole specifiche per migranti (mingong zidi xuexiao).

Le condizioni di questi edifici sono spesso precarie e il livello di istruzione impartito è molto inferiore rispetto a quello delle scuole pubbliche. Si tratta di scuole informali, prive di autorizzazioni governative e quindi, considerate non appartenenti al sistema scolastico locale. I finanziamenti ricevuti sono principalmente di provenienza privata e poiché il governo cinese non sembra approvare queste scuole di serie B, corrono il rischio di essere smantellate senza preavviso.

Per molto tempo la linea governativa a livello nazionale sembra essere stata quella di non chiudere, né riconoscere, ma di lasciare le scuole per migranti abbandonate al proprio destino (bu qudi, bu chengren, zi sheng zi mie). Di fatto ogni realtà locale ha poi adottato misure proprie per affrontare il problema. Lo studio specifico sulla municipalità di Pechino ha rivelato che, nonostante i graduali progressi nell’assorbimento dei migranti nelle scuole statali, nella capitale la situazione per i bambini non-locali continua ad essere critica: esistono ancora almeno duecento scuole elementari per migranti.

La necessità che queste strutture continuino ad operare è suggerita in primo luogo dal numero degli studenti migranti, compreso tra i 300 e i 500mila, che ancora non possono frequentare le scuole statali pechinesi. Le difficoltà burocratiche sono ancora insormontabili per un terzo delle famiglie migranti che vivono nella capitale: le scuole pubbliche continuano a richiedere almeno cinque certificati e rette di iscrizione cospicue a tutti gli alunni non locali, esistono inoltre delle quote fisse di studenti migranti che ogni scuola statale può ammettere.

Le scuole per migranti invece sono aperte a tutti i bambini non pechinesi senza distinzioni, con rette scolastiche molto accessibili e una relativa flessibilità nelle pratiche burocratiche di iscrizione. La quasi totalità degli utenti delle scuole per migranti pechinesi è costituita dai migranti rurali provenienti da tutto il Paese che risiedono nei distretti più periferici della città. Alla luce delle normative fin qui emanate dal governo locale, è evidente che è mancato alle autorità pechinesi un incentivo a risolvere il problema dell’istruzione per le fasce più deboli della popolazione migrante. Lasciare il problema dell’istruzione irrisolto può in qualche modo scoraggiare l’ulteriore arrivo di famiglie migranti rurali con figli a carico.

Non solo finora Pechino non si è dotata di un piano di rivalutazione delle scuole per migranti, a partire dalla metà della scorsa decade è anche cominciata una fase di razionalizzazione delle scuole già esistenti. Nel 2006 la municipalità ha proposto lo slogan di supportare un gruppo di scuole, approvarne alcune, eliminarne delle altre (fuchi yi pi, shenpi yi pi, taotai yi pi). In effetti sembra che siano state eliminate molte scuole, ma siano giunti in misura molto minore il sostegno e l’approvazione alle restanti, come dimostrato dallo scarso numero di licenze concesse per operare come scuole private.

Il sospetto è che le chiusure siano fini a se stesse e non in funzione degli alunni per i quali non vengono predisposte valide alternative scolastiche. Le chiusure e demolizioni hanno coinvolto almeno la metà delle scuole per migranti irregolarmente sorte nella capitale. Molto spesso ciò è accaduto in concomitanza con la demolizione dei villaggi al cui interno si trovavano le scuole, in un progetto di espansione edilizia della città. Come è emerso dalle testimonianze dei dirigenti scolastici intervistati e dagli attivisti delle ong contattate, è proprio lo sviluppo edilizio e non la qualità carente delle scuole per migranti a comportare la chiusura di moltissime di queste.

In generale negli ultimi anni si è teso a chiudere molte scuole relativamente vicine al centro e a mantenere funzionanti quelle situate in zone periferiche, in rari casi col contributo di finanziamenti pubblici. Le zone periferiche della capitale, soprattutto quelle settentrionali, come il distretto di Changping, ospitano infatti un’alta percentuale di bambini migranti che devono fare i conti con l’obiettiva saturazione delle scuole pubbliche periferiche. È probabile inoltre che le scuole più piccole vengano chiuse, mentre quelle più grandi vengono mantenute operative: le scuole per migranti rimaste a Pechino hanno dimensioni piuttosto grandi, tra i 600 e gli 800 alunni.

A livello oggettivo le scuole per migranti mostrano delle carenze infrastrutturali e strumentali. Gli ambienti sono sovente inadeguati ad ospitare un numero elevato di alunni, la strumentazione tecnica è insufficiente, i docenti poco numerosi. La didattica impartita è di molto inferiore rispetto alle scuole pubbliche: più della metà dei docenti non è abilitata all’insegnamento, solo una ridotta percentuale ha un titolo di studio post-secondario. Gli stipendi e l’elevato carico di lavoro poco stimolanti comportano una costante riduzione del corpo insegnante nelle scuole per migranti.

Idealmente la soluzione migliore per gli studenti migranti è l’assorbimento nelle scuole statali, con l’aggiunta della possibilità di sostenere in loco gli esami importanti alla fine dei cicli scolastici senza l’obbligo di tornare ai luoghi d’origine. Un buon segnale viene da Shanghai. Qui oltre a semplificare le pratiche burocratiche per l’accesso all’istruzione pubblica e includere gli studenti migranti nelle scuole statali, sono state lasciate aperte circa duecento scuole per migranti nelle zone dove c’era un’alta domanda

Queste hanno tutte beneficiato del sostegno governativo e di finanziamenti in ragione del numero degli studenti iscritti. Si tratta di misure di inclusione e non di esclusione della comunità migrante. Resta tuttavia aperta la questione dell’accesso all’istruzione superiore, dal momento che gli studenti migranti non hanno la possibilità di sostenere a Shanghai esami quali il zhongkao e il gaokao.

Per quanto riguarda il futuro delle scuole per migranti pechinesi, nel breve e medio periodo, a meno di ondate di chiusure come quelle del 2011, è probabile che le scuole continueranno a vivere in un clima di costante incertezza. I numeri sono però evidenti. Dal 2006 le scuole per migranti di Pechino non hanno fatto che diminuire, mentre gli studenti migranti nelle scuole statali sono in costante aumento.

È probabile dunque che nel lungo periodo le scuole per migranti tenderanno ad estinguersi, come già si evince dalla continua emorragia di insegnanti, certamente non attratti da un simile ambiente per lavorare a tempo indeterminato. È lo stesso sviluppo economico che renderà queste scuole sempre meno necessarie.

*Giulia Sciannaca giulia.sciannaca[@]gmail.com ha conseguito la Laurea magistrale in Lingue e Istituzioni Economiche e Giuridiche dell’Asia nel giugno 2014 presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Si interessa alle dinamiche sociali, economiche e politiche contemporanee di Cina e Asia.

** Questa tesi è stata discussa presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. Relatrice: prof.ssa Valeria Zanier; correlatrice: prof.ssa Laura De Giorgi