Si apre oggi il quarto plenum, incentrato sullo stato di diritto. Simone Pieranni fa il punto sulla recente narrazione del gigante cinese sulla stampa ‘main stream’. Dispotico e autoritario quando si racconta di Hong Kong e diritti civili. Un paese come tanti quando si tratta di approfittare della sua liquidità per stringere accordi e rilanciare l’economia.
I ragazzi, gli studenti di Hong Kong, hanno utilizzato i propri ombrelli per ripararsi dalle manganellate e dallo spray al peperoncino, con cui la polizia locale ha gestito i primi giorni di mobilitazioni nell’ex colonia britannica. Tanto è bastato, per sviluppare il meme anti cinese, celebrativo della Umbrella Revolution, la rivolta pro democrazia dei giovani di Hong Kong contro la repressione di Pechino.
Allo stesso modo, per ripararsi dai colpi della crisi, i rappresentanti politici ed economici italiani (e non solo), hanno fatto tutto il possibile per la protezione di almeno una parte dell’ombrello economico cinese.
Gli accordi firmati tra Italia e Cina – in questo caso – sono stati celebrati con molta enfasi. La Cina è stata ricordata come paese «dal grande passato e dal grande futuro, proprio come l’Italia» (parole di Renzi all’China-Italy Innovation Forum), dalle grandi risorse, cultura ed economia. Traducendo: con i soldi a disposizione, per rimettere in sesto o rilanciare l’economia italiana.
Nessun commento sulla Pechino anti democratica, repressiva, con cui invece si è dipinta la Cina a proposito di Hong Kong. Qual è la Cina vera, dunque, secondo la nostra stampa mainstream? Quella che reprime studenti, dissidenti, minoranze etniche, o quella che elargisce soldi alle dissestate economie europee?
Innanzitutto, partiamo dagli accordi. Sono tanti, valgono in totale 8 miliardi di euro e avvicinano l’Italia ai paesi europei che hanno relazioni economiche storiche e più solide con Pechino, come ad esempio la Germania. Renzi è stato capace di portare a termine un percorso che era iniziato con la visita di Monti a Pechino un paio di anni fa.
L’ex premier si era recato anche alla scuola centrale del Partito comunista, dove in parole molto semplici aveva fatto capire ai cinesi che l’Italia era pressoché in saldo. Monti – che aveva perfino elogiato il Partito comunista cinese – aveva chiesto esplicitamente alla Cina di investire. Pechino ha riflettuto e infine, complice la visita cinese di Renzi di qualche mese fa, sono arrivati a conclusione accordi che sembrano far felici tutti.
I cinesi, che acquistano a buoni prezzi asset non proprio fantasmagorici, ma che consentono di entrare in un paese europeo, in vista di un allargamento della propria strategia in chiara funzione anti americana (analogamente a quanto gli Usa stanno facendo in Asia).
All’Italia di Renzi, gli accordi permettono di utilizzare strumentalmente la liquidità cinese, come segnale di un paese vivo e capace di attirare gli unici che in questo momento hanno soldi da spendere.
Finmeccanica-AgustaWestland ha siglato un contratto con il gruppo cinese Beijing Automotive Industrial Corporation per la fornitura di 50 elicotteri di vari modelli che verranno destinati a compiti di pubblica utilità.
L’Amministratore delegato e direttore generale di Enel SpA, Francesco Starace, ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Tian Guoli, presidente dell’istituto finanziario Bank of China, Ltd (da non confondersi con People’s Bank of China), leader nel settore bancario cinese.
L’accordo è stato firmato a Roma nel corso del Business Council Italia-Cina, alla presenza di Li Keqiang e Renzi. Infine, tra gli altri, Franco Bassanini, Presidente della Cassa depositi e prestiti (Cdp), e Hu Huaibang, Presidente di China Development Corporation (Cdp), hanno siglato un accordo con lo scopo di rafforzare collaborazione fra i due istituti. «L’obiettivo – si legge nel comunicato stampa – è effettuare operazioni congiunte per complessivi 3 miliardi di euro nei prossimi 5 anni».
In questi casi – nelle cronache sui media – la Cina torna a essere un Paese come gli altri, con un’economia che consente investimenti. Magicamente scompaiono le caratteristiche negative abitualmente attribuite a Pechino. La questione dei tempi di certi processi cinesi, è in questi casi dirimente: a Pechino lunedì inizieranno gli incontri del quarto plenum del Partito comunista. Si discuterà di «Stato di diritto». In quanti lo hanno ricordato?
La Cina conviene così, incastonata in una narrazione degli eccessi: o dispotica o straordinariamente ricca. Come se tra questi due punti, non ci fossero un miliardo e mezzo di persone.
[Scritto per il manifesto; foto credits: beijingcream.com]