La politica non è un lavoro per donne. L’ennesima riprova del maschilismo imperante la fornisce la storia di Ayaka Shiomura, membro donna dell’Assemblea metropolitana di Tokyo, interrotta in un’interrogazione da commenti sessisti. Che hanno chiamato in causa il più improbabile dei femministi, il primo ministro Abe. In Giappone, la politica non è affare per donne. Tuttavia, quando lo scorso 18 giugno, Ayaka Shiomura ha avuto l’occasione di rivolgere la sua prima interrogazione all’Assemblea metropolitana di Tokyo, l’organo legislativo della capitale giapponese, forse immaginava che qualcosa potesse cambiare e di poter lei stessa contribuire a quel cambiamento.
Mentre chiedeva ai presenti politiche concrete a favore delle donne lavoratrici con figli piccoli – ad esempio sui posti di priorità sui mezzi pubblici della capitale – è stata interrotta da frasi di scherno provenienti da alcuni membri uomini del gruppo del Partito liberal-democratico (Pld): “Faresti meglio a sposarti presto!”, “Cosa c’è, sei sterile?”.
Colleghi e colleghe di Shiomura, 35 anni, al suo primo mandato da consigliera per il Minna no To (Il Vostro Partito), hanno chiesto subito che venissero identificati e puniti i responsabili dei commenti sessisti. Tuttavia dal Partito liberaldemocratico, la formazione che sotto la leadership di Shinzo Abe è tornata al governo nazionale dopo tre anni di interregno del centro-sinistra, hanno risposto che vi erano “prove insufficienti” per punire qualcuno in particolare.
A stretto giro, il capo portavoce del governo, Yoshihide Suga, ha spiegato ai media che le frasi incriminate non erano espressione della “linea” del partito, ma ha chiesto che, una volta acclarate le responsabilità dei singoli, l’assemblea intervenisse sulla questione.
“Ciò che mi ha stupito di più in quel momento è il clima di allegria che si è creato in seguito a quelle frasi”, ha spiegato la stessa Shiomura al Club della stampa estera di Tokyo qualche giorno fa. “Provo grande tristezza per quanto è successo. Quelle frasi non erano dirette solo a me, ma a tutte le donne giapponesi e alle loro famiglie”.
L’incidente ha provocato reazioni di protesta in tutto l’arco istituzionale e nella popolazione. Il tweet della giovane politica del Minna no To che descriveva quanto successo in aula è stato ritwittato oltre 30 mila volte. Il Guardian citava un’utente che invitava Shiomura a pubblicare nomi e cognomi dei suoi aggressori verbali. “Così posso assicurarmi di non votarli mai più”.
Su Change.org è partita subito una petizione digitale al comitato del Pld di Tokyo per richiedere di identificare e “trattare con la massima severità” i colpevoli del gesto. Oltre 90 mila firme sono state raccolte in pochi giorni.
Quattro giorni dopo l’episodio, uno dei responsabili, Akihiro Suzuki, si è pubblicamente scusato con Shiomura e ha lasciato il partito. "Troppo tardi", ha risposto lei. Così, anche il primo ministro e presidente del Pld Shinzo Abe si è sentito in dovere di chiedere scusa a Keiichiro Asao, leader del Minna no To, per le parole del collega.
L’eco delle frasi rivolte alla giovane politica del Minna no To è però persistente. Soprattutto perché più che mai nell’ultimo decennio, il governo giapponese cerca di porre freno a tassi di natalità negativi e a un invecchiamento della popolazione sempre più veloce. Secondo dati citati dall’Economist, nel 2013 la popolazione giapponese è ridotta di oltre 244 mila individui, un record dal 2004, quando le statistiche demografiche hanno iniziato ad avere il segno meno. Nel 2060 potrebbe esserci un quarto di giapponesi in meno sul suolo dell’arcipelago, il 40 per cento dei quali oltre i sessant’anni.
E in questo il ruolo delle donne potrebbe essere decisivo. Oggi nelle aziende, il 60 per cento di loro abbandona il lavoro dopo il primo figlio per mancanza di servizi o impossibilità di passare a contratti part-time. E se possibile, in politica le cose vanno ancora peggio: su oltre 770 rappresentanti nelle due camere del Parlamento, le donne sono solo 78. Secondo Kathy Matsui, analista di Goldman Sachs a Tokyo e supporter della cosiddetta “womenomics”, “è stato dimostrato che una maggiore partecipazione delle donne nella forza lavoro produce tassi più alti di natalità”.
E anche Shinzo Abe pare essersene accorto. Da leader tradizionalista e revisionista di un grande partito conservatore, si è reinventato femminista. Da quando è al governo dichiara infatti che intende sfruttare al meglio la “risorsa più sottovalutata” del Giappone, ovvero le donne, e ha invitato le aziende nipponiche a promuovere più donne in posizioni dirigenziali.
Peccato che le gaffe dei suoi colleghi – tra cui lo stesso neo governatore di Tokyo, Yoichi Masuzoe – indichino in direzione opposta: il maschilismo è ancora l’orientamento dominante nella leadership del paese.
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