Mercoledì il partito nazionalista indiano Bharatiya Janata Party (Bjp) ha annunciato l’ultimo avvicendamento alla carica di presidente: Rajnath Singh, attualmente ministro degli Interni del governo Modi, è stato sostituito da Amit Shah, inquietante braccio destro di Modi in Gujarat. Ecco perché si tratta di una nomina pesantissima.
Amit Shah, 50 anni, è il più giovane presidente nella storia del Bjp e ha fatto carriera all’interno dell’organizzazione paramiliare hindu Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) prima e del Bjp poi, agganciandosi a Narendra Modi. Il nuovo primo ministro indiano, a conti fatti, ha saputo mostrare concretamente la propria riconoscenza a colui che è considerato "gli occhi e le orecchie di NaMo".
La letteratura giornalistica, parlando di Shah, ha prodotto una serie di profili estremamente dettagliati, anche perché l’uomo – seppur agendo spesso nell’ombra – è salito spesso agli onori della cronaca per pregi e difetti vari. Partiamo dai pregi.
Unanimemente considerato un grande stratega, organizzatore e motivatore, a lui si deve la vittoria schiacciante del Bjp nello stato dell’Uttar Pradesh, dove nel passato recente i nazionalisti erano stati ridimensionati dall’avanzata dei partiti locali (Samajwadi Party e Bahujan Samaj Party): Shah, ricevendo il compito di coordinare la campagna elettorale del Bjp per le elezioni parlamentari, è riuscito a rianimare i quadri locali del partito a trazione hindu grazie a un incessante lavoro sul campo per il quale si è guadagnato i complimenti dell’allora presidente Rajnath Singh.
(Nota sui metodi del successo: durante un comizio Shah descrisse una delle roccaforti del Samajwadi Party in Uttar Pradesh come "un covo di terroristi": sanzionato dalla Election Commission per "istigazione all’odio", gli fu vietato di parlare in pubblico per tutta la campagna elettorale, salvo poi ritrattare dopo che Shah scrisse e controfirmò il personale impegno a moderare i termini.)
Shah ha fama di lealtà assoluta a Narendra Modi, una delle poche persone nella cerchia di fiducia di Modi che può vantare un’opinione presa in considerazione dal leader accentratore della destra indiana. Al tempo del governo in Gujarat, Shah controllava da solo oltre una decina di ministeri locali tra cui quello degli interni. E qui iniziano i difetti.
Sotto la gestione della coppia Modi-Shah, tra il 2002 e il 2006, ci sono stati almeno 22 cosiddetti "fake encounters": ovvero omicidi perpetrati dalla polizia.
Le autorità indiane hanno aperto una serie di fascicoli e, nel 2010, il Central Bureau of Investigation (Cbi, una delle polizie federali in India) ha arrestato Shah con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del malvivente Sohrabuddin Sheikh, ucciso assieme alla moglie e a un complice in una trappola ordita delle forze di polizia.
Uscirà dal carcere tre mesi dopo dietro cauzione, ma a patto di andarsene dal Gujarat in una sorta di "esilio" forzato, per paura che le sue influenze potessero compromettere le indagini. L’esilio è terminato nel 2012 e le indagini sono ancora in corso.
Nello splendido ritratto pubblicato dal magazine Caravan qualche mese fa, alcuni esponenti politici del Gujarat non hanno lesinato in critiche contro il delfino di Modi. Shankersinh Vaghela, ex chief minister del Gujarat e deputato approdato all’Indian National Congress (Inc) dopo una lunga militanza nella Rss prima e nel Bjp poi, ad esempio dice:
Shah è l’unica persona di cui Modi si fidi e, insieme, possono anche aver mantenuto il potere a lungo, ma hanno distrutto il Bjp in Gujarat sotto un profilo organizzativo ed ideologico. [L’autoritarismo col quale il partito e lo stato sono stati gestiti] non corrisponde alle aspirazione delle Rss dei miei tempi. Le caratteristiche di Shah erano note: cospiratore e distruttore di oppositori politici ad ogni costo, sin dal primo giorno all’interno del partito [Bjp].
Con la nomina di Shah a presidente del Bjp, Modi di fatto ha allungato i propri tentacoli fino alla massima carica del partito che ora, assieme al governo federale di Delhi, è pienamente sotto il suo controllo. Inoltre, col suo nuovo ruolo, la conclusione delle indagini federali sui "fake encounters" in Gujarat e il giorno di una potenziale sentenza definitiva nel merito saranno realisticamente rimandate a data da destinarsi.
Tutto lascia intendere che l’era Modi-Shah, appena iniziata, sarà baciata da una longevità per il paese estremamente pericolosa.
[Pubblicato su Elefanti a parte ospitato da East online]