Ragazze delle scuole medie e elementari a cui vengono fatti indossare costumi da bagno, incontri e set fotografici. Com’è cambiata una società che prende la pedopornografia troppo alla leggera.
Sospettato di aver ucciso brutalmente una bambina 8 anni fa, un uomo di 32 anni è stato arrestato ai primi di giugno. Secondo la stampa, a casa sua è stata sequestrata una grande quantità di video pornografici con minorenni per protagonisti.
Non tutti sono d’accordo sul legame tra pornografia e crimini sessuali. C’è infatti chi crede che l’ una sia la causa scatenante degli altri e, invece, chi ritiene l’una un deterrente contro gli altri. Comunque stiano le cose, in una società dove i bambini continuano a essere vittime di crimini, è necessario interrogarsi su cosa, e in che modo, pensare della pedopornografia. Partiamo dai fatti più recenti.
Attualmente la legge giapponese vieta la produzione e la distribuzione di materiale pedopornografico. Il 18 giugno scorso il parlamento ha approvato, con effetto immediato, una modifica che ne sanziona anche il semplice possesso.
In verità, però, la legge fa acqua da molte parti. La definizione di pornografia infantile riguarda ogni rappresentazione di atti sessuali con persone con meno di 18 anni di età, o “tutto ciò che possa eccitare o stimolare il desiderio sessuale con la presenza di bambini completamente o parzialmente nudi”.
Eppure le lacune della legge sono evidenti laddove si pensa che bambine in costume da bagno non siano “stimolanti del desiderio sessuale”. Tanto che libri fotografici o dvd con immagini di studentesse delle scuole elementari in costume da bagno o che fanno la doccia, i cosiddetti prodotti junior idol, continuano ad essere normalmente venduti nei negozi.
Donne che sembrano bambine
Poi ci sono i video per adulti in cui donne maggiorenni che si atteggiano a scolarette, con tanto di cartella in spalla, hanno rapporti sessuali con uomini adulti. Essi non sono presi in considerazione dalla norma di legge. Infatti, anche questi video, che hanno per protagoniste attrici che imitano le espressioni delle scolarette elementari, continuano a circolare indisturbati.
Inoltre, la legge sulla pornografia infantile non riguarda nemmeno anime e videogiochi. Perciò, nella fantasia, stupri e omicidi a danni di bambine sono sempre permessi.
Anche se è spesso nominata, la pedopornografia è tollerata nella società giapponese. In diversi paesi, a cominciare dall’Europa e dagli Stati Uniti, ogni indizio di pedofilia è punito come violazione dei diritti umani dei bambini, sia esso un cartone animato o un’attrice dai tratti infantili. La legge giapponese invece punta a tutelare i bambini che vengono fotografati o filmati allo scopo di produrre materiale pornografico. In altre parole, qualsiasi tipo di fantasia a sfondo pedofilo, dato che ha mercato, continua a essere tollerata, protetta e consumata.
Lavoro nel mondo dei sex toys da vent’anni. E poiché faccio un lavoro che ha a che fare con il desiderio sessuale, cerco di essere tollerante nei confronti delle fantasie erotiche di ciascuno. Tuttavia, mi trovo senza parole di fronte alle dimensioni del mercato lolicon [che fa leva sull’attrazione per le minorenni, ndt] giapponese e del suo espandersi.
Oggi il mercato dei giocattoli erotici fattura ogni anno circa 30 miliardi di yen [circa 220 milioni di euro, cambio al 29/6/2014 1 yen = 0,007 €, ndt]. Circa il 70 per cento delle vendite è costituito da giocattoli per la masturbazione maschile e, tra questi, gli oggetti legati al gusto lolicon sono sempre più popolari.
Ad esempio sulla scatola di alcuni prodotti maschili ci sono disegnate bambine con bavaglini o in mutandine insieme a scritte quali “sono tua” o “mettimelo dentro, papi”. Sulle istruzioni del prodotto poi si può leggere ancora: “prova l’elasticità della pelle di una bambina” o “è vergine e si allarga a seconda delle tue dimensioni”. Nei sexy shop sono esposti giocattoli a forma di genitali femminili su cui compaiono frasi come: “fuori sembra una bambina, ma dentro è una ragazza precoce”. Prodotti di questo tipo non sono soggetti ad alcuna legge e ogni mese le loro vendite sono di diverse decine di migliaia di pezzi.
Quando si affrontano questi argomenti, alcuni uomini cercano di troncare le conversazioni: dicono che è solo “qualche pervertito” o negano di avere tendenze lolicon. Vorrebbero dissociarsi: “Io con quelli non ho niente a che fare”. Eppure a vedere la situazione dal punto di vista di chi vende articoli per adulti, il mercato lolicon non è di nicchia, ristretto a “qualche pervertito”, ma vasto, alla portata di tutti e in rapida crescita.
Un limite ai crimini sessuali e una giustificazione per se stessi
“Se vuoi vendere di brutto metti un cappellino giallo e una cartella addosso a una ragazza. Ti serve solo non pensarci troppo su”, mi spiega un rappresentate di una grande casa di distribuzione di video. “Mi dico sempre che sto contribuendo a limitare i crimini sessuali”, mi spiega un altro commesso di un piccolo punto vendita. Un impiegato di un’azienda straniera di vendita per corrispondenza, poi, dice di aver ricevuto richieste di chiarimento dalla sede centrale sull’eventualità di star commettendo un reato: “Vendiamo una montagna di materiale che ha tutto l’aspetto di essere pedopornografico”. “È cultura giapponese”, ripete con una risata sarcastica. Non aveva altre risposte che questa.
Ad Akihabara si vende una gran quantità di prodotti a sfondo lolicon e spesso si organizzano incontri [akushukai, letteralmente “incontri per stringere la mano”, ndt] con le junior idol. Qui ogni settimana si allestiscono i set fotografici con le modelle bambine e gli incontri aperti al pubblico per la firma degli autografi. In un negozio vedo una idol di 8 anni. “Miao! Ho otto anni, sono solare e sono al secondo anno”. Lei si mette in posa mentre gli uomini vanno a stringerle la mano e fanno foto con lei. Anche in grandi aziende come la Sofmap, ogni settimana si fanno shooting fotografici con bambine delle scuole medie e elementari in costume da bagno.
Ho visto diversi dvd etichettati come “prodotti junior idol”. Le protagoniste si presentavano come studentesse dei primi anni della scuola elementare e parlavano dei loro cibi preferiti. Naturalmente non dicevano parole né assumevano atteggiamenti espliciti. Erano solo seguite continuamente dalla telecamera mentre mangiavano il gelato, mentre si facevano la doccia, mentre si insaponavano o mentre giocavano in bikini mettendo in mostra il sedere. Il desiderio individuale maschile è abilmente nascosto sotto forma di una sorta di film per famiglie. Anzi, lo spettatore si illude che a provare un forte desiderio sia la ragazzina che racconta di voler fare la idol da grande. E questo atteggiamento non è molto diverso dalla spensieratezza di un fan delle AKB48.
Si può perdonare la fantasia?
Fino ad oggi la pornografia infantile è stata considerata un problema di “qualche pervertito” senza che fosse affrontata seriamente come un problema di tutta la società giapponese. Anche la legge che dovrebbe regolarla si fonda su questo stesso presupposto. La nostra è innanzitutto una società indulgente nei confronti degli appetiti sessuali degli uomini. Anche sulla pedofilia ci sono uomini che ne ammettono l’esistenza ma se ne discostano, quasi come se la tollerassero. Così, quando questa diventa fantasia, è accettabile.
Non dovremmo forse affrontare questo problema più seriamente? In realtà già molto è tollerato come “fantasia”: godere per una bambina di sette anni allegra e spensierata nel suo costume da bagno; divertirsi guardando scene di sesso con minorenni in mutandine sui manga; andare su internet, cliccare sull’immagine di un giocattolo a forma di genitali femminili e riceverlo a casa il giorno dopo; o ancora, guardare un video porno in cui una bambina viene stuprata.
E poi voglio ancora portare delle riflessioni: che sicurezza abbiamo nel dire che in un anime o in un videogioco dove vengono stuprate delle bambine nessuno si fa male sul serio? È vero che nei video pornografici con “donne che sembrano bambine” non ci sono vittime di violenze? In nome di chi parla chi sbandiera di dare sostegno a una ragazza che sogna di diventare una idol? “Le ho dato la mano con cui mi sono toccato il pene”, scrivono su internet alcuni partecipanti a eventi di junior idol. Non sono forse dei criminali gli adulti che fanno mettere costumi da bagno a delle bambine ben consapevoli degli atteggiamenti di individui del genere?
Salaryman senza macchia
Da qualche parte, mentre facevo interviste ad Akihabara, mi sarei aspettata di imbattermi in uomini dall’aspetto strano. Una bizzarra combinazione di Kaoru Kobayashi, condannato a morte per rapimento e omicidio di una bambina, e Tsutomu Miyazaki, condannato per una serie di omicidi di bambine. È sempre più facile infatti considerare la pornografia infantile come il problema di una piccola parte di uomini mentalmente spostati.
In realtà, però, nei locali dove si mettono in mostra donne in costume da bagno ho incontrato impiegati sulla quarantina nei loro completi impeccabili. Anche quelli che ho trovato nei locali di junior idol erano normalissimi venti-trentenni. Nessun problema se si trovavano lì pur avendo la ragazza.
Quando il gusto lolicon è diventato così “normale” in Giappone? Perché anche il consumo di “ragazzine” dal punto di vista sessuale è diventato allo stesso modo “normale”? Perché solo per essere nate donne dobbiamo essere usate per la soddisfazione del desiderio maschile?
[Traduzione di Marco Zappa per Internazionale; foto credit: japansubculture.com]*Minori Kitahara è una femminista giapponese, autrice di vari libri sulle questioni di genere e la sessualità. È stata la prima ad aprire un sex shop per sole donne. Scrive su diversi periodici giapponesi tra cui Aera, Shūkan Kinyōbi, Shūkan Asahi e Fujin Koron.