Le tre principali università cinesi (Peking University, Fudan University di Shaghai e Sun Yat-sen University di Guangzhou) hanno annunciato di voler aumentare il controllo ideologico sia sugli studenti che sugli insegnanti. La decisione è stata resa nota nell’ultimo numero del mensile di Partito Qiushi (Verità) e arriva in un momento di particolare attenzione del governo sui media e sul silenziare gli intellettuali più liberi.L’articolo in questione si intitola significativamente “Come portare avanti il lavoro ideologico nelle università date le nuove condizioni storiche” e le tre università in questioni sembrano concentrarsi in compiti differenti. L’Università di Pechino annuncia di concentrasi sul “campo di battaglia di Internet”: una task force composta da studenti membri del Pcc monitorerà la correttezza politica delle opinioni espresse online 24 ore su 24. Uno studente coinvolto ha raccontato al New York Times che non gli era stato spiegato secondo quali linee guida avrebbero dovuto riportare ai superiori, ma che gli era stato chiesto di usare il loro “buonsenso”.
“Negli ultimi anni – si legge nell’articolo di Qiushi – alcune persone spinte da secondi fini hanno ravvivato le fiamme di Internet contro l’obiettivo finale del Partito comunista e del sistema socialista”. E questo tipo di azioni “ha un forte impatto negativo sull’opinione pubblica”. Nello stesso pezzo il comitato di Partito interno all’Università invita insegnanti e studenti a “prendere una posizione netta e combattere contro azioni e discorsi che menzionano i principi e le linee guida del Partito e del Paese”.
A Shanghai, la prestigiosa Università Fudan si concentra invece sugli insegnanti sotto i 45 anni, affermando che alcuni di loro non hanno “una comprensione corretta” dei problemi dovuti alla fase di di transizione che la Repubblica popolare sta affrontando. Un’accusa che in qualche modo riflette quella che ha giugno ha lanciato un importante ispettore al più importante think thank del paese, l’Accademia delle scienze sociali, quando ha affermato che vi si erano “infiltrate forze straniere”.
Poco dopo, il Quotidiano del popolo, aveva rinforzato la dose affermando che l’accademia doveva essere ricostruita sull’ortodossia marxista e che i ricercatori che ne fanno parte dovevano essere valutati in base alla loro fedeltà all’ideologia. A maggio 2013, l’agenzia di stampa governativa Xinhua aveva riportato un appello congiunto del Ministero dell’istruzione e del Dipartimanto di propaganda che chiedevano che i giovani professori fossero educati meglio dal punto di vista ideologico e politico.
Lo stesso mese lo studioso di legge Zhang Xuezhong aveva scritto su Weibo, il twitter cinese, che lui e ad altri insegnati dell’Università di giurisprudenza di Shanghai (East China University of Political Science and Law) era stato richiesto di evitare argomenti “scomodi” come i valori universali, la libertà di stampa, i diritti civili, l’indipendenza dei giudici e gli errori commessi in passato dal Pcc.
Questo contenuto, che ha avuto subito una caratteristica virale in rete, è diventato noto come i “qibujiang” o “i sette innominabili”, solo per divenire esso stesso innominabile (e tutt’ora oggetto di censura). L’account del professor Zhang è stato sospeso e lui stesso, dall’anno scorso, non può più insegnare. La motivazione ufficiale è quella che avrebbe ripetutamente chiesto al governo di rispettare la Costituzione cinese.
[Scritto per Lettera43;