In Cina e Asia — Le moschee cinesi perdono i simboli islamici

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La nostra rassegna quotidiana


Sinizzare la religione: anche le moschee perdono i simboli islamici

Niente più cupole o mezzelune. Nella regione del Ningxia— abitata dall’etnia hui, di religione musulmana, nel Nordovest del paese di mezzo — il partito comunista cinese ha dato ordine di smantellare simboli dell’architettura religiosa islamica e di convertire i luoghi di culto delle comunità musulmane allo stile cinese. Di più, ha vietato la costruzione di nuovi edifici religiosi in stile mediorientale. Le comunità sono naturalmente preoccupate da questo giro di vite. Ma il partito è deciso: limitare la simbologia religiosa — soprattutto per quanto rigurda Islam e cristianesimo — per porre un freno a possibili influenze negative dall’estero.

Mahatir e i buoni motivi per dire di sì alla Cina

Mohammed Mahatir, neo-premier malaysiano a 92 anni, ha molti buoni motivi per non interrompere le relazioni economiche e commerciali con la Cina. Gli scambi tra i due paesi sono come si suol dire troppo grandi per fallire — il volume degli scambi ammonta a 96 miliardi di dollari — e considerati gli altri progetti di cooperazione si raggiunge la cifra di 134 miliardi di dollari. Mahatir ha già detto che valuterà ogni dettaglio della cooperazione con Pechino. E non ha caso ha scelto un ministro delle finanze di origine cinese in un posto tradizionalmente riservato a politici di etnia indiana: Lim Guang Eng.

Corea del Nord, prosperità economica se c’è denuclearizzazione

Mike Pompeo, di ritorno dalla Corea del Nord, dove ha incontrato Kim Jong-un, ha parlato in diversi talk show americani, sostenendo che in presenza di assicurazioni da parte del regime di Pyongyang sullo smantellamento del programma nucleare, la cooperazione con Washington potrebbe farsi più stretta e portare maggiori benefici all’economia nordcoreana. Grazie alla tecnologia e al know-how americani la Corea del Nord potrebbe crescere e raggiungere una prosperità tale da rivaleggiare con la Corea del Sud. Parole che sembrano oggi in controtendenza con quanto affermato da altri membri dell’amministrazione Usa, come il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, considerato un “falco”, che aveva suggerito un modello libico per la Corea del Nord a seguito del vertice intracoreano di Panmunjom. Ancora una volta, quella di Pompeo, più che come un’offerta di cooperazione — mentre le due parti si preparano al vertice tra Trump e Kim — suona come una minaccia.