In attesa di conoscere il verdetto del primo processo contro i maggiorenti dei Khmer rossi, sia apre in Cambogia il secondo procedimento contro la dirigenza del regime di Pol Pot. Il prossimo 7 agosto arriverà la sentenza nel processo che vede imputati gli ormai ottuagenari Nuon Chea e Khieu Samphan, rispettivamente ideologo ed ex capo di Stato dell’allora Kampuchea democratica.
Il tribunale speciale per crimini di guerra in Cambogia, sostenuto dalle Nazioni Unite, ha l’obbiettivo di fare giustizia per le atrocità compiute durante gli anni Settanta dal cosiddetto “fratello numero uno”, Pol Pot, e dai suoi seguaci, in nome dell’instaurazione di un’utopistica società egualitaria e agraria, rompendo con tutto ciò che potesse far riferimento alla vecchia società che si voleva estirpare. Si calcola che durante gli anni del regime, tra il 1975 e il 1979, i morti per stenti, fame, torture, esecuzioni sommarie, furono almeno 1,7 milioni.
Mentre il primo procedimento del caso verte sui trasferimenti forzati dalle città alle campagne, sulle violenze contro la popolazione urbana e contro i soldati del regime del generale Lon Nol, il secondo processo, alla fase delle udienze preliminari, vuole fare luce sulle persecuzioni di vietnamiti, musulmani e buddhisti; sulle atrocità compiute nei centri di reclusione, primo tra tutto la scuola-prigione S-21, dove furono fatti almeno 15mila morti; sugli stupri di cui si resero responsabili i Khmer rossi.
Il procedimento dovrebbe iniziare entro fino anno, per protrarsi fino al 2016. In questa fase preparatoria le parti proporranno i propri testimoni e si stilerà un calendario per il procedimento, ha spiegato l’ufficio comunicazione del tribunale.
Una prima fase sarà dedicata ad analizzare il ruolo avuto dagli imputati nell’organizzare i crimini compiuti dal regime, si passerà poi ai capitoli specifici, dai centri di sicurezza fino ai matrimoni forzati.
La necessità di spacchettare il “caso 002” in più processi è stata dettata dall’obiettivo di di arrivare a una conclusione in tempi “brevi”. Dall’istituzione nel 2006, il Tribunale ha emesso un unico verdetto, quello contro Kaing Guek Eav. Meglio conosciuto con lo pseudonimo Duch, il direttore dell’S-21 fu condannato in appello all’ergastolo. Il carcere a vita è anche la pena chiesta per i due imputati. Gli ultimi due ancora alla sbarra degli iniziali quattro coinvolti nel processo contro il vertice del regime: Ieng Sary, ex ministro degli Esteri del regime, è infatti morto a marzo dello scorso anno a 87 anni. La moglie Ieng Thirth, già ministro degli Affari sociali, fu invece dichiarata inadatta a sostenere il processo.
Il lavoro del tribunale appare quindi messo in difficoltà sia dall’età degli imputati, sia dalle difficoltà finanziarie incontrate, con gli stipendi non pagati per lungo tempo e i continui appelli ai donatori per reperire i fondi necessari a far andare avanti la macchina.
Victor Koppe, uno dei legali del team internazionale che difende Nuon Chea, ha spiegato al Cambodia Daily che il processo sarà “molto più interessante del precedente”. Secondo Koppe sarà occasione per correggere la narrazione storica dominante. Nuon Chea, che ha compiuto 88 anni all’inizio del mese, darà infatti la propria versione di quanto accaduto.
Dal canto loro, riporta il Phnom Penh Post, i legali di Khieu Samphan contestano che col loro cliente si applichi la cosiddetta joint criminal enterprise. Ossia quel meccanismo di attribuzione delle responsabilità individuali per crimini commessi da più persone, applicato ad esempio per l’ex Jugoslavia.
Inoltre vorrebbero chiarimenti su come il primo processo possa influenzare ed essere base per il secondo. Un verdetto di colpevolezza il prossimo 7 agosto potrebbe avere infatti ripercussioni. In ballo ci sono inoltre i casi 003 e 004, cui si oppone il governo perché potrebbero colpire ex Khmer rossi che si sono rifatti una vita nella Cambogia post Pol Pot.
Lo stesso premier Hun Sen, va ricordato, ha un passato da giovane Khmer rosso. Come sottolinea il quotidiano della capitale cambogiana, sono in molti a ritenere che, proprio per questo, il processo contro Khieu Samphan e Nuon Chea possa essere l’ultimo sussulto del tribunale.
[Scritto per Lettera43; foto credit: thenation.com]