Che qualcosa sia cambiato, o possa cambiare nei rapporti tra Pechino e Roma, lo dice la serie di incontri che il primo ministro italiano Renzi effettuerà in Cina, a partire da Shanghai oggi (più business oriented e public relations) fino ad arrivare a domani, alla due giorni pechinese, durante la quale Renzi incontrerà il primo ministro e il presidente cinese. Due meeting importanti e significativi, anche per la liturgia cinese.
Pechino si era molto adirata con l’Italia in occasione di incontri passati, quando i dirigenti del Partito Comunista scoprirono a mezzo stampa delle dimissioni di un allora ministro della Repubblica che avrebbe dovuto incontrare la controparte cinese. Il risultato fu un calo dell’interesse per l’Italia, che pure in Cina riscuote notevole successo per il noto «made in Italy». Esistono inoltre – in Cina – ammiratori sfrenati dell’Italia, poiché viene riscontrata una certa similitudine in alcune caratteristiche, non sempre positive.
Di sicuro durante i governi Berlusconi la Cina è stata molto lontana, a livello di «sistema» per l’Italia. L’affidabilità non era propriamente la caratteristica principale riscontrata in quel periodo dai cinesi, nelle controparti italiane. È così successo che a trainare il commercio tra Italia e Cina fossero soprattutto piccoli e medi imprenditori (al di là dei grandi marchi), capaci di trovare i canali – spesso significava trovare i cinesi giusti – per pazientare e poi ottenere i frutti di un mercato sempre più difficile e selettivo.
La Cina può essere affrontata, infatti, solo se lo Stato italiano affida grande importanza al mercato cinese, agli scambi e alle opportunità commerciali e se è in grado di accreditarsi presso Pechino come un partner stabile, affidabile, in grado di cercare i propri profitti, ma sapendo bene di avere a che fare con un gigante, con una super potenza.
Dopo Berlusconi, arrivò Monti, percepito in modo straordinariamente positivo dall’estabilishment cinese, per i suoi trascorsi da uomo di potere finanziario. Monti arrivò a Pechino, venne ricevuto anche alla Scuola di Partito, dove si spese con parole insolitamente positive per il Partito Comunista. Poteva nascere qualcosa, ma le vicende politiche italiane, ancora una volta, interruppero la possibilità che si potesse andare oltre i primi convenevoli.
E ora Renzi. Il fatto che il premier italiano sarà ricevuto dalle due cariche politiche più importanti della Cina è un segnale decisamente positivo (e da non sottovalutare l’incontro anche con il presidente della banca centrale cinese). Può significare una nuova fase dei rapporti italo cinesi, con una reciproca soddisfazione.
Al di là delle considerazioni politiche su Renzi, non si può negare che il team del presidente del Consiglio si sia mosso decisamente bene, nella preparazione di questa «missione». Senza roboanti comunicati che poi non trovano conferme effettive, Renzi e il suo staff hanno organizzato incontri rilevanti.
Su tutti, quello con il boss di Alibaba Jack Ma, che potrebbe favorire un’ottima sinergia con il colosso dell’ecommerce cinese Alibaba, in funzione di un posizionamento migliore del made in Italy in quello che è il principale canale di acquisto, ormai, dei cinesi (un mercato di 600 milioni di persone).
Aspettiamo i risultati e le conclusioni, naturalmente, ma c’è l’aria di un cambiamento vero in questa missione, rispetto alle precedenti. La volontà di strappare accordi, senza retorica e senza, almeno si spera, pensare di andare in Cina e insegnare ai cinesi come si fanno gli affari.
[Scritto per East; foto credits: chinaples.com]