Oggi in Cina – Le tre strade del diritto

In by Gabriele Battaglia

Le tre strade del diritto, secondo il Partito appena uscito dal quarto plenum. Hong Kong: situazione di stallo mentre i leader del movimento degli studenti fermano l’iniziativa di un sondaggio elettronico e gli anti-occupy lanciano una contro-petizione. Cosa succede alla frontiera della Cina? La nuova formula per gli economisti che si occupano di Cina. LE TRE STRADE DEL DIRITTO
Parole d’ordine: Stato di diritto – Governo della costituzione – governo della morale. Sono i tre termini più ricorrenti nei documenti del Plenum appena concluso e nei commenti successivi. Al crocevia tra queste tre impostazioni così diverse tra loro, per alcuni inconciliabili, la Cina cercherà di trovare la propria strada verso un nuovo sistema legale. Non sarà “all’occidentale”, ma cercherà di tenere insieme costituzionalismo, leninismo e confucianesimo. Scopo supremo: continuare a crescere, rinnovando la società e l’economia e, sopratutto, smorazando le tensioni sociali e le ingiustizie che pervadono il Paese. Per ottenere questo scopo, si punta su una nuova centralità del Partito e della leadership e si dichiara guerra ai potentati locali. L’agenzia Nuova Cina esce con un editoriale dicendo che le nuove linee guida sanciranno “la fine del guanxi”, cioè il sistema delle relazioni interpersonali su cui si basa ogni aspetto della vita sociale ed economica cinese. E Wang Qishan, il grande fustigatore a capo della commissione di disciplina, dice che la campagna anticorruzione “non finirà mai”.

HK – NO AL REFERENDUM INTERNO
Problemi della democrazia applicata. Mentre a Hong Kong è situazione di stallo, i leader del movimento avevano deciso fare un sondaggio elettronico finalizzato – a loro dire – a fare pressioni sul governo in vista di ulteriori incontri. Si sarebbero messe ai voti due opzioni: la prima richiedeva a Pechino di ritirare le linee guida di agosto; la seconda, chiedeva la rimozione delle quote riservate ai gruppi d’interesse nel Consiglio legislativo e la nomina pubblica del Chief Executive.
Ma alla fine, i leader studenteschi hanno dovuto annullare l’iniziativa per l’opposizione di altre componenti interne al movimento. Il problema fondamentale, pare, è che avevano dato un preavviso troppo corto, senza che l’iniziativa e le opzioni fossero discusse e rischiando di attirarsi la consueta accusa di “leaderismo”.
Intanto, lo schieramento anti-Occupy ha lanciato sabato una petizione che chiede la fine delle proteste ed esprime appoggio alla polizia. Finora, avrebbe raccolto circa 650mila firme. 

LA QUESTIONE ETNICA
Al di là del circolo vizioso terrore-repressione, che cosa succede in Xinjiang e, più in generale nelle aree di frontiera della Cina? La leadership cinese come cerca di venire a capo del problema? Il problema religioso, quello culturale, quello economico come vengono affrontati? Sia la soluzione "alla sovietica" della segregazione&sicurezza, sia il melting pot occidentale non sembrano funzionare, così si sta provando una "integrazione etnica" alla cinese, fortemente voluta dal presidente Xi Jinping. Ma il cammino è accidentato. Parla James Leibold, professore australiano di "Asian Studies", esperto di questioni etniche, che vive e lavora a Pechino

IL "NUOVO NORMALE"
Una nuova formula è entrata nel vocabolario degli economisti che si occupano di Cina: "Xin Changtai", "new normal", che indica l’assestamento della crescita cinese più in basso di quanto visto finora. Sì, ma quanto più in basso? Che previsioni si possono fare per il futuro economico della Cina? Sarà un aggiustamento o un bagno di sangue?
Un viaggio nelle forze e nelle debolezze del Dragone con Wei Shang-Jin, Chief Economist della Asia Development Bank.

[Foto credit: icrosschina.com]